23/11/2016 - 10:55

Salute, in Emilia Romagna scatta l'obbligo vaccino. E’ questione di “responsabilità sociale”

L'Emilia Romagna è la prima Regione italiana che approva una legge sull'obbligo alla vaccinazione.

In Emilia Romagna per accedere ai nidi, pubblici e privati, bisognerà aver somministrato ai minori l’antipolio, l’antidifterica, l’antitetanica e l’antiepatite B. E’ la prima volta che una Regione italiana approva una legge che obbliga alle vaccinazione,  dopo il via libera dell'Assemblea legislativa alla riforma dei servizi educativi per la prima infanzia. 
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In Emilia Romagna per accedere ai nidi, pubblici e privati, bisognerà aver somministrato ai minori l’antipolio, l’antidifterica, l’antitetanica e l’antiepatite B. E’ la prima volta che una Regione italiana approva una legge che obbliga alle vaccinazione,  dopo il via libera dell'Assemblea legislativa alla riforma dei servizi educativi per la prima infanzia. 

La riforma, nel ridisegnare i servizi 0-3 anni, ha introdotto infatti come requisito d’accesso a quegli stessi servizi, pubblici e privati, “l’avere assolto gli obblighi vaccinali prescritti dalla normativa vigente”, e quindi aver somministrato ai minori l’antipolio, l’antidifterica, l’antitetanica e l’antiepatite B. La percentuale di vaccinati che garantisce la migliore protezione a tutta la popolazione deve essere superiore al 95%, limite indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), si legge sul sito della Regione.

 In Emilia-Romagna tale copertura è stata del 93,4% nel 2015 dopo essere scesa al di sotto di quella richiesta nel 2014, quando arrivò al 94,5%. Nel 2010 era al 96,5%. L’anno scorso solo i territori di tre Ausl sono risultati al di sopra del 95%: Imola, la più alta, con il 95,8% (rispetto al 95,3% del 2014), Parma con il 95,6% (95% l’anno precedente) e Piacenza sempre con il 95,6% (95,7%). Al di sotto tutte le altre: Modena col 94,1% (dal 94,7% del 2015), Reggio Emilia col 93,7% (95,2%), Ferrara col 93,6% (96,1%) e Bologna col 93,5% (95,2%). Dati ancor più negativi per la Ausl unica della Romagna, che sempre nel 2015 ha fatto registrare una copertura pari al 92,3% rispetto al 91,1% dell’anno precedente. Prendendo le singole aree, si ha Riminicon l’87,5%, in leggera salita rispetto all’87,3% del 2014, poi Cesena con l’89,4% (92,5%), Forlì con il 93% (94,5%) eRavenna con il 94,3% (95,2%) (in allegato l’andamento della copertura vaccinale nelle singole Ausl nei singoli anni a partire dal 2010). 

Per quanto riguarda più in generale i servizi educativi per la fascia di età da 0 a 3 anni, la riforma tocca un sistema regionale fatto di 1.199 servizi per oltre 32.500 bimbi iscritti. Punti cardine della nuova legge sono più garanzia dell’equità e della qualità dei servizi, peraltro sottoposti a processi di valutazione, l’accreditamento delle strutture private, sinora mai attuato, che viene semplificato ma reso più efficace e che si aggiungerà all’autorizzazione, per un’offerta educativa più trasparente, la formazione del personale e la nuova collocazione dei coordinamenti pedagogici presso i Comuni capoluogo a seguito del superamento del ruolo delle Province.

Oggi in Italia l’obbligo riguarda 4 vaccinazioni, e precisamente contro la poliomielite, la difterite, il tetano e l’epatite B. Per preservare lo stato di salute “sia del minore sia della collettività” con cui il minore stesso viene a contatto, “costituisce requisito di accesso ai servizi educativi e ricreativi pubblici e privati l’avere assolto gli obblighi vaccinali prescritti dalla normativa vigente”. Per l’accesso al nido, i genitori dei bimbi non ancora vaccinati avranno tempo per presentare il certificato di avvenuta vaccinazione fino a quando non sarà accettata la domanda d’iscrizione (maggio-giugno 2017, data che varia a seconda del Comune di appartenenza). Parallelamente, la Regione si impegna a rafforzare azioni, interventi di comunicazione e informazione sull’importanza delle vaccinazioni.

Tale requisito d’accesso per i nidi è appunto stato introdotto perché i bimbi che frequentano delle comunità hanno un maggior rischio di contrarre malattie infettive, rischio che aumenta notevolmente in presenza di basse coperture vaccinali, dal momento che virus e batteri circolano maggiormente. Dunque, è importante vaccinare per proteggere tutti i bambini (in forza della cosiddetta “immunità di gregge”, o herd immunity), a maggior ragione i più deboli (immunodepressi, con gravi patologie croniche, affetti da tumori): per loro l’unica possibilità di frequentare la collettività è che tutti gli altri siano vaccinati, spiega la Regione. 

Rosamaria Freda
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