01/01/2013 - 01:00

Determinazione della tariffa per la gestione dei rifiuti

Ancorché non possa dubitarsi della natura di atto generale del provvedimento istitutivo della tariffa e del relativo regolamento, non può tuttavia negarsi che esso, proprio in quanto costituisce applicazione concreta anche delle disposizioni contenute nel ricordato d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, ha un contenuto composito, in parte regolamentare ed in parte provvedimentale, con particolare riferimento a quella parte in cui stabilisce il costo del servizio e la determinazione della tariffa, le modalità di applicazione della tariffa, i coefficienti per l'attribuzione della parte fissa e della parte variabile della tariffa" - Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza numero 539 del 2 febbraio 2012.
Il Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza numero 539 del 2 febbraio 2012 ha riconosciuto la sussistenza del vizio di motivazione nei confronti di un provvedimento adottato da un ente locale con cui era stata istitutiva la tariffa per la gestione dei rifiuti.

Gli appellanti denunciavano infatti la:
•    "Violazione e/o errata applicazione delle norme di diritto (incompetenza dell'organo; violazione dell'art. 23 D. Lgs. 05.02.1997 n. 22; e dell'art. 26, legge reg. Toscana 18 maggio 1998 n. 25; art. 42 e 48 D. Lgs. n. 267 del 2000);
•    "eccesso di potere per difetto dei presupposti e di istruttoria - Errata e/o carente pronuncia su punto decisivo - Motivazione carente ed illogica", sostenendo, per un verso, che i primi giudici avevano erroneamente ritenuto spettante all'ente locale, invece che all'Ambito Territoriale Ottimale n. 10, il potere di determinazione della tariffa per la gestione dei rifiuti, violando le disposizioni contenute nella legge regionale della Toscana 18 maggio 1998, n. 25, e, per altro verso, che in violazione dei fondamentali principi di economicità ed efficienza gestionale, la tariffa era stata determinata sulla base del piano finanziario comunale, laddove essa doveva essere rapportata all'ambito sovracomunale corrispondente all'A.T.O. (3° CENSURA);
•    inoltre, sempre secondo gli appellante, anche le delibere della Giunta comunale n. 215 del 31 marzo 2005 e n. 151 del 7 marzo 2006, con cui, oltre alla tariffa per la gestione dei rifiuti, erano state stabilite anche le esenzioni e le agevolazioni, rispettivamente per gli anni 2005 e 2006, erano viziate da incompetenza, trattandosi di decisioni riservate all'organo consiliare.

Riguardo alla terza censura, l'articolo 49 del D. Lgs. 5 febbraio 1997, n.22 (recante "Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio") che, nel prevedere l'istituzione della tariffa per la gestione dei rifiuti, in sostituzione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti stessi (di cui alla sez. II del Capo XVIII del titolo III del testo unico della finanza locale, approvato con R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, come sostituto dall'art. 21 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, ed al capo III del D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 537), dispone espressamente al comma 8 che "essa è determinata dagli enti locali, anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio".

Tale attribuzione trova conferma in ulteriori disposizioni dello stesso articolo 49, che nei commi 2 (secondo cui "i costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, sono coperti dai Comuni mediante l'istituzione di una tariffa") e 3 ( secondo cui "la tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi ovvero conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale") contiene inequivoci ed esclusivi riferimenti al territorio comunale e postula quindi il potere/dovere del Comune di provvedere alla gestione dei rifiuti (ed il potere di determinarne il costo).

Del resto il successivo comma 4 dispone che la tariffa è composta "da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di servizio", così riferendosi proprio agli elementi fattuali di cui ai precedenti commi 2 e 3.

Anche le disposizioni del d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 ("Regolamento recente norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del sevizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani") supportano le precedenti conclusioni, giacché indicano ripetutamente, quali titolari del potere impositivo, esclusivamente gli enti locali; infatti:

 a) il primo comma dell'art. 2 ("Tariffa di riferimento") precisa che "la tariffa di riferimento rappresenta l'insieme dei criteri e delle condizioni che devono essere rispettati per la determinazione della tariffa da parte degli enti locali";
b) il primo comma dell'art. 3 ("Determinazione della tariffa") dispone che "sulla base della tariffa di riferimento di cui all'art. 2, gli enti locali individuano il costo complessivo del servizio e determinano la tariffa, anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio e tenuto conto degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato";
c) l'articolo 4 ("Articolazione della tariffa"), dopo aver previsto al comma 1, l'articolazione della tariffa in fasce di utenza domestica e non domestica, affida all'ente locale il compito di ripartire tra le predette categorie di utenza domestica e non domestica l'insieme dei costi da coprire attraverso la tariffa (comma 2), precisando altresì significativamente al comma 3, per quanto qui interessa, che "A livello territoriale la tariffa è articolata con riferimento alle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunale, ed in particolare alla loro destinazione a livello di pianificazione urbanistica e territoriale, alla densità, alla frequenza e qualità dei servizi da fornire, secondo modalità stabilite dai comuni";
d) l'art.8, infine, attribuisce espressamente al soggetto gestore del ciclo dei rifiuti ovvero ai singoli comuni l'approvazione del piano finanziario.

Alla luce di quanto esposto, il collegio ha escluso che, come sostenuto dagli appellanti, il potere di determinare la tariffa per la gestione dei rifiuti spettasse all'autorità di ambito territoriale ottimale (Consorzio A.T.O. 10).

Il Consiglio di Stato sostiene inoltre che " nessun elemento a sostegno della predetta tesi è in equivocamente rinvenibile nell'invocata legge regionale della Toscana 18 maggio 1998, n. 25 ("Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati"), attraverso cui, secondo quanto stabilito dal suo stesso articolo 1, è stata data "attuazione del D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22", è stato attribuito alla Regione il compito di dettare norme in materia di gestione dei rifiuti e per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati e sostenere, anche finanziariamente, tutte le iniziative volte alla realizzazione di un sistema di gestione dei rifiuti che promuova la raccolta differenziata, la selezione, il recupero e la produzione di energia nonché interventi per la bonifica ed il conseguente ripristino ambientale dei siti inquinati (comma 1), di definire gli opportuni indirizzi affinché gli interventi rispondano a criteri di economica, efficienza ed efficacia e nella gestione, assicurando la massima garanzia di protezione ambientale (comma 2), di perseguire l'articolazione territoriale degli atti di programmazione, gestione ed esercizio delle funzioni amministrative in materia (comma 2), favorendo la più ampia partecipazione dei cittadini singoli e associati alla formazione dei piani previsti dalla legge e al controllo della gestione dei rifiuti (art. 4); peraltro la stessa comunità d'ambito, identificata quale aggregazione dei comuni ricadenti nel territorio delimitato dall'A.T.O. associati nei modi e nelle forme previste dalla stessa legge regionale, lungi dal costituire un nuovo ente locale, rappresenta piuttosto uno strumento operativo per la gestione, secondo criteri di efficienza e di efficacia, da parte dei comuni della gestione integrata dei rifiuti urbani".

"Nessun potere impositivo nella materia de qua poteva essere peraltro attribuito agli A.T.O. dalla legge regionale, essendo stato tra l'altro affermato (Cass. SS.UU. 8 aprile 2010, n. 8313) che spetta esclusivamente agli enti locali il potere di determinare la tariffa per la gestione dei rifiuti ex art. 49 del D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 5, potendo invece essere lasciata ai soggetti gestori la sua applicazione e dovendo escludersi che tale assetto istituzionale possa subire deroghe neppure per ragioni di emergenza".

Altresì, secondo il C.d.S. è del tutto inammissibile, ancor prima che infondata, la censura con la quale gli appellanti hanno lamentato difetto di istruttoria nella determinazione della tariffa per la gestione dei rifiuti per essere stata rapportata al piano finanziario comunale, piuttosto che a quello industriale dell'autorità d'ambito. È stato sostenuto infatti:

"Quanto alla questione dell'eccepita incompetenza della Giunta comunale del Comune di Prato a determinare la tariffa per la gestione dei rifiuti, ivi comprese le agevolazioni e le deduzioni, per gli anni 2005 (delibera n. 215 del 31 marzo 2005) e 2006 (delibera n. 151 del 7 marzo 2006), è sufficiente osservare che il D. Lgs. 17 agosto 2000, n. 267, all'articolo 42, comma 2, lett. f), riserva espressamente all'organo consiliare l'istituzione e l'ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote, nonché la disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi. Nel caso in esame, l'istituzione della tariffa per la gestione dei rifiuti (alla quale è stata riconosciuta natura tributaria, Corte Cost., 24 luglio 2009, n. 238) è avvenuta con deliberazione consiliare n. 41 del 31 marzo 2005, mentre con la coeva deliberazione consiliare n. 42 è stato approvato il relativo regolamento: del tutto legittimamente pertanto la concreta determinazione della tariffa è stata operata dall'organo esecutivo dell'amministrazione comunale, dotato di competenza generale e residuale (C.d.S., sez. V, 2 marzo 2010, n. 1208; 13 dicembre 2005, n. 7058), trattandosi di materia non espressamente riservata al consiglio, consistente del resto in un'attività meramente attuativa ed esecutiva delle precedenti determinazioni consiliari".

"Le considerazioni svolte nel precedente paragrafo 4.1.3. rendono immeritevoli di favorevole apprezzamento il quarto motivo di gravame con il quale gli appellanti hanno lamentato che la Giunta comunale di Prato avrebbe invaso la competenza proprio del consiglio comunale, determinando la tariffa per la gestione dei rifiuti per l'anno 2006 prima ancora che fosse approvato il piano finanziario di cui all'art. 8 del d.P.R. 27 aprile 1999 n. 158".

"Fermo restando che, come si è avuto modo di rilevare spetta all'organo consiliare l'istituzione e l'ordinamento dei tributi, materia in cui non rientra invece la specifica determinazione della tariffa, occorre osservare che, come correttamente ritenuto dai primi giudici, pur ad ammettere che il piano finanziario (che costituisce il presupposto per l'applicazione della tariffa) dovesse essere approvato dall'organo consiliare (invece che dalla giunta comunale, quest'ultimo essendo, in definitiva, l'unico profilo rilevante della censura sollevata), non vi è dubbio che, nel caso di specie il predetto piano finanziario, predisposto dal gestore del servizio (Società A.S.M. S.p.A.), di cui l'organo giuntale aveva preso atto con la impugnata delibera n. 151 del 7 marzo 2006, è stato poi definitivamente approvato dall'organo consiliare con la delibera n. 47 del 30 marzo 2006, così sanandosi anche l'eventuale vizio di competenza dedotto dagli appellanti, come correttamente ritenuto dai primi giudici, dovendo darsi ingresso al riguardo al principio di conservazione degli atti giuridici".

"E' appena il caso di rilevare al riguardo che è del tutto irrilevante che nella ricordata delibera consiliare non compare alcun testuale riferimento alla precedente delibera della giunta n. 151 del 7 marzo 2006, essendo per contro decisiva la circostanza (evidenziata opportunamente prospettata dalle parti appellate e non contestata dagli appellanti) della identicità nei due atti deliberativi del piano finanziario predisposto dal gestore A.S.M. S.p.A".

Tuttavia, il Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza numero 539 del 2 febbraio 2012 ha affermato che nel merito le censure sollevate sono fondate.

L'art. 49 del D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, nel prevedere l'istituzione della tariffa in questione, stabilisce al comma 4 che essa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti, al servizio fornito, e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.

Il successivo comma 5 rimette al Ministro dell'ambiente di concento con quello dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, l'elaborazione di un metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento; quest'ultima deve essere articolata per fasce (comma 6) e costituisce la base per la determinazione della tariffa e per orientare e graduare nel tempo gli adeguamenti tariffari derivanti dall'applicazione dello stesso decreto legislativo (comma 7).

Il regolamento per l'elaborazione del metodo normalizzato per la definizione della tariffa di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, approvato col già citato d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, dopo aver precisato all'articolo 2 che "la tariffa di riferimento rappresenta l'insieme dei criteri e delle condizioni che devono essere rispettati per la determinazione della tariffa da parte degli enti locali" (comma 1) e ribadito all'articolo 3, comma 1, che "la tariffa è composta da una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una parte variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione", all'articolo 4 ("Articolazione della tariffa) prevede che la tariffa è articolata nelle fasce di utenza domestica e non domestica (comma 1), stabilendo che l'ente locale ripartisce tra le categorie di utenza domestica e non domestica l'insieme dei costi da coprire attraverso la tariffa secondo criteri razionali (assicurando l'agevolazione per l'utenza domestica di cui all'art. 49, comma 10, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) (comma 2) e aggiungendo che a livello territoriale la tariffa è articolata con riferimento alle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunale ed in particolare alla loro destinazione a livello di pianificazione urbanistica e territoriale, alla densità abitativa, alla frequenza e alla qualità dei servizi da fornire, secondo modalità stabilite dal comune (comma 3).

Ai fini del calcolo della tariffa per le utenze domestiche, in particolare, l'articolo 6 stabilisce, al primo comma, che "Per le comunità, per le attività commerciali, industriali, professionali e per le attività produttive in genere, la parte fissa della tariffa è attribuita alla singola utenza sulla base di un coefficiente relativo alla potenziale produzione di rifiuti connessa alla tipologia di attività per unità di superficie assoggettabile a tariffa e determinato dal comune nell'ambito degli intervalli indicati nel punto 4.3. dell'allegato 1 al presente decreto", e, al secondo comma, che "Per l'attribuzione della parte variabile della tariffa gli enti locali organizzano e strutturano sistemi di misurazione delle quantità di rifiuti effettivamente conferiti dalle singole utenze. Gli enti locali non ancora organizzati applicano un sistema presuntivo, prendendo a riferimento per singola tipologia di attività la produzione annua per mq. ritenuta congrua nell'ambito degli intervalli indicati nel punto 4.4. dell'allegato 1.

Alla luce del delineato substrato normativo, il C.d.S. ha riconosciuto la sussistenza del vizio di motivazione che, come eccepito dagli appellanti, inficia gli atti impugnati. Secondo il Collegio:

"Invero, ancorché non possa dubitarsi della natura di atto generale del provvedimento istitutivo della tariffa e del relativo regolamento, non può tuttavia negarsi che esso, proprio in quanto costituisce applicazione concreta anche delle disposizioni contenute nel ricordato d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, ha un contenuto composito, in parte regolamentare ed in parte provvedimentale, con particolare riferimento a quella parte in cui stabilisce il costo del servizio e la determinazione della tariffa, le modalità di applicazione della tariffa, le agevolazioni e le riduzioni tariffarie, le modalità di riscossione della tariffa, i coefficienti per l'attribuzione della parte fissa e della parte variabile della tariffa".

"La determinazione di tali peculiari elementi, che implica, come si ricava dalle richiamate disposizioni, l'individuazione dei costi da coprire, la loro ripartizione tra le categoria di utenza domestica e non domestica, la articolazione della tariffa stessa in ragione delle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunali, secondo la loro destinazione urbanistica, è frutto di un ampio potere discrezionale dell'ente locale che non può intuitivamente sfuggire a qualsiasi forma di controllo e non può pertanto essere sottratto all'obbligo della motivazione, se non al costo di rinnegare i principi fondamentali di legalità, imparzialità e buon andamento che, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, devono caratterizzare l'azione amministrativa".

 "In tali sensi la censura di difetto di motivazione deve essere considerata fondata (ed assorbente anche rispetto alla dedotta carenza di istruttoria)".

In conclusione l'appello veniva accolto, con consequenziale annullamento dei provvedimenti impugnati.
Andrea Settembre
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