01/01/2013 - 01:00

Rischio ambientale e procedure di messa in sicurezza di emergenza.

E' legittimo attivare le procedure di bonifica o di riduzione del danno senza dover aspettare le dovute autorizzazioni amministrative per operare? Prevale il principio di legalità oppure l'esigenza di evitare o contenere un danno grave e magari irreversibile nei confronti dell'ambiente?
Le misure di prevenzione d'urgenza in caso di inquinamento rappresentano un importante banco di prova dell'efficienza dei soggetti coinvolti con particolare attenzione al responsabile dell'evento causativo dell'inquinamento; la recente sentenza del TAR Campania (NA) Sez. VIII n. 1398 del 21 marzo 2012 rappresenta una tangibile prova di come sia attuale la problematica in esame.

Il quadro normativo della messa in sicurezza di emergenza è caratterizzato da un principio, enucleato dalla suddetta sentenza, per cui a causa della immediatezza delle procedure non è possibile attendere l'autorizzazione amministrativa per predisporre le misure volte alla riduzione ed eliminazione dei fattori inquinanti.

L'enunciato predetto, a sua volta, si fonda sulle seguenti disposizioni.

In primo luogo, vengono gli articoli . 242 e 304 comma 2 del testo unico ambientale: il primo prevede che  "al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione dandone, immediata comunicazione  La medesima procedura si applica all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione ", mentre il secondo, sotto un profilo procedurale, afferma che "Quando un danno ambientale non si e' ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l'operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza.L'operatore deve far precedere gli interventi di cui al comma 1 da apposita comunicazione al comune, alla provincia, alla regione, o alla provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonche' al Prefetto della provincia che nelle ventiquattro ore successive informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio".

Viene poi tutto il settore legislativo legato alla disciplina dei rifiuti.

Tali norme, come statuito, dalla sentenza in esame possono essere derogate per fronteggiare eventi di "repentina contaminazione" con il palese scopo di evitare, per quanto possibile, la propagazione della fonte di inquinamento all'interno del sito, ma ciò sull'ovvio presupposto che detti interventi d'urgenza siano attivati nel più beve tempo possibile.

Infatti, in simili casi di urgenza, si crea uno scollamento profondo tra i tempi dell'intervento e quelli delle autorizzazioni amministrative poiché quest'ultime non possono che attenere unicamente a procedimenti ordinari che presentano tempistiche ben diverse da quelle necessarie per il caso di specie e compatibili unicamente con operazioni di bonifica integrale del sito.

In quest'ottica, nasce una disciplina speciale per cui la gestione delle acque di falda emunte nelle operazioni di messa in sicurezza e di bonifica, riconducibile alla normativa sugli scarichi idrici e non a quella sui rifiuti, con la conseguente non applicabilità, per le stesse acque, della disciplina sui rifiuti, che è incompatibile con la prima ai sensi dell'art. 185, comma 1, lett. b) del D.L. vo n. 152 del 2006 (Cfr: T.A.R. Sicilia Catania n. 207 del 29 gennaio 2008); inoltre, è stata anche espressamente ritenuta illegittima la prescrizione dell'amministrazione di ottenere, per la gestione dell'impianto di trattamento delle acque emunte dalla falda, l'autorizzazione ai sensi della normativa rifiuti, dovendosi esse, invece, considerare acque reflue di provenienza industriale (Cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, ordinanza n. 788/2007) e ad analoghe considerazioni sono pervenuti anche il T.A.R. Calabria (sentt. n. 1068 e 1069/2008) secondo cui appare senz'altro illegittima l'assimilazione ai rifiuti delle acque reflue emunte dalla falda ed il T.A.R. Friuli Venezia Giulia (sentt. n. 90/2008 e n. 301/2008) che ha annullato le determinazioni amministrative che qualificavano le acque emunte alla stregua dei rifiuti. 
Alessio Elia
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