01/01/2013 - 01:00

Nomina e doveri del custode ex art. 81 disp. att. C.P.P. e la mancata informazione degli obblighi conseguenti alla custodia dei beni

In tema di violazioni di sigilli, quando è nominato un custode, questi dichiara di assumere gli obblighi di legge e sottoscrive il verbale. L'inosservanza di queste formalità non esime il custode, che abbia assunto l'ufficio, dall'adempimento dei suoi doveri e dalla relativa responsabilità disciplinare e penale- Corte di Cassazione Penale, Sez.3^ 5 marzo 2012 (Ud. 7/2/2012) Sentenza n. 8550
In tema di violazioni di sigilli, la Corte di Cassazione Penale, Sez.3^, 5 marzo 2012 (Ud. 7/2/2012) con la Sentenza n. 8550, ha affermato il principio secondo cui "quando è nominato un custode, questi dichiara di assumere gli obblighi di legge e sottoscrive il verbale. L'inosservanza di queste formalità non esime il custode, che abbia assunto l'ufficio, dall'adempimento dei suoi doveri e dalla relativa responsabilità disciplinare e penale";

afferma, inoltre, la corte che "si tratta dunque di un "munus publicum" obbligatorio che prescinde anche dall'accettazione del custode e che non richiede, per la nomina dello stesso, ulteriori formalità rispetto a quelle indicate dalla legge, tanto che il soggetto nominato custode rimane investito della relativa funzione per il solo fatto della nomina, portata debitamente a sua conoscenza".

Nel caso di specie, il ricorrente, con un primo motivo di ricorso, deduceva il vizio di motivazione, rilevando che la Corte territoriale aveva confermato la condanna per il delitto di violazione di sigilli considerandolo erroneamente proprietario dell'area, appartenente, invece, all'amministrazione comunale di F. come espressamente indicato nell'atto d'appello e senza tener conto del fatto che l'affermazione di penale responsabilità era intervenuta senza che egli fosse stato reso edotto degli obblighi conseguenti all'affidamento della custodia del bene, non essendo sufficiente la mera indicazione in tal senso contenuta nel verbale di sequestro, tanto che lo stesso ufficiale di polizia giudiziaria che lo aveva redatto non era stato in grado di indicare quali fossero tali obblighi in sede di deposizione testimoniale.

Con un secondo motivo di ricorso il ricorrente lamentava la errata applicazione della legge penale nella qualificazione giuridica del fatto, a suo dire inquadrabile nella fattispecie di cui all'articolo 350 C.P. in assenza della prova della sussistenza del dolo.

La Corte territoriale ha, invero, ripetutamente qualificato il ricorrente come proprietario dell'area, attributo che viene contestato in ricorso.

La Corte di Cassazione ha osservato, a tale proposito, che "non appare determinante l'eventuale erroneo riferimento al ricorrente quale proprietario dell'area, poiché tale attributo viene indicato al solo scopo di evidenziare la materiale disponibilità dell'area medesima in capo all'imputato quale indizio della committenza delle opere, che non richiede necessariamente la proprietà del terreno ove viene realizzato l'intervento abusivo".

Sostiene, inoltre, la corte che ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riferimento alla mancata informazione degli obblighi conseguenti alla custodia dei beni.

È stato rilevato, a tale proposito, che l'articolo 81 disp. att. C.P.P. stabilisce che "quando è nominato un custode, questi dichiara di assumere gli obblighi di legge e sottoscrive il verbale. L'inosservanza di queste formalità non esime il custode, che abbia assunto l'ufficio, dall'adempimento dei suoi doveri e dalla relativa responsabilità disciplinare e penale".

"Si tratta dunque di un "munus publicum" obbligatorio che prescinde anche dall'accettazione del custode e che non richiede, per la nomina dello stesso, ulteriori formalità rispetto a quelle indicate dalla legge, tanto che il soggetto nominato custode rimane investito della relativa funzione per il solo fatto della nomina, portata debitamente a sua conoscenza"
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La espressa indicazione nel verbale di sequestro, da parte della polizia giudiziaria operante, di aver reso edotto il custode degli obblighi derivanti dalla nomina non è pertanto assolutamente necessaria e, se esistente, costituisce dato fattuale significativo della conoscenza, da parte del custode stesso, dei doveri imposti dall'assunzione della funzione.

Riguardo al secondo motivo di ricorso, la corte ha preliminarmente ricordato che essa ha già avuto modo di chiarire come il reato di violazione di sigilli si distingua dall'ipotesi di agevolazione colposa di cui all'articolo 350 C.P. per l'elemento psicologico, perché nel primo caso la condotta del custode è dolosamente finalizzata a porre in essere la violazione dei sigilli, mentre nella seconda detta violazione consegue alla negligenza e trascuratezza del custode medesimo (Sez. III n. 22784, 14 maggio 2004; Sez. VI n. 1945. 17 febbraio 1994; Sez. VI n. 6246, 4 luglio 1984).

Alla luce di tale principio, che secondo il collegio va condiviso e riaffermato, viene osservato che, nella fattispecie, la Corte territoriale aveva chiaramente evidenziato la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato nella reiterazione della condotta dopo una prima riapposizione dei sigilli precedentemente violati.

La corte di Cassazione, pertanto, sostiene che "tale dato fattuale, correttamente valutato, è certamente idoneo a ritenere pienamente configurato l'elemento soggettivo del reato, cosicché la decisione impugnata si prospetta, anche sul punto, del tutto immune da censure, superando agevolmente il vaglio di legittimità".

Il ricorso, conseguentemente, è stato dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese del procedimento.
Andrea Settembre
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