01/01/2013 - 01:00

Petrolio e petrolieri in Abruzzo

Petrolieri (e costruttori) hanno lanciato una campagna stampa sulle "ragioni del petrolio". Le associazioni rispondono con una lettera sulle "ragioni degli abruzzesi" per dire NO al petrolio e SI ad una politica energetica alternativa. L'Abruzzo ha bisogno di affrontare il futuro con scelte coraggiose.
Negli ultimi giorni il sistema Confindustria e le imprese petrolifere operanti in Abruzzo hanno lanciato una campagna stampa per evidenziare i benefici delle estrazioni petrolifere. Lo fanno perché sono consapevoli che gli abruzzesi, grazie all'opera disinteressata e partecipata di associazioni e comitati, sono fortemente preoccupati dalla deriva petrolifera che sta colpendo il territorio ed il mare antistante la costa. Lo fanno ora, forti delle loro risorse economiche, dopo essersi sottratti per anni ai confronti pubblici.

Il nostro territorio non sopravviverebbe ad un incidente petrolifero. Il disastro ambientale ed economico provocato dal pozzo della BP, come altri gravi disastri nel settore petrolifero, lo dimostra. Se nel Mare Adriatico si verificasse un incidente di portata anche molto più ridotta di quello del Golfo del Messico sarebbero compromessi l'ecosistema naturale marino-costiero e le stesse attività economiche di tutto l'Abruzzo. I dati ufficiali del Ministero dello Sviluppo Economico attestano che ad oggi il 51,07% di territorio abruzzese è interessato da richieste o concessioni di ricerca, estrazione o stoccaggio di idrocarburi.

In questa porzione di territorio, 221 comuni sui 305 totali, risiede il 79% dell'intera popolazione abruzzese. Nel mare antistante la nostra costa ci sono 6.241,15 km quadrati ugualmente interessati da attività di ricerca ed estrazioni di idrocarburi. A fronte di tutto questo centinaia di Comuni, le Province e la stessa Regione si sono dichiarati contrari a questo tipo di interventi.

Le industrie petrolifere vogliono imporre le loro scelte agli abruzzesi
La prospettiva della petrolizzazione non porterà benefici occupazionali. Non ne porterà nessuno, aldilà della propaganda. Sono più di 83.000 le aziende agricole (fonte ISTAT), migliaia sono i posti di lavoro nel turismo e nell'indotto. Questa economia verrà pesantemente danneggiata come è già avvenuto in Basilicata nella Val d'Agri dove la scelta petrolifera si è rivelata una storia sporca, come spesso sporche sono le storie legate allo sfruttamento petrolifero in ogni parte del mondo. Per non parlare dei gravi danni alla salute dei cittadini che queste scelte comportano.

Questo gli Abruzzesi non lo vogliono
Uscire dal petrolio è necessario. Per raggiungere gli obiettivi dettati dall' emergenza climatica, da una diffusa ingiustizia sociale e da una drammatica crisi economica bisogna cominciare a pensare un nuovo modello di sviluppo basato sulla riduzione dei consumi, sull'efficienza energetica, sulla diffusione delle fonti rinnovabili. É necessario presupporre un vero e proprio capovolgimento dell'attuale schema energetico e delle tecnologie produttive. La crisi energetica che stiamo vivendo non è solo di carattere fisico ma anche politico: essa riguarda il rapporto tra energia e potere. Serve una politica che sappia gestire nell'interesse collettivo le risorse essenziali come l'energia e l'acqua, che sappia imporre un modello energetico-democratico partecipato.

L'Abruzzo ha bisogno  di affrontare il futuro con scelte coraggiose. E'impossibile far coesistere le ragioni del petrolio con le scelte strategiche che la nostra regione da tempo ha condiviso, destinando importanti territori a parchi, puntando sullo sviluppo dell’agricoltura e dei suoi prodotti, valorizzando il turismo costiero e montano, diffondendo nel mondo il marchio di un Abruzzo a garanzia di genuinità, di rispetto del territorio e delle sue diversità.
Marilisa Romagno
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