01/01/2013 - 01:00

Il Comune non può rilasciare una concessione edilizia in sanatoria per una destinazione d'uso diversa da quella richiesta

Il Comune non può rilasciare una concessione edilizia in sanatoria (condono) per una destinazione d'uso diversa da quella richiesta, a nulla rilevando, ai fini del rilascio o meno della concessione in sanatoria per una determinata destinazione d'uso, la concreta utilizzazione alla quale sia stato adibito l'immobile abusivo prima del condono - Consiglio di Stato Sezione IV Sentenza 9 febbraio 2012, n. 683
In materia edilizia, il Consiglio di Stato, Sezione IV, con la Sentenza 9 febbraio 2012, n. 683 ha affermato il principio secondo il quale "il Comune non può rilasciare una concessione edilizia in sanatoria (condono) per una destinazione d'uso diversa da quella richiesta, a nulla rilevando, ai fini del rilascio o meno della concessione in sanatoria per una determinata destinazione d'uso, la concreta utilizzazione alla quale sia stato adibito l'immobile abusivo prima del condono".

Nel caso di specie, il sig. D. B. proponeva appello nei confronti della sentenza del T.A.R. della CAMPANIA - Sede di NAPOLI- SEZIONE VIII. Veniva richiesto, infatti, l'annullamento del provvedimento recante parere contrario alla richiesta di condono edilizio, del parere della commissione condono e della nota del Responsabile del Servizio Urbanistica prot. 5913 del *** e di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.

Detta domanda di condono del 1° marzo 2004 aveva ad oggetto la costruzione di due corpi di fabbrica su un unico piano (piano terra) composti da un locale deposito ed un appartamento ad uso esclusivo di una villa con destinazione d'uso residenziale, mentre, dai verbali di sopralluogo e dagli accertamenti svolti dal Comune era emerso viceversa che le opere erano state sin dalla loro ultimazione adibite a complesso sportivo nonché a buvette con relativi posti a sedere destinati alle consumazioni e al supporto della piscina, del campo sportivo e del circolo ricreativo e mai destinate a privata abitazione.

In particolare, l'appellante sosteneva:

-  che il presupposto prescritto dall'art. 32, del d.L. 30 settembre 2003 n. 269 convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 concerneva unicamente l'entità dell'ampliamento abusivo e non poteva essere condizionato alla destinazione d'uso impressavi dal privato; la domanda di condono era stata presentata il 1° marzo 2004 e quindi, prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 168/2004 e della (più restrittiva, ed in parte dichiarata incostituzionale) Legge regionale della Campania 18 novembre 2004 n. 10;
- Né le opere per le quali era stata presentata l'istanza di sanatoria rientravano in alcuna delle tipologie descritte ex lege per le quali ne era esclusa la sanabilità;
- Per altro verso, le opere erano state completate in data antecedente al 31 marzo 2003; in data successiva a quest'ultima erano stati unicamente eseguiti modesti interventi di definizione ed accessori (interessanti i marciapiedi, i passetti, gli spogliatoi etc), per cui il fabbricato rientrava certamente nel concetto di "immobile funzionalmente completato" ai sensi dell'art. 31 comma 2 della legge 28 febbraio 1985 n. 47;
- In ogni caso esso avrebbe dovuto conseguire la sanatoria per l'uso residenziale ammissibile, a nulla rilevando l'uso cui era effettivamente adibito.

Contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, il Consiglio di Stato ha, in passato, condivisibilmente affermato che "il Comune non può rilasciare una concessione edilizia in sanatoria (condono) per una destinazione d'uso diversa da quella richiesta, a nulla rilevando, ai fini del rilascio o meno della concessione in sanatoria per una determinata destinazione d'uso, la concreta utilizzazione alla quale sia stato adibito l'immobile abusivo prima del condono; ed invero la sanatoria prevista dalla l. 28 febbraio 1985 n. 47, come si desume dall'art. 31 stessa legge, ha carattere generale (salvo i vincoli di inedificabilità di cui all'art. 33) e non può escludersi per una specifica destinazione d'uso (la quale, se in atto insussistente o non conforme alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, incide soltanto sulla misura dell'oblazione da versare), salvo la mancanza di un'oggettiva conformazione strutturale dell'immobile coerente con l'uso per il quale è stata avanzata domanda."(Consiglio Stato, sez. V, 01 ottobre 2001, n. 5190).

Secondo il Collegio, "posto che venne accertato che l'intero immobile era adibito ad un uso ben diverso da quello residenziale per il quale era stato richiesto il condono, il Comune non avrebbe potuto comportarsi diversamente".

Riguardo alle ulteriori censure investenti la data di ultimazione dell'immobile, il Consiglio di Stato ha sostenuto che queste "muovono da un equivoco di fondo, che l'appellante ha inteso perpetuare con il ricorso in appello. Si fa ivi riferimento ad un concetto di "ultimazione" delle strutture che, se appare adeguato all'immobile destinato ad utilizzo residenziale, non lo è laddove si discorra, sostanzialmente, di una attrezzatura sportiva, ovvero di area destinata a circolo sportivo".

Inoltre, secondo il collegio, "l'appellante oblia peraltro (rectius, è costretto ad obliare, chè altrimenti dovrebbe ammettere che alla data ex lege fissata le opere non erano completate, di guisa che non avrebbe potuto ottenere il condono) la condivisibile interpretazione giurisprudenziale secondo cui

"ai fini dell'ottenimento del condono edilizio ex art. 31 l. 28 febbraio 1985 n. 47, l'ultimazione delle opere edilizie abusive entro la data del 1° ottobre 1983 va intesa nel senso che s'intendono così ultimati solo quegli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e venga completata la copertura , ovvero, qualora si tratti di opere interne o di opere non destinate ad uso residenziale, solo quando esse siano state funzionalmente completate, di talché non sono condonabili quelle opere che, alla data predetta, non abbiano alcun elemento d'identificazione della loro destinazione ad uso abitativo." (Consiglio Stato, sez. V, 03 luglio 1995, n. 1002).

Pertanto secondo il collegio "posto che le opere stesse non erano adibite ad uso residenziale (né lo furono mai), ne discende che non può contestarsi l'affermazione contenuta nel provvedimento gravato in primo grado e relativa al mancato completamento delle stesse, facendo riferimento al dato della avvenuta edificazione della copertura e della tompagnatura, ma a quello di "completamento funzionale": ne discende che anche il secondo caposaldo motivazionale reiettivo, secondo il quale le stesse non erano completate alla data che ex lege integrava condizione legittimante per potere adire la procedura di condono, risulta immune da mende".

In conclusione, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respingeva il ricorso.
Andrea Settembre
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