01/01/2013 - 01:00

TAR TOSCANA, Sez. II - 6 novembre 2009, n. 1586

Rifiuti prodotti dalle navi - Direttiva n. 2000/59/CE - D.lgs. n. 182/2003 - Costi di raccolta e gestione degli impianti di portuali di raccolta - Sistema tariffario - Obbligo di pagamento di una quota a carico di tutte le navi, a prescindere dal conferimento - Ratio della scelta legislativa - Disincentivazione degli scarichi in mare - Interpretazione conforme della normativa nazionale.
La normativa comunitaria (più specificamente, l'art. 9 della direttiva n. 2000/59/CE, di cui il d.lgs. n. 182/2003 costituisce attuazione) detta un sistema tariffario, per i rifiuti prodotti dalle navi, articolato su due livelli: un primo livello, tramite cui i costi degli impianti portuali di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti vengono posti a carico, in misura significativa, di tutte le navi che approdano nei porti dello Stato membro, a prescindere dall'effettivo uso degli impianti (art. 9, comma 2, lett. a), della direttiva); un secondo livello, con il quale la parte dei costi non coperta dal primo livello è coperta "in base ai quantitativi e ai tipi di rifiuti prodotti dalla navi effettivamente conferiti dalle navi". La ratio di una simile scelta si coglie nel "considerando" n. 14 della direttiva de qua, dove - ferma rimanendo la messa a carico delle navi del costo degli impianti portuali di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti, in base al principio "chi inquina, paga" - al regime tariffario è affidato l'obiettivo di incentivare il conferimento dei rifiuti nei porti, invece dello scarico in mare: obiettivo che è possibile conseguire "prevedendo che tutte le navi contribuiscano ai costi di raccolta e di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi al fine di ridurre gli incentivi economici agli scarichi in mare". Che ciò si traduca in un obbligo di pagamento almeno di una quota parte della tariffa a carico di tutte le navi, a prescindere dal conferimento, si deduce dall'ulteriore passaggio in cui il "considerando" in discorso rinvia agli Stati membri la facoltà di stabilire "se e in quale proporzione i contributi applicabili ai quantitativi di rifiuti effettivamente conferiti dalle navi debbano essere inclusi nei sistemi di recupero dei costi per l'uso degli impianti portuali di raccolta": il che indica la scelta del Legislatore comunitario di attribuire all'effettivo conferimento dei rifiuti un ruolo al più concorrente, e non già esclusivo, nella determinazione della tariffa. In altri termini, la scelta del Legislatore comunitario di porre a carico delle navi il pagamento della quota fissa della tariffa anche ove non conferiscano i rifiuti ha un obiettivo preciso, che è quello di disincentivare sul piano economico gli scarichi in mare, nell'interesse della tutela ambientale: una finalità simile sarebbe, invece, frustrata se l'intera tariffa, e pertanto anche la quota fissa, dovesse essere pagata solamente dalle navi che conferiscono i rifiuti: basterebbe infatti evitare il conferimento per non dover pagare alcuna somma. Ciò non toglie che per talune navi occorra prevedere un regime differenziato e meno gravoso e di tale necessità si mostra ben consapevole il Legislatore comunitario, lì dove, al "considerando" n. 16 della direttiva, riconosce la possibilità, per le navi che svolgono servizio regolare con approdi frequenti e regolari, di esenzione "da taluni obblighi" della medesima (tra cui l'art. 9 della direttiva indica anche quello dell'art. 8, cioè quello del pagamento della tariffa), al fine di evitare un onere eccessivo per le parti interessate e sempreché sia dimostrato che esistono disposizioni atte a garantire il conferimento dei rifiuti ed il pagamento dei relativi contributi. In forza del criterio di interpretazione conforme, la normativa nazionale - in particolare, quella di cui al d.lgs. n. 182/2003 - va interpretata alla luce dei richiamati principi.
L'Allegato IV, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 182/2003 ha individuato solo la soglia minima della quota fissa della tariffa e non anche quella massima, lasciando alla valutazione discrezionale dell'Amministrazione la determinazione della percentuale che rende congruo il rapporto tra quota fissa della tariffa e costi complessivi, con una scelta che, in specie per le Autorità Portuali, si rivela coerente con i margini di autonomia (su cui T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 12 giugno 2008, n. 797; id., 7 marzo 2007, n. 739) e con i poteri a queste attribuiti dall'ordinamento; non ha provocato distorsioni della concorrenza, la quale, anzi, viene incentivata dalla previsione solo di una soglia minima, potendo la concorrenza stessa dispiegarsi in misura soddisfacente tramite l'ampia possibilità, per i porti, di diversificare l'entità della quota fissa della tariffa al di sopra della soglia minima; e, in perfetta coerenza con la normativa comunitaria (cfr. art. 8, comma 1, lett. a), della direttiva n. 2000/59/CE), ha stabilito che la quota fissa della tariffa sia rapportata a tutti i costi degli impianti portuali di raccolta dei rifiuti, e, pertanto, non solo ai costi di investimento, ma anche a quelli di trattamento e smaltimento dei rifiuti. Sotto quest'ultimo profilo, vi è un evidente incentivo affinché le navi conferiscano effettivamente i rifiuti, implicito nel rischio di pagare, altrimenti, anche una quota parte dello smaltimento di rifiuti altrui, ma non si può dire che ciò concretizzi un'illegittimità, giacché il tutto è finalizzato all'obiettivo di disincentivare lo scarico in mare, nell'interesse della tutela ambientale.
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Riccardo Bandello
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