01/01/2013 - 01:00

Il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d'acqua

Il divieto di costruzione previsto dall'art. 96, lett. f), t.u. 25.07.1904 n. 523, ha carattere legale, assoluto e inderogabile; la deroga contenuta nella lettera F del citato art. 96, per cui la distanza minima si applica in mancanza di "discipline vigenti nelle diverse località" è di carattere eccezionale (cfr. T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 1 agosto 2011, n. 1231).
Il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d'acqua, previsto dall'art. 96, lett. f), t.u. 25.07.1904 n. 523, ha carattere legale, assoluto e inderogabile, ed è diretto al fine di assicurare non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche (e soprattutto) il libero deflusso delle acque (cfr. Cassazione civile, sez. un., 30.07.2009, n. 17784); esso è cioè teso a garantire le normali operazioni di ripulitura/manutenzione e a impedire le esondazioni delle acque.

La deroga contenuta nella lettera F del citato art. 96, per cui la distanza minima si applica in mancanza di "discipline vigenti nelle diverse località" è di carattere eccezionale. Secondo la Suprema Corte, ciò significa che la normativa locale (espressa anche mediante uno strumento urbanistico), per prevalere sulla norma generale, deve avere carattere specifico (cfr. Cassazione civile, sez. un., 18.07.2008, n. 19813). Di conseguenza, solo se lo scopo dell'attività costruttiva lungo il corso d'acqua è quello specifico di salvaguardarne il regime idraulico la disciplina locale assume valenza derogatoria della norma statale, in quanto meglio ne attua l'interesse pubblico perseguito (cfr. TAR Lombardia-Brescia, sentenza 13.06.2007 n. 540).

Nel caso di specie la S.r.l. O.S.C., presentava ricorso al T.A.R. della Lombardia, esponendo di aver realizzato, in assenza di concessione edilizia, due depositi coperti (insistenti su di un muro di contenimento, previamente autorizzato dal Genio civile di Brescia il 18.9.1989); Il Genio Civile, poi, con decisione del 25.07.1996, aveva pronunciato parere sfavorevole, sotto il profilo idraulico. Inoltre, la stessa società ricorrente, aveva presentato, al Comune di Cellatica, domanda di condono edilizio per gli stessi, al quale aveva ricevuto un provvedimento di diniego. La S.r.l. O.S.C. impugnava tali provvedimenti con due diversi ricorsi.

Tra le censure dedotte dalla società ricorrente vi sono, fra le altre, quelle relative all'invalidità del diniego di concessione edilizia in sanatoria derivata dall'illegittimità del parere 25.7.1996 del Genio civile; violazione dell'art. 33 lett. b) l. 28.2.1985, n. 47, perché difetterebbe il carattere di assolutezza del vincolo di inedificabilità, non prevedendo il PRG di Cellatica apposite fasce di rispetto né distanze minime dal torrente Mandolossa per l'edificazione; eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni dell'Amministrazione comunale (rilascio di precedente concessione edilizia che aveva derogato, per lo stabilimento industriale, alla distanza di 10 metri) e per contraddittorietà interna tra diniego di concessione (che imporrebbe il rispetto della distanza di 10 metri dal torrente) e ordine di demolizione (che imporrebbe, di fatto, una fascia di rispetto di m. 5).

Il TAR, nella sua decisione, ha affermato che, considerato che nel caso di specie e secondo quanto stesso dedotto dalla stessa OSC nel ricorso n. 1621/96, nel PRG di Cellatica difetta una siffatta e specifica disciplina di natura idraulica, devono considerarsi legittimi tanto il parere contrario del Genio civile, quanto il diniego di sanatoria opposto dal Sindaco di Cellatica.

Pertanto, nessuna opera realizzata in violazione della norma dell'art. 96, lett. f), T.U. n. 523/1904 può essere sanata e che è legittimo il diniego di rilascio di concessione edilizia in sanatoria relativamente ad un fabbricato realizzato all'interno della c.d. fascia di servitù idraulica (art. 33 l. 28.02.1985 n. 47) atteso che, nell'ipotesi di costruzione abusiva realizzata in contrasto con tale divieto, trova applicazione l'art. 33 l. 28.02.1985 n. 47 sul condono edilizio, il quale contempla i vincoli di inedificabilità, includendo in tale ambito i casi in cui le norme vietino in modo assoluto di edificare in determinate aree (da ultimo: TAR Roma-Latina, Sez. I, sentenza 15.12.2010 n. 1981).

Peraltro, sussiste anche una radicale diversità tra le opere prese a raffronto, essendo quelle autorizzate di carattere "difensivo" (muro di contenimento) e dunque autorizzabili ex artt. 58-95 R.D. 523/1904 (come esattamente osservato dalla Regione sin dalla memoria di costituzione); mentre quelle di cui è causa consistono nella realizzazione di edifici funzionali all'attività della Società ricorrente (depositi).- TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 1 agosto 2011, n. 1231
Andrea Settembre
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