01/01/2013 - 01:00

La 'Visione di Ezechiele' a Palazzo Pitti è falsa?

Dopo anni di indagini, lo studioso veneziano Roberto De Feo dichiara che la “Visione di Ezechiele” di Raffaello conservata al Palazzo Pitti e datata 1518 sia in realtà una semplice copia. Secca la risposta del direttore della Galleria Palatina Alessandro Cecchi: “Ma quale falso!”. Il dipinto in questione è ricordato da Giorgio Vasari (pittore e storico dell’arte) nel 1550, mentre era a Bologna in casa del conte Vincenzo Ercolani. “Un Cristo a uso di Giove in cielo e d’attorno i quattro Evangelisti, come gli descrive Ezechiel; uno a guisa di uomo – spiega Vasari – e l’altro di leone e quello d’aquila e di bue, con un paesino sotto figurato per la terra, non meno raro e bello nella sua piccolezza che sieno l’altre cose sue nelle grandezze loro”.
La “Visione di Ezechiele” di proprietà dei conti Ercolani nel XV secolo, passò agli Uffizi forse come dono al Granduca di Toscana Francesco I de’ Medici alla fine degli anni Ottanta del Cinquecento. Nel 1697 è ricordata a Palazzo Pitti, mentre nel 1799 venne portata in Francia durante le spogliazioni napoleoniche, dove rimase fino al 1815, anno in cui ritornò a Firenze, nella sua odierna collocazione.

Nel 2008, lo storico dell’arte Roberto De Feo, vecchio allievo di Vittorio Sgarbi e, oggi, precario ricercatore universitario, dopo aver ricevuto un’insolita telefonata da un collezionista ferrarese che lo avvertiva della presenza di un Raffaello identico a quello di Palazzo Pitti conservato in una collezione privata in Emilia, iniziò la sua particolare indagine. Dopo essersi recato a esaminare l’inedito dipinto, ritenendolo migliore di quello di Pitti, decise così di andare in fondo alla vicenda.

E tre anni di lavoro hanno portato lo storico a concludere che il dipinto ritrovato sia sicuramente autografo di Raffaello Sanzio, per diversi motivi: la maggior qualità pittorica rispetto a quello di Palazzo Pitti, la resa altissima nei volti degli angeli, le perfette proporzioni dei corpi, dettagli curatissimi nelle vesti delle figure, l’assenza di pentimenti (cioè le correzioni o modifiche presenti sotto la vernice che l’autore realizza durante l’esecuzione dell’opera), il supporto ligneo di pioppo anziché di rovere come quello Pitti (Raffaello dipingeva su tavole di pioppo) e infine la scoperta, tramite i raggi x, del monogramma Srv, sigla usata come firma da Raffaello per Sanctium Rapahel Urbinas.

La situazione si complica ulteriormente quando il critico venne informato che il direttore della National Gallery di Londra, Nicholas Penny, il più grande studioso vivente di Raffaello, conosceva il discusso dipinto già dal 1995 e, dopo averlo esaminato nel suo laboratorio, lo ritenne autografo. Il direttore non poté confrontarla con la versione fiorentina per la risposta negativa di Palazzo Pitti e tutto fu congelato. È significativo, però, il fatto che Penny, chiamato in seguito a scrivere la voce “Raffaello” nell’Enciclopedia Britannica, eliminò il dipinto dal catalogo del pittore urbinate.
L’accusa è che, malgrado si conoscesse già questa faccenda, si decise di rimanere in silenzio, forse per non sollevare un polverone su un’opera d’arte valutata tra i 30 e 40 milioni di Euro.

 “Stilisticamente la qualità parla da sola – ha commentato il direttore della Galleria Alessandro Cecchi – perchè la nostra pittura è ricca di dettagli e ha una concezione grandiosa come solo i grandi maestri sanno fare, pur nel piccolo formato. A tutti gli effetti è come una pala d’altare. Inoltre, non è mai stata messa in discussione seriamente dagli esperti, visto che quello che viene presentato come originale sembra una copia antica, molto più sommaria. Ormai si è diffusa la mania della scoperta e scoperte certo se ne fanno ma non è così semplice trovare un Raffaello.

Il quadro presentato non è male, ma non ha la qualità di un originale. Bisognerebbe essere un po’ più cauti. Noi siamo tranquilli e sereni – ha concluso Cecchi – e dimostrino loro, se possono, che quello che presentano è un autentico Raffaello”. Con queste premesse la questione promette di accendere numerose e caldissime discussioni tra i vari studiosi, ma forse è normale e dev’essere così quando si parla di uno dei massimi geni della pittura e di opere incredibilmente importanti e preziose. Aspettiamo con ansia l’ardua sentenza.

Fonte: ecodellevalli.tv
Vesna Tomasevic
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