01/01/2013 - 01:00

Rifiuti e sottoprodotti: definizione e analisi

Tante controversie giudiziarie e tante scelte di business management sono profondamente condizionate dalla definizione, rispetto alla realtà produttiva, di rifiuto e sottoprodotto.
Assume una sempre maggiore importanza la definizione di "sottoprodotto"; tale operazione è complementare rispetto alla individuazione della categoria dei "rifiuti" contenuta nell'articolo 183 lettera a) del Testo Unico Ambientale (d.lvo n.152/06) e cioè: "qualsiasi sostanza o oggetto di cui il detentore si disfi o abbia intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi".

Rifiuto e sottoprodotto rappresentano come si vedrà le due categorie attraverso le quali qualificare un residuo di produzione (un esempio palese della tensione su questo problema è costituito dalla qualificazione delle vinacce esauste affrontata dalla ordinanza della Corte Costituzionale n. 276/2011 del 21/10/2011) ; sono tanto importanti da applicarsi anche al residuo che può essere reimpiegato parzialmente: ciò determina da un lato la qualificazione di "sottoprodotto" alla parte di bene o oggetto rispondente alle caratteristiche di seguito esposte dall'altro l'applicazione della disciplina dei rifiuti per la rimanente parte dello stesso bene.

Il sottoprodotto, secondo gli articoli 184 bis e 183 lettera qq) del Testo Unico Ambientale è "qualsiasi sostanza o oggetto che soddisfa le condizioni di cui all'articolo 184 bis comma 1 o che rispetta i criteri stabiliti in base all'articolo 184 bis comma 2".

E' ora necessario descrivere i criteri cui le norme suddette fanno riferimento, tenendo presente che questi devono verificarsi contemporaneamente.

In primo luogo, è necessario che la sostanza o l'oggetto devono trarre origine da un processo di produzione di cui costituiscono parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione.

E' poi opportuno che la sostanza o l'oggetto in esame vengano utilizzati nel corso del medesimo o di un successivo processo di produzione e/o di utilizzazione da parte del produttore o di terzi.

Contestualmente il bene, di cui si intende esaminare la qualifica di sottoprodotto, può essere impiegato senza un ulteriore trattamento che sia diverso dalla normale pratica industriale (si ricordi ad esempio il Regolamento (UE) n. 142/2011 della Commissione, del 25 febbraio 2011, recante disposizioni di applicazione del regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano, e della direttiva 97/78/CE del Consiglio per quanto riguarda taluni campioni e articoli non sottoposti a controlli veterinari alla frontiera).

Infine, deve ricorrere la condizione che l'utilizzo della sostanza o oggetto sia legale e dotata dei requisiti di sicurezza per quanto riguarda la tutela della salute umana e dell'ambiente.

E' necessario che l'incapacità di ledere i predetti beni sia presente e riscontrabile tanto al momento della produzione quanto in quello della utilizzazione.

Si tratta di una previsione di carattere generico che verrà poi integrata da disposizioni più precise sia in termini quantitativi sia qualitativi.

Partendo dall'esame di queste condizioni, è facile comprendere come il confine tra sottoprodotto e rifiuto sia veramente labile: un residuo di produzione può rientrare nella seconda categoria se non ricorre contestualmente quanto esposto; ciò è, infatti, pacifico in giurisprudenza (si veda la sentenza della terza sezione della Corte di Cassazione n.47085 del 19.12.2008).

Infatti, proprio partendo dalla attività dei giudici ed in particolare da quelli comunitari il fatto che una sostanza o un oggetto siano suscettibili di riutilizzazione economica non esclude necessariamente la loro natura di rifiuti e parimenti anche se sono inseriti in un processo di produzione industriale non li esime dalla, eventuale e possibile, qualificazione di rifiuti.

Nonostante ancora la differenziazione tra rifiuti e sottoprodotti sia un settore ricco di problematiche di difficile soluzione, molto si deve al decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, recante "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive". 
Alessio Elia
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