15/04/2025 - 15:50

Quanto inquina una ricerca online?

Sostenibilità digitale

La rete è diventata uno strumento imprescindibile della vita quotidiana. Ogni giorno vengono effettuate miliardi di ricerche online, molte delle quali legate ad azioni semplici e immediate.

Dalla consultazione di una definizione alla verifica di un itinerario, dalle notizie dell’ultima ora alla ricerca di un prodotto da acquistare, ogni richiesta passa attraverso una rete globale che lavora silenziosamente per fornire una risposta rapida ed efficace.

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Tuttavia, dietro questa apparente leggerezza si nasconde una realtà complessa. Ogni clic, ogni query, ogni contenuto visualizzato comporta un dispendio energetico che, sebbene invisibile, contribuisce all’emissione globale di gas serra.

L’inquinamento digitale è una delle nuove frontiere del dibattito ambientale, una dimensione spesso ignorata ma sempre più rilevante, soprattutto in un contesto in cui la sostenibilità è diventata una priorità a livello planetario. E di questo ne avevamo parlato già molto tempo fa in questo articolo.

L’inquinamento digitale: una realtà concreta

Ogni azione compiuta online ha un consumo energetico, anche se non immediatamente percepibile. Dietro la semplicità apparente di una ricerca si nasconde un’architettura globale costituita da data center, server, cavi sottomarini, reti elettriche e dispositivi personali. Questa complessa catena consuma risorse e produce emissioni di anidride carbonica.

Secondo i dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, le tecnologie digitali rappresentano circa il 3-4% delle emissioni globali di CO₂, una quota paragonabile a quella dell’intero settore dell’aviazione civile. Le previsioni indicano che questa percentuale è destinata a crescere, soprattutto con la diffusione dell’intelligenza artificiale, dello streaming e della digitalizzazione delle attività quotidiane.

Nel dettaglio, ogni singola ricerca online emette una quantità di anidride carbonica che varia a seconda del motore di ricerca utilizzato, della distanza del data center e dell’efficienza energetica delle infrastrutture coinvolte. Alcune stime parlano di un valore medio compreso tra 0,2 e 7 grammi di CO₂ per ogni ricerca, un numero che può sembrare piccolo ma che, moltiplicato per miliardi di ricerche quotidiane, assume proporzioni significative.

Il ruolo dei data center

I data center sono il cuore pulsante dell’ecosistema digitale. Si tratta di grandi strutture che ospitano server, sistemi di archiviazione e reti, operativi 24 ore su 24, 365 giorni l’anno. La loro funzione è quella di conservare, elaborare e trasmettere dati, garantendo la velocità e l’affidabilità dei servizi digitali.

Tuttavia, il funzionamento continuo di queste infrastrutture richiede enormi quantità di energia, non solo per l’alimentazione dei server ma anche per i sistemi di raffreddamento, necessari per evitare il surriscaldamento degli apparati. I data center sono infatti tra le principali fonti di consumo energetico del settore ICT.

Negli ultimi anni, le aziende del settore hanno avviato importanti iniziative per migliorare l’efficienza energetica e ridurre l’impronta ecologica. Alcuni colossi del digitale utilizzano fonti rinnovabili per alimentare i loro centri, altri investono in tecnologie di raffreddamento più sostenibili. Tuttavia, la domanda crescente di servizi digitali rende complesso mantenere sotto controllo l’impatto ambientale complessivo.

L’energia invisibile dietro ogni clic

Il concetto di energia invisibile fa riferimento a tutto ciò che non è percepito dall’utente ma che è necessario per svolgere una qualsiasi azione online. Una semplice ricerca comporta il trasferimento di dati attraverso reti di telecomunicazione, l’elaborazione nei data center, la visualizzazione su un dispositivo personale. Tutti questi passaggi implicano il consumo di energia elettrica.

La quantità di energia utilizzata può variare notevolmente. Per esempio, una richiesta testuale consuma molto meno rispetto a una ricerca che include video o immagini ad alta risoluzione. Lo stesso vale per le azioni successive: cliccare su un link, aprire una pagina, guardare un video, effettuare un acquisto online. Ognuna di queste attività alimenta un ciclo continuo di elaborazione e trasmissione dati.

Un altro fattore spesso trascurato è l’impatto energetico dei dispositivi personali. Computer, smartphone, router domestici e altri apparecchi digitali rappresentano una quota rilevante del consumo energetico complessivo, soprattutto se si considera l’intero ciclo di vita: dalla produzione allo smaltimento.

Le alternative più sostenibili

Negli ultimi anni, l’attenzione crescente verso l’impatto ambientale del digitale ha spinto alla ricerca di soluzioni più sostenibili. Alcuni motori di ricerca alternativi si sono distinti proprio per l’adozione di modelli più rispettosi dell’ambiente. Ecosia, per esempio, utilizza i ricavi pubblicitari per finanziare progetti di riforestazione e alimenta i propri server con energia rinnovabile.

Altre realtà adottano meccanismi di compensazione delle emissioni, come l’acquisto di crediti di carbonio o l’investimento in tecnologie a basso impatto. Tuttavia, è importante sottolineare che la compensazione non annulla l’inquinamento, ma rappresenta solo una strategia di mitigazione. La vera sfida rimane la riduzione delle emissioni alla fonte, attraverso l’efficienza energetica, l’innovazione tecnologica e un uso più consapevole dei servizi digitali.

La consapevolezza del singolo utente può fare la differenza. Scegliere motori di ricerca sostenibili, limitare lo streaming in alta definizione quando non necessario, disattivare le notifiche non essenziali o ridurre la frequenza delle sincronizzazioni automatiche sono esempi di comportamenti virtuosi che, se adottati su larga scala, possono contribuire a ridurre l’impatto ambientale del digitale.

L’importanza dell’educazione digitale sostenibile

Uno degli aspetti centrali nel dibattito sull’inquinamento digitale è la scarsa consapevolezza dell’utenza. La maggior parte delle persone non associa l’uso quotidiano della rete a un impatto ambientale. Questo dipende in parte dalla natura immateriale del digitale, che si presenta come un mondo “pulito”, privo di fumi, rifiuti o emissioni visibili.

Eppure, la realtà è ben diversa. Promuovere una cultura della sostenibilità digitale significa fornire informazioni chiare, accessibili e scientificamente fondate, in modo da permettere a ciascuno di compiere scelte più responsabili. Le scuole, le università, i media e le stesse aziende digitali possono avere un ruolo chiave in questo processo educativo.

In questo contesto, anche i contenuti di intrattenimento o d’informazione, apparentemente leggeri, contribuiscono alla generazione di traffico e di emissioni. Ad esempio, quando si apre una pagina per consultare offerte di gioco online o si accede a un portale per leggere notizie sportive, ogni caricamento implica l’attivazione di una rete energetica distribuita su scala globa

Anche in questi casi, l’adozione di piattaforme ottimizzate per il basso consumo può rappresentare un passo significativo. È utile ricordare che anche semplicemente fare una ricerca su quale casino offre il gioco Plinko a soldi veri o sapere il meteo del giorno dopo rappresenta un’attività con un impatto energetico reale, benché minimo se considerato isolatamente.

Andrea Pietrarota
Direttore Responsabile
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