01/01/2013 - 01:00

La check list italiana della biodiversità

Siamo lontani dal conoscere tutte le piante, gli animali e i microrganismi che popolano la Terra. Sono sicuramente più di quelle attualmente note alla scienza. Occorre quindi occuparsi urgentemente della conservazione di specie che rischiano di scomparire per sempre a causa dell'uomo, ancor prima di essere scoperti dalla scienza.
In base alla Check List italiana, la nostra Penisola ospita ben 57.468 specie animali, di cui solo 1.255 sono vertebrati. Infatti il 97,8% della ricchezza faunistica del nostro Paese è composta da invertebrati. Tra tutte queste specie ben 4.777 (8,6%) si possono considerare endemiche, ovvero esclusive dell'Italia. Si pensa però che in realtà gli endemismi siano oltre il 10% e questo a causa di specie ancora da scoprire (per lo più invertebrati) e per l'applicazione di moderne tecniche di ricerca che possono distinguere quelle che fino ad oggi erano considerate un'unica specie.
A livello di flora, nel nostro Paese si contano circa 12.000 specie. Tra le oltre 5.600 specie di piante vascolari si annoverano circa il 13% di specie endemiche (732), un dato certamente elevato e forse ancora più esteso se si includono molte sottospecie endemiche. A questa componente va aggiunta poi la enorme diversità dei Funghi, stimati teoricamente in 300.000 specie; attualmente le specie note appartenenti alla classe Basiodiomiceti sono quasi 4.000.
La conformazione dell'Italia, stretta e circondata dal mare, con più di 8.000 chilometri di coste e con circa il 60% del territorio costituito da montagne, conferisce alla fauna e alla flora le caratteristiche proprie dei popolamenti insulari, ovvero la riduzione del numero delle specie e la presenza di specie endemiche. A questa riduzione della biodiversità per effetto dell'isolamento della massa continentale si contrappongono due fenomeni di segno contrario: da un lato la comparsa di forme endemiche, cioè esclusive di una circostanziata area, favorite dalle condizioni di isolamento geografico, dall'altro la sopravvivenza di specie relitte che sono andate perse nel resto dell'Europa.
Il ruolo dell'uomo nel determinare la composizione della flora e della fauna non è stato trascurabile, soprattutto negli ultimi venti secoli. All'uomo si devono sostanziali trasformazioni dell'ambiente, come la sensibile riduzione della copertura boschiva e degli ambienti palustri e il notevole incremento delle steppe antropiche (colture e pascoli).
La flora è cambiata radicalmente ed è divenuta in sostanza più monotona. Anche la fauna si è progressivamente modificata per la contrazione, fino alla scomparsa o all'estrema rarefazione, di alcune specie forestali (Orso, Lupo, Uro, cervidi, Lince) e per l'espansione delle specie tipiche delle steppe (alcuni uccelli e soprattutto il bestiame domestico).
Attualmente sono a rischio estinzione: il 68% dei vertebrati terrestri, il 66% degli uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76% degli anfibi, il 69% dei rettili e addirittura l'88% dei pesci d'acqua dolce. La situazione non va meglio per la flora vascolare (15%) e le piante inferiori (40%) ovvero alghe, funghi, licheni, muschi e felci. Dalla metà del secolo scorso la biodiversità in Italia ha subito una fortissima riduzione, in particolare a causa del consumo del suolo. Negli ultimi 50 anni sono stati intensamente colpiti alcuni importanti ambienti quali zone umide e boschi di pianura, ma anche altri sono stati compromessi da fenomeni di frammentazione che ne hanno deteriorato la qualità
L'uomo, inoltre, ha - volontariamente o involontariamente - provocato l'introduzione in ambienti naturali di nuove specie "alloctone".
Alcuni degli animali più noti non avrebbero mai abitato i nostri boschi o i nostri fiumi se l'uomo non li avesse introdotti, per fini commerciali, o alimentari, o... soltanto per errore. La Nutria, ad esempio, è un roditore originario del Sudamerica, che si osserva ormai di frequente nei nostri specchi d'acqua e canali. La Testuggine d'acqua americana è un rettile delle paludi sud orientali degli Stati Uniti, importato da tempo in Italia esclusivamente per fini commerciali e che, rilasciato in ambienti naturali, comporta seri problemi di carattere ecologico e di competizione con le testuggini d'acqua autoctone.
Il Ghiro e il Cervo ben difficilmente avrebbero potuto raggiungere la Sardegna se Fenici e Romani non ne avessero trasportato alcuni esemplari, nel corso dei loro traffici commerciali da una sponda all'altra del Mediterraneo. Ma il dato sicuramente più impressionante è rappresentato dai pesci: si stima che oltre il 46% dell'ittiofauna italiana sia ormai costituita da specie di provenienza esterna (specie alloctone immesse per fini commerciali, ludici e accidentali).
Tommaso Tautonico
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