16/10/2013 - 20:22

Siti Contaminati

Quali obblighi per il proprietario non responsabile dell'inquinamento? Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 21/2013

La contaminazione dei siti, industriali e non, nel nostro Paese è un fenomeno diffuso ed esteso. I dati resi noti dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti dicono che in media sono presenti almeno due siti contaminati per ogni comune italiano (Relazione sulle bonifiche dei siti contaminati in Italia - 12 dicembre 2012).
La questione presenta rilevanti criticità per gli interrogativi relativi allo stato di salute ambientale dei territori e delle popolazioni e per quello del reperimento delle ingenti risorse necessarie per procedere alle bonifiche.
Dal punto di vista giuridico sono controverse molte questioni relative alla imputazione delle responsabilità e dei costi.
In primo luogo spesso il responsabile della contaminazione non è puntualmente identificabile (nel caso di territori con inquinamento diffuso). Quando il responsabile è identificabile o identificato l'imputazione della responsabilità sovente non si traduce nella conseguente imputazione dei costi necessari per la bonifica ove ci si trovi in presenza di una sostanziale incapienza dal punto di vista finanziario in rapporto agli oneri necessari per effettuare la bonifica, o, per i casi di contaminazione più risalenti nel tempo, il soggetto responsabile sia una compagine imprenditoriale non più esistente (per cessazione dell'attività, fallimento ecc.).
Un particolare profilo di incertezza è quello che riguarda gli obblighi gravanti sulla figura del proprietario dell'area che non sia anche il responsabile dell'inquinamento.
Le disposizioni del D. Lgs. 152/2006 relative al proprietario dell'area non responsabile della contaminazione sono essenzialmente due. La prima - art. 245 - prevede una serie di obblighi di comunicazione per il proprietario dell'area. Prevede inoltre una facoltà e non un obbligo "di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità"
L'altra disposizione - art. 253 - prevede un onere reale assistito da privilegio speciale a carico dell'area per il caso di interventi effettuati d'ufficio dall'autorità competente. Il favor per la posizione dominicale viene confermato dal successivo comma 3 del medesimo art. 253 laddove si dice che "Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità".
É abbastanza facile, quindi, che in tutta una serie di casi - inquinamento diffuso, responsabile non identificabile, responsabile identificato ma non capiente, proprietario non responsabile dell'inquinamento - il costo della bonifica venga alla fine "socializzato" con imputazione alla fiscalità generale.
Voler affrontare il problema con gli istituti civilistici della responsabilità civile non è compito agevole e soddisfacente.
Tanto ciò vero che la legislazione europea esplicitamente - direttiva 2004/35/CE considerando n. 8 - afferma che "a non tutte le forme di danno ambientale può essere posto rimedio attraverso la responsabilità civile. Affinché quest'ultima sia efficace è necessario che vi siano uno o più inquinatori individuabili, il danno dovrebbe essere concreto e quantificabile e si dovrebbero accertare nessi causali tra il danno e gli inquinatori individuati. La responsabilità civile non è quindi uno strumento adatto per trattare l'inquinamento a carattere diffuso e generale nei casi in cui sia impossibile collegare gli effetti ambientali negativi a atti o omissioni di taluni singoli soggetti".
La medesima normativa comunitaria - considerando n. 27 - per ovviare ai limiti dianzi esposti auspica che "gli Stati membri dovrebbero adottare misure per incoraggiare gli operatori a munirsi di una copertura assicurativa appropriata o di altre forme di garanzia finanziaria e per favorire lo sviluppo di strumenti e mercati di copertura finanziaria onde fornire un'efficace copertura degli obblighi finanziari derivanti dalla presente direttiva".
Rimane fortemente dubbio che il mercato finanziario-assicurativo abbia la capacità o anche solo l'interesse ad assicurare la tipologia di rischio in questione.
Le autorità amministrative competenti, proprio per ovviare alle criticità dianzi esposte, hanno tentato di individuare nel proprietario non responsabile il soggetto tenuto ad adottare le misure di messa in sicurezza di emergenza dei siti.
Il tentativo, come è ovvio, si è scontrato con le resistenze dominicali che hanno potuto impugnare i provvedimenti proprio sulla base del dato normativo letterale che parla di una facoltà e non di un obbligo per il proprietario non responsabile dell'inquinamento.
La giurisprudenza amministrativa sul punto è stata oscillante segnalandosi sia posizioni tese ad affermare gli obblighi del proprietario non responsabile dell'inquinamento sia posizioni che negavano la configurabilità degli obblighi. Alla fine la diversità di orientamento ha portato alla remissione della questione all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato per avere chiarezza sulla strada da seguire.
Il Consiglio di Stato con ampia ed articolata argomentazione ha riconosciuto che la soluzione interpretativa da adottare a legislazione vigente è quella della limitazione della possibilità di predicare gli obblighi in contestazione in capo al proprietario non responsabile.
La questione però non è del tutto piana e conclusa. L'Adunanza, infatti, mostra di interrogarsi su una questione che sta a monte del problema di diritto sottoposto alla sua decisione. A venire in questione, infatti, è la stessa conformità dell'impianto normativo nazionale rispetto ai principi comunitari contenuti nella direttiva 2004/35/CE sul tema dell'esclusione degli obblighi in capo al proprietario non responsabile.
Tutto ciò ha portato il Consiglio di Stato a rimettere alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la seguente questione pregiudiziale di corretta interpretazione "se i principi dell'Unione Europea in materia ambientale sanciti dall'art. 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dalla direttiva 2004/35/Ce del 21 aprile 2004 (articoli 1 e 8, n. 3; tredicesimo e ventiquattresimo considerando) - in particolare, il principio "chi inquina paga", il principio di precauzione, il principio dell'azione preventiva, il principio, della correzione, in via prioritaria, alla fonte, dei danni causati all'ambiente - ostino ad una normativa nazionale, quale quella delineata dagli articoli 244, 245, 253 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che, in caso di accertata contaminazione di un sito e di impossibilità di individuare il soggetto responsabile della contaminazione o di impossibilità di ottenere da quest'ultimo gli interventi di riparazione, non consenta all'autorità amministrativa di imporre l'esecuzione delle misure di sicurezza d'emergenza e di bonifica al proprietario non responsabile dell'inquinamento, prevedendo, a carico di quest'ultimo, soltanto una responsabilità patrimoniale limitata al valore del sito dopo l'esecuzione degli interventi di bonifica".
Vincenzo Tabone
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