20/02/2025 - 10:42

Summit biodiversità a Roma: Greenpeace: "Vertice cruciale. I governi mantengano le promesse sui fondi per il sud del mondo"

La partita cruciale per arginare e invertire la perdita di biodiversità che sta investendo ogni angolo del globo, e in particolare il Sud del mondo, si gioca in Italia: dal 25 al 27 febbraio la FAO a Roma ospiterà infatti la seconda sessione della Conferenza delle Parti sulla Biodiversità (COP16Bis) delle Nazioni Unite, cui anche Greenpeace parteciperà con una propria delegazione di rappresentanti.

 

vertice biodiversità

L’appuntamento arriva a pochi mesi dalla COP16 di Cali, in Colombia, sospesa lo scorso 2 novembre per il mancato accordo sulle risorse economiche che i Paesi del Nord globale avevano promesso di destinare al Sud del mondo per contrastare la perdita di biodiversità. Al vertice di Cali erano stati raggiunti alcuni risultati positivi: tra questi, la creazione di un nuovo organismo dedicato ai Popoli Indigeni, la definizione di un metodo standard per identificare le aree oceaniche di alto valore ecologico, e un accordo sui contributi finanziari che le aziende utilizzatrici di informazioni genetiche derivanti dalla biodiversità (come quelle dei settori farmaceutico, cosmetico e biotecnologico) dovranno destinare alla conservazione della natura. Ma restano importanti questioni da dirimere: garantire un accesso diretto ai finanziamenti per i Popoli Indigeni e le comunità locali; assicurare che il fondo di Cali per convogliare le risorse derivanti dall'uso commerciale della natura venga reso operativo in modo corretto, giusto ed equo; raggiungere un accordo, entro il 2025, su un piano per ridurre gradualmente, riformare ed eliminare gli incentivi finanziari dannosi per la natura.

Lo stallo più grande da superare è la mancanza di impegni concreti dei Paesi più ricchi in favore di quelli in via di sviluppo, i più impattati dalla perdita di biodiversità: una questione essenziale per attuare il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (KM-GBF), il Quadro Globale per la Biodiversità scaturito della storica COP15 di Montreal del 2022. Tra i target principali stabiliti dal KM-GBF, ci sono la protezione di almeno il 30% degli ecosistemi marini e terrestri entro il 2030, un flusso di risorse economiche dai Paesi sviluppati a quelli meno sviluppati di 20 miliardi di dollari all’anno entro il 2025 e di 30 miliardi all’anno entro il 2030, una riduzione dei sussidi ai settori dannosi per la biodiversità di almeno 500 miliardi di dollari entro il 2030.

"La priorità del summit che si terrà a Roma è sbloccare un’equa distribuzione delle risorse economiche necessarie ad arginare la perdita di biodiversità, assicurando almeno 20 miliardi di dollari entro il 2025 alle comunità che più pagano le conseguenze della distruzione di habitat e dello sfruttamento di risorse naturali", dichiara Martina Borghi, campaigner Foreste di Greenpeace Italia. "C’è un importante gap da colmare e l’Italia è tra i principali responsabili del ritardo nel versamento della propria quota in favore dei Paesi in via di sviluppo. Inoltre è importante ridurre e riallocare a favore di un’effettiva ed efficace protezione della natura i sussidi elargiti ai settori ambientalmente dannosi, cui anche il nostro Paese contribuisce in misura significativa".

Tra il 2016 e l’inizio del 2023, denuncia il report di Greenpeace “EU Bankrolling ecosystem destruction”, diverse istituzioni finanziarie con sede in Italia hanno contribuito con 10 miliardi di euro in credito e oltre 2,5 miliardi di euro in investimenti a importanti società in settori come quelli lattiero-caseario, della mangimistica, dei biocarburanti e del packaging, che mettono a rischio gli ecosistemi del pianeta. Uno studio che quantifica l’impatto della deforestazione legata ai consumi delle economie più sviluppate, pubblicato sulla rivista scientifica Nature nel 2024, evidenzia in particolare come tra il 2001 e il 2015 circa l’80% della perdita di biodiversità associata ai consumi italiani sia avvenuta al di fuori dei confini nazionali: tra i 24 Paesi considerati, l’Italia si posiziona al settimo posto a livello globale e al quarto a livello europeo per perdita di biodiversità “importata”.

Da un rapporto di ODI (Overseas Development Institute) del giugno 2024 emerge inoltre che, a dispetto degli obiettivi fissati alla COP15 di Montreal, su 28 Paesi analizzati, 23 hanno versato meno della metà della loro quota promessa ai Paesi in via di sviluppo per arginare la perdita di biodiversità, con 8,4 miliardi di dollari e un deficit di 11,6 miliardi di dollari: tra i principali responsabili del ritardo ci sono Giappone, Regno Unito, Italia, Canada e Spagna, che mancano all’appello con 8,3 miliardi. Soltanto Norvegia e Svezia hanno rispettato il loro impegno.

L’Italia è il Paese europeo con la maggiore varietà di habitat e di specie, e il più alto numero di specie endemiche: oltre il 50% delle specie vegetali e il 30% di quelle animali di interesse conservazionistico a livello europeo si trovano solo nel nostro Paese. L’Italia vanta anche 85 tipi di ecosistemi terrestri, ma il 68% di questi è in pericolo, mentre il 30% delle specie presenti è a rischio estinzione. A oggi, le aree protette sul territorio italiano coprono appena il 17% della superficie terrestre e l’11% di quella marina; tuttavia, quest’ultima cifra è incerta perché include anche siti protetti soltanto su carta, come recentemente denunciato da Greenpeace. Eppure, il 32% degli habitat marini soggetti a degrado in Europa si trova proprio nel Mediterraneo.

A livello globale le cose non vanno meglio. Solo circa il 15% della superficie terrestre risulta protetto. Tra il 2015 e il 2020, la FAO stima un tasso di deforestazione di circa 10 milioni di ettari all’anno, con l’agricoltura intensiva tra le principali cause della perdita di biodiversità e il 33% del suolo terrestre utilizzato per coltivazioni o pascoli. Circa il 75% dell'ambiente terrestre risulta a oggi significativamente alterato dalle attività umane. Per quanto riguarda la superficie marina, risulta protetto l’8,4% degli oceani, anche se appena il 2,7% risulta sottoposto a rigide misure di conservazione, con una percentuale che si riduce allo 0,9% per le aree d’alto mare al di fuori della giurisdizione nazionale. Mentre la Lista Rossa della IUCN (l’Unione internazionale per la conservazione della natura) conta oltre 150 mila specie minacciate, 42.108 delle quali a rischio estinzione.

La conservazione della biodiversità rimane dunque una delle sfide più urgenti, che deve fare i conti con molteplici minacce: dal cambiamento climatico alla distruzione e frammentazione degli habitat, dallo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali all’inquinamento. E mentre gli oceani si trovano a fronteggiare vecchi e nuovi pericoli, dalla pesca industriale al possibile avvio delle estrazioni minerarie in alto mare (il cosiddetto deep sea mining), le foreste continuano a essere distrutte per gli interessi dell’agroindustria e delle compagnie del gas e del petrolio.

Per evitare il collasso della biodiversità marina e terrestre e quindi garantire il mantenimento della funzionalità degli ecosistemi, è necessario fermare e invertire la tendenza al più presto: pertanto, Greenpeace sarà alla COP16Bis per chiedere l’approvazione di una strategia di mobilitazione delle risorse che sia tempestiva, trasparente, giusta ed equa, con finanziamenti direttamente accessibili ai Popoli Indigeni e alle comunità locali più impattati dalla perdita della natura.

Tommaso Tautonico
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