01/01/2013 - 01:00

Disciplina della competenza in materia di concessioni di acque minerali e termali

Il principio di temporaneità delle concessioni di derivazione e la fissazione del loro limite massimo ordinario di durata in trenta anni (salvo specifiche ed espresse eccezioni), senza alcuna proroga per le concessioni perpetue in atto, rappresentano livelli adeguati e non riducibili di tutela ambientale individuati dal legislatore statale e che fungono da limite alla legislazione regionale (Corte Costituzionale, Sentenza n. 1 del14 gennaio 2010).
In materia di "acque minerali e termali", il riparto delle competenze tra Stato e Regioni deriva dalla distinzione tra uso delle acque minerali e termali, di competenza regionale residuale, e tutela ambientale delle stesse acque, che è di competenza esclusiva statale, ex art. art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
Detta competenza statale è disciplinata dall'art. 97 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ai sensi del quale le concessioni di acque minerali e termali, e cioè i provvedimenti amministrativi che riguardano la loro utilizzazione, devono osservare i limiti di tutela ambientale posti dal Piano di tutela delle acque, in modo che non sia pregiudicato il patrimonio idrico, secondo quanto dispone il comma 3 del citato art. 144 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e sia assicurato l'equilibrio del bilancio idrico, come disciplinato dall'art. 145 ed il comma 6 dell'art. 96 dello stesso decreto legislativo.
Si tratta di un evidente concorso di competenze sullo stesso bene (le acque minerali e termali), competenze che riguardano, per quanto attiene alle Regioni, l'utilizzazione del bene e, per quanto attiene allo Stato, la tutela o conservazione del bene stesso (da ultimo: sentenze nn. 225 del 2009, 105 del 2008 e 168 del 2008).
L'impugnazione di provvedimenti amministrativi che solo indirettamente hanno a che fare con l'acqua, rientra pacificamente nella giurisdizione del giudice amministrativo (fattispecie relativa all'autorizzazione all'esercizio di acquacoltura, che soltanto si esercita in un bacino imbrifero e non ha, invece, ad oggetto l'acqua in sé).
La Corte Costituzionale con sentenza n. 1 del14 gennaio 2010 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 44, comma 8, della legge della Regione Campania n. 8 del 29 luglio 2008 (Disciplina della ricerca ed utilizzazione delle acque minerali e termali, delle risorse geotermiche e delle acque di sorgente), la quale fissava la durata delle concessioni che all'atto di entrata in vigore della legge regionale n. 8 del 2008 erano "perpetue" in cinquanta anni e non già in trenta anni, secondo quanto previsto dalla normativa statale di cui all'art. 96, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006.
Il principio di temporaneità delle concessioni di derivazione e la fissazione del loro limite massimo ordinario di durata in trenta anni (salvo specifiche ed espresse eccezioni), senza alcuna proroga per le concessioni perpetue in atto, rappresentano livelli adeguati e non riducibili di tutela ambientale individuati dal legislatore statale e che fungono da limite alla legislazione regionale (Corte Costituzionale, Sentenza n. 1 del14 gennaio 2010).
Una dilatazione eccessiva del termine di durata trentennale si scontra altresì con la necessità, in sede di rinnovo della concessione, di procedere alla valutazione sia di impatto ambientale (VIA), sia di incidenza, il cui riferimento alla competenza esclusiva dello Stato, di cui alla lettera s) del secondo comma dell'art. 117 Cost., è stata di recente ribadita dalla della Corte Costituzionale n.1 del 2010 e n. 225 del 2009.
Scarica la sentenza CORTE COSTITUZIONALE - 14/01/2010, n.1
Andrea Settembre
autore