01/01/2013 - 01:00

Ecosistema urbano

Dal XVI "Rapporto sulla qualità ambientale dei comuni capoluogo di provincia" predisposto da Legambiente e Ambiente Italia risulta che le città italiane sono più tartarughe che lepri e non colgono la sfida della sostenibilità.
E' un'Italia più tartaruga che lepre, più cicala che formica, più elefante che gazzella. E' l'immagine dell'insieme delle città che restituisce la XVI edizione di Ecosistema urbano di Legambiente, studio realizzato in collaborazione con l'Istituto di ricerche Ambiente Italia ed il contributo editoriale del Sole 24 Ore, raccogliendo dati prevalentemente riferiti all'anno 2008. Il rapporto evidenzia un vistoso rallentamento delle politiche ambientali urbane in cui alla costruzione di strategie tese alla sostenibilità prevale nettamente la politica degli annunci, sottolinea la pesantezza dell'impatto dei nostri capoluoghi di provincia e la scarsa agilità nello sfruttare le opportunità, anche economiche, offerte da una più attenta lungimirante gestione dei rifiuti, della mobilità, dell'energia.
I numeri dei 103 comuni capoluogo di provincia dicono che da un anno all'altro restano al palo le isole pedonali, le zone a traffico limitato e il verde; rimane generalmente inefficiente e scarsamente attrattivo il trasporto pubblico; sostanzialmente statica la capacità di depurazione delle acque reflue; cresce, ma ancora in modo inadeguato, la raccolta differenziata. Viene registrata una contrazione della produzione di rifiuti e dei consumi di carburante imputabile alla crisi economica e non all'azione dei comuni.
Eppure proprio le città, - evidenzia il rapporto - che figurano tra i principali attori di un modello di sviluppo non sostenibile, sono i luoghi che governano direttamente il trasporto pubblico e la mobilità; che possono regolare coi loro piani il come, il dove e la qualità del costruire, che gestiscono il ciclo dei rifiuti e quello dell'acqua. Sono proprio le città che, con i propri acquisti di beni e servizi, possono influenzare il mercato, dando l'esempio e creando condizioni favorevoli allo sviluppo di prodotti e produzioni sostenibili. Ed è proprio nelle città che si può moltiplicare la presenza di verde e ombra per combattere le ondate di calore estivo, prevenendo la scarsità d'acqua e gli incendi. Ed è ancora nei centri urbani che si possono creare condizioni favorevoli al risparmio energetico, all'efficienza, allo sviluppo delle rinnovabili, contribuendo così a fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico.
27 diversi indicatori di qualità ambientale più l'indice "bonus" della capacità di risposta al questionario inviato da Legambiente vanno a formare la graduatoria finale. I 27 indicatori si riferiscono a tre macro-classi:
a) Indicatori di pressione: misurano il carico generato sull'ambiente dalle attività umane (perdite di rete idrica, consumi di acqua potabile, produzione di rifiuti solidi urbani, tasso di motorizzazione auto e moto, consumi elettrici e di carburanti);
b) Indicatori di stato: misurano la qualità dell'ambiente fisico (smog, verde urbano)
c) Indicatori di risposta: misurano la qualità delle politiche messe in campo dall'amministrazione pubblica (depurazione, raccolta differenziata, trasporto pubblico, indice di mobilità sostenibile, qualità ambientale parco auto, isole pedonali e zone a traffico limitato, piste ciclabili, gestione ambientale nelle imprese e nella pubblica amministrazione, sviluppo di politiche energetiche, diffusione delle rinnovabili, monitoraggi e rilevamenti della qualità ambientale).
I primi dieci capoluoghi di questa edizione sono tutti comuni del centro-nord che in larga parte avevano già occupato la vetta delle precedenti classifiche. Il meridione resta indietro ma qualcosa di muove: tra i primi 42 di quest'anno troviamo quattro municipi del Sud (erano solo due nella scorsa edizione): Salerno (34°), Campobasso (39°), Potenza (40°) e Matera (42°). Il fondo della graduatoria è occupato dalle città del Mezzogiorno, con qualche sorpresa negativa come la lombarda Como (86°) che ha poche informazioni sulla qualità ambientale del suo territorio o la ligure Imperia (87°). Nelle ultime venti posizioni sono rappresentate ben otto regioni italiane, come lo scorso anno, ma al posto del Piemonte c'è la Lombardia e aumentano le città siciliane: tutti e nove i suoi capoluoghi di provincia sono negli ultimi posti. A seguire ci sono Calabria e Lazio con tre città ognuna, poi con un capoluogo ciascuno Sardegna, Molise, Liguria, Lombardia e Campania con Napoli che si colloca 89° (era 88° lo scorso anno).
Sono città lepre: Verbania e Novara che con percentuali di raccolta differenziata superiori al 70% hanno già raggiunto con netto anticipo l'obiettivo del 65% fissato per il 2012 dal decreto sul recupero dei rifiuti. A queste si aggiungerà presto Salerno che lanciando il porta a porta è riuscita, prima città del Sud, ad inaugurare una gestione della spazzatura efficace e sostenibile. Cicli virtuosi di raccolte differenziate sopra il 50% sono stati avviati da Asti, Belluno, Rovigo, Gorizia, Lecco, Trento, Bergamo, Treviso, Alessandria, Biella.
Ci sono poi città che come formiche hanno nel tempo costruito significative zone a traffico limitato, hanno sviluppato una buona mobilità ciclabile, hanno una servizio di trasporto pubblico che - relativamente al dimensionamento territoriale - offre discrete performance. Siena soprattutto, ma anche Mantova, Pisa, Verbania e Firenze hanno estese Ztl. Siena, insieme a Trento e Trieste, è tra i capoluoghi dove una buona percentuale di abitanti usa il trasporto pubblico. Mentre è tra Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte che si è sviluppata meglio una mobilità ciclistica, alternativa all'automobile per gli spostamenti in città.
Sono risultate gazzelle agili nel promuovere lo sviluppo del solare termico o del fotovoltaico, come Siena o Cremona, o nel lanciare politiche locali di efficienza e risparmio energetico, come Terni, Rimini o Livorno.
L'altra faccia dell'Italia è quella delle tartarughe: quattro città siciliane Messina, Catania, Palermo ed Enna raccolgono in modo differenziato un decimo di quello che dovrebbero. Oppure è quella delle cicale che cantano annunciando prodigiosi interventi antitraffico ed hanno un trasporto pubblico praticamente inesistente (Vibo Valentia, Crotone e Latina) zero zone a traffico limitato (circa 20 capoluoghi), una ciclabilità inesistente o ridotta all'osso (Napoli o Potenza ad esempio).
Lungo resta l'elenco degli elefanti cioè dei capoluoghi legati a filo doppio alle fonti fossili.
E' l'analisi incrociata degli indicatori di Ecosistema Urbano che nella classifica generale premia Verbania, Belluno, Parma, Bolzano e Siena -ai primi cinque posti della graduatoria di quest'anno - e relega invece Catania, Crotone, Agrigento, Frosinone e Caltanissetta nelle posizioni di coda.
Verbania scala la classifica partendo dal 4° posto dello scorso anno grazie a significativi miglioramenti nelle medie del Pm10, nell'ottima percentuale di raccolta differenziata che la conferma leader in Italia col 72,8% di rifiuti raccolti in modo specifico, nelle emissioni di CO2 per passeggero del trasporto pubblico, nei metri quadrati di zone limitate al traffico veicolare.
Tommaso Tautonico
autore