01/01/2013 - 01:00

Proteggere mare e coste per combattere il cambiamento climatico

Presentato l'atteso "Blue Carbon - The role of healthy oceans in binding carbon", una pubblicazione presentata da Unep, Fao, Unesco ed Iucndi, di 80 pagine che propone la creazione di un fondo "Blue Carbon" destinato alla salvaguardia ed al recupero dei principali ecosistemi marini se davvero i governi vogliono lottare contro i cambiamenti climatici.
Il dato certo è che metà delle emissioni annue derivanti dal settore mondiale dei trasporti, è catturata e conservate dagli ecosistemi marini come ad esempio le mangrovie, le paludi e le praterie sottomarine. Cosa succederebbe se questi ecosistemi non venissero tutelati? Il rapporto evidenzia che ogni anno il 7% di questi ecosistemi viene distrutto, se non si corre ai ripari, spariranno entro 20 anni!!!
Il rapporto arriva sul tavolo negoziale di Copenhagen, "Se il mondo si deciderà a lottare veramente contro il cambiamento climatico, ogni fonte di emissione ed ogni possibilità di riduzione dovrebbero essere valutate scientificamente e portate all'attenzione della comunità internazionale. Questo include ogni colore del carbonio, compreso soprattutto il blu che riguarda il mare e gli oceani" spiega Achim Steiner direttore dell'Unep (United Nation Environment Program).
Il rapporto sottolinea che sono gli organismi marini, e non quelli terrestri, a catturare più carbonio biologico o "verde" (il 55%), tra questi svolgono un ruolo essenziale il plancton ed i batteri, ma anche le praterie sottomarine come la posidonia, le zone umide costiere e le mangrovie che ricoprono meno dell'1% dei fondali marini , ma sequestrano più della metà della CO2 assorbita dai sedimenti oceanici, probabilmente fino al 71%. Una performance eccezionale, visto che questi delicati habitat costieri rappresentano solo lo 0,05% della biomassa vegetale terrestre.
I pozzi di carbonio e gli estuari catturano e sequestrano tra gli 870 ed 1.650 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, evitando la scomparsa ed il degrado di questi ecosistemi e favorendone il ripristino si potrebbe compensare in 20 anni dal 3 al 7% delle attuali emissioni da combustibili fossili. Gli effetti sarebbero paragonabili ad almeno il 10% dei tagli necessari perché la concentrazione di CO2 nell'atmosfera si mantenga al di sotto delle 450 parti per milione, soglia massima perché l'aumento globale della temperature non oltrepassi i 2 gradi.
Inoltre mentre sulla terra il carbonio può restare sequestrato diversi decenni, forse diversi secoli, quello catturato degli oceani rimane per millenni.
Quindi proteggere il mare e le coste conviene e costa meno di nuove tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 ancora tutte da sperimentare.
Eppure, nonostante il mondo ha un interesse economico immediato a salvaguardare i "pozzi costieri di CO2" perchè sono gli ecosistemi più produttivi e forniscono il 50% del pescato mondiale e garantiscono l'alimentazione di base per 3 miliardi di persone e il 50 % delle proteine animali per 400 milioni di abitanti dei Paesi meno sviluppati, in alcune aree del sud-est asiatico fino al 90% delle mangrovie sono state distrutte a partire dagli anni '40.
Tommaso Tautonico
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