23/12/2016 - 18:23
Etichetta obbligatoria per la pasta: Barilla non ci sta
L'Italia sta per allinearsi al resto della UE per quanto riguarda l'etichetta obbligataria sulla pasta che dovrà indicare il paese di provenienza del grano e quello in cui è stato macinato.
L'etichetta è nata allo scopo di rendere più consapevole il consumatore su quello che sta acquistando e mangiando. Secondo Coldiretti un pacco di pasta su tre contiene grano straniero senza che il consumatore finale ne sia consapevole. "Puntiamo a dare massima trasparenza delle informazioni al consumatore, tutelare i produttori e rafforzare i rapporti di una filiera strategica per il Made in Italy agroalimentare - afferma il Ministro Martina -. Con questo provvedimento l'Italia vuole sperimentare per prima un nuovo sistema di etichettatura che valorizzi le nostre produzioni di grano e pasta, come abbiamo fatto con quelle lattiero casearie. Allo stesso continueremo a spingere a Bruxelles per avere un avanzamento su questo fronte a livello europeo".
La proposta di etichetta, inviata a Bruxelles per l'approvazione, prevede che nelle confezioni di pasta secca prodotte in Italia siano ben evidenziate: il nome del Paese di coltivazione del grano assieme al nome del Paese di molitura. Nonostante la proposta avanzata per l'etichetta, Barilla nutre forti dubbi sulla sua efficacia.
Il colosso leader nella produzione di pasta fa sapere attraverso il suo responsabile comunicazione, Luca Virginio, che riportare il paese di origine del grano non è sinonimo di pasta di qualità e che procedendo in questa direzione si rischia di ottenere l'effetto contrario. "Premiando la produzione di grano duro di qualità, gli accordi di filiera creano valore per tutti: agricoltori, pastai e consumatore. Barilla nutre forti dubbi e perplessità sul decreto per l'origine delle materie prima in etichetta della pasta, che, nella sua versione attuale, confonderebbe i consumatori e indebolirebbe la competitività della filiera della pasta. L'origine da sola non è infatti sinonimo di qualità. Inoltre, non incentiva gli agricoltori italiani a investire per produrre grano con gli standard richiesti dai pastai. A tutto svantaggio del consumatore, che potrebbe addirittura arrivare a pagare di più una pasta meno buona. E dell'industria della pasta, che con un prodotto meno buono, perderebbe quote di mercato, soprattutto all'estero".

Tommaso Tautonico
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