18/06/2014 - 19:37

Csr: nel 2013 il 73% delle aziende ha scelto la responsabilità sociale di impresa. Investiti 920 mln

Dal 2011 a oggi la consapevolezza dell'importanza della Corporate Social Responsibility (Csr) si è sempre più diffusa tra le aziende italiane permeandone la loro stessa identità. E' infatti aumentato il numero delle nostre imprese impegnate nella responsabilità sociale (CSR). Le nuove strategie aziendali sono incentrate sul coinvolgimento dei dipendenti: lotta agli sprechi, ottimizzazione dei consumienergetici e ciclo dei rifiuti.
Sono questi alcuni dei dati che emergono dal VI rapporto di indagine sull'impegno sociale delle aziende in Italia, eseguito nell'aprile 2014 dall'Osservatorio Socialis di Errepi Comunicazione in partnership con l'istituto IXE', presentato questa mattina nella sede del ministero dello Sviluppo economico
 
Dall'indagine emerge chiaramente la crescita, rispetto al 2011, anno di riferimento del precedente rapporto, delle imprese (con più di 80 dipendenti, quindi medio-grandi) che dichiarano di impegnarsi nella responsabilità sociale d'impresa. Dal 64% si è infatti passati al 73%.
 
Nel frattempo però si rivela una diminuzione del budget investito nella Csr: la cifra media investita nel 2013 è infatti inferiore del 25% a quella del 2011. Ma per il 2014 il budget medio torna a crescere, con un aumento del 7% rispetto al 2013: da 158 mila euro (media 2013) a 169mila euro (media 2014). 
 
Anche nel 2013 l'importo totale delle risorse destinate in CSR a livello nazionale si è comunque attestato intorno al miliardo di euro (cifra di riferimento del precedente rapporto): 920 milioni di euro per l'esattezza. I settori più attivi nella CSR sono il finance, il commercio, il farmaceutico e il manifatturiero. Alta sensibilità e attenzione si riscontrano anche nel settore tecnologico/informatico.
 
Ma il cambiamento più rilevante rispetto all'ultimo rapporto si registra nella scelta delle strategie di Csr: se infatti prima era più diffusa la dimensione esterna della responsabilità sociale, quella collegata ad esempio a donazioni umanitarie, ora e per il futuro le imprese puntano sull'ambiente. Il 54% del campione dichiara infatti di aver attivato misure cogenti di contenimento degli sprechi di carta, acqua, illuminazione ed avanzi nelle mense, seguono investimenti per migliorare sul risparmio energetico (36%). E ancora troviamo l'introduzione o il potenziamento della raccolta differenziata (33%), nuove tecnologie per limitare l'inquinamento e migliorare lo smaltimento dei rifiuti (33%). In netto calo le donazioni in denaro (solo il 26% dichiara di organizzarle all'interno della propria impresa) e attività filantropiche (24%).
 
Quanto all'area prescelta per le proprie attività di responsabilità sociale, a parte l'interno dell'azienda (scelto dalla gran parte delle aziende) le altre attività di CSR si concentrano in prima battuta sul territorio locale dell'azienda (42%). Dunque con la Csr le aziende cercano anche un miglioramento nei propri "rapporti di vicinato". La prima motivazione a fare responsabilità sociale è "reputazionale" segno che è stata colta la centralità della responsabilità sociale nella costruzione del posizionamento dell'immagine aziendale (47%). In seconda battuta viene segnalato l'effetto sul business (27%) e sul clima interno (27%). 
 
Nonostante la spiccata motivazione verso il rafforzamento della corporate reputation, il primo vantaggio realmente riconosciuto dalle imprese che hanno fatto Csr è nel miglioramento del clima interno e nel coinvolgimento dei dipendenti: a pensarla così il 46% delle aziende; solo il 36% registra invece il verificarsi dell'effettivo ritorno reputazionale prospettato all'inizio. Per il futuro la direzione d'investimento complessivamente più referenziata è quella della sostenibilità ambientale: riduzione degli sprechi in primis (64%), seguita dalla riduzione dell'inquinamento (51%). A seguire, ad una certa distanza percentuale, le pari opportunità (25%) e l'integrazione sociale (21%).
 
"La crisi che stiamo attraversandoci ha insegnato che è necessario ripensare il nostro modello di sviluppo" ha detto Maria Ludovica Agrò, dirigente delle Politiche industriali e competitività del Ministero dello Sviluppo Economico nel corso del suo intervento all'incontro di presentazione del rapporto. "Dobbiamo trovare una chiave sostenibile del nostro sviluppo e la Csr è quella giusta" ha continuato la Agrò sottolineando l'impegno del suo ministero su questo fronte e annunciando la creazione di una delega ad hoc per responsabilità sociale d'impresa. "E' la prima volta che succede - ha precisato il dirigente - e anche se ancora non è stato ufficializzato nessun nome la decisione è stata presa".
 
La rappresentante del Mise ha poi sottolineato come dal rapporto emerga come le azioni di Csr si rivolgano soprattutto all'interno dell'azienda, "il che non vuol dire negare l'importanza del profitto ma ascriverlo all'interno di un concetto ampio di sostenibilità ambientale, economica e sociale" ha detto la Agrò. 
 
Nel corso della tavola rotonda seguita alla presentazione del rapporto e intitolata "Come e perché fare CSR insieme", sono intervenuti, tra gli altri Marta Leonori e Paolo Masini assessori rispettivamente alle Attività produttive e ai Lavori Pubblici e Periferie del Comune di Roma che hanno ricordato le azioni messe in essere dai rispettivi assessorati a favore della responsabilità sociale. E ancora, Adriano Coni, responsabile segretariato sociale RAI, che ha annunciato il varo ormai prossimo del primo bilancio sociale della Rai e Nicoletta Luppi, ad Sanofi Pasteur MSD che ha evidenziato l'importanza della responsabilità sociale nel settore delle sanità e farmaceutico in particolare. La Luppi si è sofffermata sull'esempio virtuoso rappresentato della sua multinazionale, attiva nel settore dei vaccini, e da sempre attenta alla sostenibilità, in particolare al welfare aziendale. Per essere realmente responsabili e sostenibili le aziende devono "essere generose e puntare sul valore e sulla qualità delle persone" ha concluso la Luppi riassumendo in due parole i concetti chiave della sostenibilità sociale.
Rosamaria Freda
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