17/07/2017 - 16:40
Riscaldamento globale: esplosione di meduse nel Mediterraneo
Uno studio dell'università del Salento ha rilevato che nel Mediterraneo gli avvistamenti di meduse si sono duplicati nel giro di 6 anni. Questa esplosione è dovuta ai cambiamenti cliamtici.
Un progetto dell' università del Salento in collaborazione con Marevivo chiamato "Occhio alla medusa" attesta che le meduse nel nostro Mediterraneo sembrano vivere molto bene visto che dal 2009 al 2015 sono aumentati a dismisura gli avvistamenti sopratutto lungo le coste italiane. La causa del proliferare delle meduse è da ricercare nei cambiamenti climatici e nell'adattamento di queste agli ecosistemi dei nostri mari. Le meduse che vagano nei mari del Mediterraneo sono di diversi tipi e dalle più variegate, colorate, pugenti, urticanti, gelatinose. I dati emersi dalla ricerca dell'università, portata avanti anche grazie all'aiuto dei cittadini, parlano di una vera e propria 'esplosione' di meduse. Si parla di circa 300 avvistamenti di meduse nel 2009 e di 3.000 nel 2015, con i dati sulla proliferazione passati da 140 a oltre 1.200 esemplari.
Il riscaldamento globale è il responsabile che porta specie tropicali nel Mediterraneo, lo sfruttamento eccessivo degli stock ittici (in sostanza si pescano troppi pesci legati all'equilibrio della catena alimentare) e di base un adattamento che consente l'avvio del ciclo biologico in altri ecosistemi. Ferdinando Boero, professore di zoologia all'università del Salento, associato al Cnr-Ismar spiega: "In tutti i nostri mari può esserci la presenza di meduse che abitano gli oceani da sempre, da prima dell'evoluzione di tutti gli altri abitanti attuali. I più pericolosi siamo noi, flagello degli ecosistemi; non le meduse. Loro ci avvertono che non non ci stiamo comportando come dovremmo nei confronti degli ecosistemi che, con il loro funzionamento, permettono la nostra sopravvivenza".
Le coste italiane sono state colonizzate dalla specie 'pelagia', molto urticante, la si trova in acque profonde, soprattutto nel Tirreno; la 'velella', la barchetta di San Pietro, in acque profonde, in particolare nel mar Ligure; oppure 'aurelia' che si trova prevalentemente nel nord Adriatico. Quest'anno, forse a causa di cambiamenti di correnti, c'è stato un aumento improvviso di 'rhopilema nomadica', una medusa abbastanza grossa e pungente, con tanti esemplari nelle acque dell'Egitto che normalmente andava verso Israele. Numerose sono gli esemplari di 'rhizostoma' bianche col bordino blu e verso fine mese dovrebbe arrivare 'cotylorhiza'.
Il riscaldamento globale è il responsabile che porta specie tropicali nel Mediterraneo, lo sfruttamento eccessivo degli stock ittici (in sostanza si pescano troppi pesci legati all'equilibrio della catena alimentare) e di base un adattamento che consente l'avvio del ciclo biologico in altri ecosistemi. Ferdinando Boero, professore di zoologia all'università del Salento, associato al Cnr-Ismar spiega: "In tutti i nostri mari può esserci la presenza di meduse che abitano gli oceani da sempre, da prima dell'evoluzione di tutti gli altri abitanti attuali. I più pericolosi siamo noi, flagello degli ecosistemi; non le meduse. Loro ci avvertono che non non ci stiamo comportando come dovremmo nei confronti degli ecosistemi che, con il loro funzionamento, permettono la nostra sopravvivenza".
Le coste italiane sono state colonizzate dalla specie 'pelagia', molto urticante, la si trova in acque profonde, soprattutto nel Tirreno; la 'velella', la barchetta di San Pietro, in acque profonde, in particolare nel mar Ligure; oppure 'aurelia' che si trova prevalentemente nel nord Adriatico. Quest'anno, forse a causa di cambiamenti di correnti, c'è stato un aumento improvviso di 'rhopilema nomadica', una medusa abbastanza grossa e pungente, con tanti esemplari nelle acque dell'Egitto che normalmente andava verso Israele. Numerose sono gli esemplari di 'rhizostoma' bianche col bordino blu e verso fine mese dovrebbe arrivare 'cotylorhiza'.

Marilisa Romagno
autore
Articoli correlati