01/01/2013 - 01:00

La configurabilità del reato di discarica abusiva

Si ha discarica abusiva "tutte le volte in cui, per effetto di una condotta ripetuta, i rifiuti vengono scaricati in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo di rifiuti con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli degli stessi e dello spazio occupato" - Cassazione Penale, Sez. III, Sentenza (ud. 29-11-2011) 16-01-2012, n. 1188
La Cassazione Penale, Sez. III, con la sentenza (ud. 29-11-2011) 16-01-2012, n. 1188 ha affrontato la questione relativa alla configurabilità del reato di discarica abusiva.

Nel caso in esame, infatti, con sentenza del 22 ottobre 2009, la Corte d'Appello di Lecce riformava parzialmente, revocando la confisca, la sentenza con la quale, in data 4 marzo 2008, il Tribunale di quella città condannava C.C. per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. b) e terzo, perché, in assenza di autorizzazione, aveva adibito un'area di circa 26.000 mq. a discarica di rifiuti speciali (rottami di autovetture complete di parti interne, plastica, gomme e ferro).

Avverso tale pronuncia il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un unico motivo il ricorrente deduceva la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che i giudici del merito avevano errato nel ritenere la sussistenza del reato di discarica abusiva potendosi, al più, inquadrare la condotta contestatagli nell'ambito della gestione illecita di cui all'art. 256, comma 1, in quanto i materiali rinvenuti nell'area sequestratagli non erano abbandonati né, tanto meno, egli intendeva disfarsene, trattandosi dell'oggetto della sua attività di autodemolitore, ancorché abusivo.

Aggiungeva che anche l'ipotesi contravvenzionale di cui al comma 1, della menzionata disposizione non era comunque applicabile perché la stessa Corte territoriale, dissequestrando progressivamente detti materiali, ne aveva implicitamente escluso la natura di rifiuti pur pervenendo, successivamente, all'errata e contraddittoria conclusione di ritenere fondata l'ipotesi accusatoria già confermata dal primo giudice.
Insisteva, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

La Cassazione Penale, Sez. III, con la sentenza (ud. 29-11-2011) del 16-01-2012, n. 1188, preliminarmente osserva che, in generale, non può esservi alcun dubbio sul fatto che i veicoli fuori uso siano qualificabili, a tutti gli effetti, come rifiuti.

Innanzitutto, per l'inquadramento della relativa disciplina deve farsi riferimento al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 231, ed al D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, come corretto ed integrato dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 149.

Dei rapporti tra la disciplina generale in materia di rifiuti e il D.Lgs. n. 209 del 2003, si è peraltro occupata, in più occasioni, la giurisprudenza di legittimità, precisando che esso non contiene norme più favorevoli e, all'art. 3, considera il veicolo "fuori uso" un rifiuto, "sia con riferimento al veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi, sia a quello destinato alla demolizione, ufficialmente privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della consegna ad un centro di raccolta, nonché quello che risulti in evidente stato di abbandono ancorché giacente in area privata" (Sez. 3^ n. 21963, 4 marzo 2005; Sez. 3^ n. 33789 23 giugno 2005; Sez. 3^ n. 23790 18 giugno 2007; Sez. 3^ n. 27074, 4 luglio 2008; Sez. 3^ n. 22035, 10 giugno 2010).

Il menzionato D.Lgs. sottopone a specifica disciplina anche l'attività dei centri di autodemolizione, come emerge dalla lettura dell'art. 6 e dell'Allegato 1.

Analogamente, non pare possa escludersi, alla luce dei contenuti della impugnata decisione, la natura di rifiuto degli altri materiali descritti nell'imputazione.

Il ricorrente contesta, tuttavia, che l'attività da lui svolta possa essere inquadrata nell'illecita realizzazione o gestione di discarica abusiva, consistendo nella mera gestione illecita di rifiuti.

Va a tale proposito ricordato che una definizione giuridica di discarica è rinvenibile nel D.Lgs. n. 36 del 2003, art. 2, comma 1, lett. g), ove si afferma che per tale deve intendersi un'area "adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno".

Aggiunge la richiamata disposizione che "sono esclusi da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore a un anno", consentendo così, grazie all'indicazione del dato temporale, di distinguere la discarica da altre attività di gestione (anche se lo stesso, come si è ritenuto nel caso di protrazione del deposito dei rifiuti per un periodo superiore all'anno in Sez. 3^ n. 9849, 4 marzo 2009, non individua un elemento costitutivo della fattispecie).

La giurisprudenza della Corte di Cassazione , inoltre, si è ripetutamente impegnata nella individuazione del concetto di discarica con riferimento al reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3, sottolineandone, ad esempio, la differenza con la nozione di "smaltimento" e rilevando che trattasi di due attività diversamente disciplinate, perché pur avendo in comune talune operazioni (quali il conferimento dei materiali e la loro deposito), si differenziano radicalmente: nello smaltimento i rifiuti vengono interamente sfruttati a scopo di profitto con specifiche modalità (cernita, trasformazione, utilizzo e riciclo previo recupero), nella discarica, invece, i beni non ricevono alcun trattamento ulteriore e vengono abbandonati a tempo indeterminato, mediante deposito ed ammasso.

Si ha quindi discarica abusiva "tutte le volte in cui, per effetto di una condotta ripetuta, i rifiuti vengono scaricati in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo di rifiuti con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli degli stessi e dello spazio occupato" (v. ad es. Sez. 3^ n. 27296, 17 giugno 2004).

Anche la differenza con il mero abbandono di rifiuti è stata individuata evidenziando la natura occasionale e discontinua di tale attività rispetto a quella, abituale o organizzata, di discarica (Sez. 3^ n. 25463, 15 aprile 2004).

La discarica abusiva dovrebbe presentare, tendenzialmente, una o più tra le seguenti caratteristiche, la presenza delle quali costituisce valido elemento per ritenere configurata la condotta vietata:
    accumulo, più o meno sistematico, ma comunque non occasionale, di rifiuti in un'area determinata;
•    eterogeneità dell'ammasso dei materiali;
•    definitività del loro abbandono;
•    degrado, quanto meno tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione.


Si è ulteriormente precisato che il reato di discarica abusiva è configurabile anche in caso di accumulo di rifiuti che, per le loro caratteristiche, non risultino raccolti per ricevere nei tempi previsti una o più destinazioni conformi alla legge e comportino il degrado dell'area su cui insistono, anche se collocata all'interno dello stabilimento produttivo (Sez. IlI n. 41351, 6 novembre 2008; n. 2485, 17 gennaio 2008; n. 10358, 9 marzo 2007).

Secondo la Corte, in riferimento al caso di specie, la qualificazione giuridica del fatto contestato al ricorrente appare corretta.

Si sostiene che "una conferma ulteriore viene fornita dalla Corte territoriale laddove si specifica l'irrilevanza della circostanza, addotta dalla difesa, circa la idoneità dell'area ad essere destinata a discarica e viene dato atto della completa bonifica della stessa, attività che non sarebbe stata necessaria nel caso in cui il terreno fosse stato adibito ad altri scopi, compreso il mero svolgimento dell'attività di rottamazione e non fosse degradato dalla costante presenza dei rifiuti".

Il ricorso è stato pertanto dichiarato inammissibile.
Andrea Settembre
autore