01/01/2013 - 01:00

Abuso edilizio e potere repressivo esercitato a distanza di tempo

Il potere di applicare misure repressive in materia urbanistica ed edilizia può essere esercitato in ogni tempo, senza necessità, per i relativi provvedimenti, di alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico a disporre una demolizione - Tar Lombardia, Brescia, Sez. 1^ - 16 gennaio 2012, n. 59
In materia di abusivismo edilizio costante giurisprudenza, da ultimo si citano TAR Brescia sez. I 22 febbraio 2010 n°860 e 25 novembre 2011 n°1632, afferma che il potere di applicare misure repressive in materia urbanistica ed edilizia può essere esercitato in ogni tempo, senza necessità, per i relativi provvedimenti, di alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico a disporre una demolizione; in senso poi conforme si sono espresse anche numerose decisioni del C.d.S., ad esempio sez. IV, 15 settembre 2009 , n°5509, che si cita per tutte.

Nel caso di specie, il ricorrente, proprietario in Rovato di un immobile di civile abitazione, si è visto ingiungere la demolizione di un ripostiglio garage realizzato quale pertinenza dell'appartamento in questione e ritenuto abusivo. Secondo la tesi di quest'ultimo, il manufatto abusivo sarebbe anteriore al 1965 e anche se esso risalisse a data posteriore, si tratterebbe comunque di una costruzione edificata in epoca remota, e quindi non potrebbe ordinarsene la demolizione.

Il Tar Lombardia, Brescia, Sez. 1^ - 16 gennaio 2012, n. 59 ha affermato in proposito: "Se anche l'immobile di che trattasi fosse posteriore al 1967, e quindi abusivo e in astratto suscettibile di demolizione, occorrerebbe in proposito adottare una motivazione particolarmente penetrante, trattandosi di un abuso risalente nel tempo. Ammesso e non concesso che di abuso risalente si tratti, dato che la sua precisa epoca di costruzione non risulta dagli atti, valgono infatti le considerazioni di cui subito".

Tuttavia, il presente Collegio non ha ignorato l'esistenza di un orientamento difforme espresso da C.d.S. sez. V 29 maggio 2006 n° 3270, ma anche dalla stessa sez. V nella decisione 4 marzo 2008 n°883, secondo la quale invece "il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso" e "il protrarsi dell'inerzia dell'amministrazione preposta alla vigilanza" potrebbero ingenerare un affidamento del privato, rispetto al quale sussisterebbe un "onere di congrua motivazione" circa il "pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato"; il Tar ritiene però che tale orientamento non vada condiviso.

In proposito, si impone anzitutto il rilievo fatto proprio dalla citata decisione C.d.S. 5509/2009, ovvero che di affidamento si può parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente e in modo compiuto reso nota la propria posizione alla p.a., venga indotto da un provvedimento della stessa a ritenere la legittimità del proprio operato, non già nel caso che rileva, in cui si commette un abuso a tutta insaputa della p.a. medesima.

Inoltre, come osservato dalla stessa Sezione nella pure citata sentenza 860/2010, l'abuso edilizio integra un illecito permanente, rappresentato dalla violazione dell'obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare in conformità a diritto lo stato dei luoghi; di talché ogni provvedimento repressivo dell'amministrazione non è emanato a distanza di tempo da un illecito ormai esaurito, ma interviene su una situazione antigiuridica che perdura sino a quel momento.

Non è poi privo di rilievo anche quanto osserva la già citata TAR Napoli 17441/2010. Infatti, la disciplina del potere di sanzionare gli abusi edilizi del quale la p.a. è titolare deve essere ricostruita anche tenendo conto di un dato storico, quello che in proposito ha visto, negli ultimi trent'anni, un costante ripetersi di misure straordinarie di sanatoria, a partire dalla nota l. 28 febbraio 1985 n°47. Ammettere quindi l'estinzione di un abuso per il mero decorso del tempo significherebbe allora, in primo luogo, costruire una sorta di sanatoria di fatto che opererebbe anche quando l'interessato non abbia ritenuto di avvalersi del corrispondente istituto previsto dalla citata normativa premiale, e quindi senza nemmeno la necessità di versare le oblazioni da essa previste. Per altro verso, poi, è comunque escluso che si possa parlare di affidamento tutelabile nel momento in cui di detta normativa l'interessato non abbia ritenuto di avvalersi.

Infine, si impone un rilievo ulteriore: consentire, così come fa l'interpretazione qui criticata, una sanatoria degli abusi edilizi per effetto del mero decorso di un periodo di tempo "lungo", come affermano C.d.S. 883/2008 e 3270/2006, ovvero "notevole", come afferma ad esempio TAR Campania Napoli sez. VII 2 ottobre 2009 n°5138, ma comunque non determinato con precisione, significa inserire nel sistema un pericoloso elemento di indeterminatezza, perché la repressione di un dato abuso nel caso concreto sarebbe rimessa all'apprezzamento del singolo funzionario, oltretutto pressoché impossibile da sindacare nella presente sede giurisdizionale, con intuibile possibilità di strumentalizzazioni.
Andrea Settembre
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