02/05/2014 - 17:50

Sviluppo sostenibile: limiti e potenzialità della strategia Ue 2020

Per mettere in atto una reale conversione verso una economia sostenibile, cioè a bassa produzione di carbonio, così come previsto dagli obiettivi dell'Europa 2020, è necessario che ci sia il consenso di tutte le istituzioni coinvolte e che vengano previsti incentivi ed ammortizzatori (sociali ed economici) per tutti gli Stati coinvolti. E' quanto ha sostenuto Alessandro Giordani, capo del settore della comunicazione della commissione Europea in Italia, intervenuto all'incontro 'Lo sviluppo sostenibile e le politiche Ue' organizzato a Roma dall'associazione Team Master Gem.
Lo sviluppo della sostenibilità è infatti uno degli obiettivi della cosiddetta Europa 2020 che prevede nel dettaglio la riduzione delle emissioni di gas serra del 20% rispetto al 1990, il raggiungimento del 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili e l'aumento del 20% dell'efficienza energetica. Ma non è tutto. Nella revisione del pacchetto 'Clima-Energia' l'Ue ha rivisto al rialzo il target di riduzione delle emissioni nocive (CO2) arrivando fino all'obiettivo di una diminuzione del 40% e allungandone l'arco temporale di un decennio, cioè arrivando fino al 2030, ha ricordato Giordani.
 
Si tratta di un obiettivo ambizioso che ha portato alla nascita di una lunga e complessa discussione all'interno della stessa commissione Ue che ha visto schierarsi da una parte gli interessi del comparto industriale comunitario (che per poter raggiungere questi obiettivi dovrebbe puntare alla riconversione green dei propri processi produttivi) dall'altra 'gli ambientalisti' che concepiscono lo sviluppo solo se legato alla tutela dell'ambiente. La riconversione green delle industrie è una scelta molto rischiosa - ha precisato Giordani - perché prevede un aumento notevole dei costi che spesso induce le aziende - per abbattere i costi - a compiere scelte di delocalizzazione (e di conseguente diminuzione dell'occupazione). E' un rischio che la commissione Ue ha ben chiaro, ha detto Giordano, ma che ha deciso di correre perché ritiene 'la sostenibilità un volano di crescita fondamentale'. 
 
A proposito dei rischi connessi a questo tipo di scelte, Giordani ha citato il caso dell'Alcoa, la multinazionale dell'alluminio che ha sede a Portovesme, in Sardegna. L'azienda aveva stretto un patto con il governo che si traduceva in uno sconto sul costo dell'energia ad una condizione: continuare a produrre in Italia. L'Ue si è però schierata contro questa decisione ritenendola una sorta di 'aiuto di Stato illegale' e ha intimato alla multinazionale di restituire i benefici accumulati. Il risultato? Ovviamente l'azienda ha deciso di chiudere gli stabilimenti italiani con tutte le conseguenze occupazionali che una scelta del genere porta con sé. Questa situazione, ha continuato Giordani, è l'esempio evidente di come la riconversione verso il green, auspicata dall'Ue, sia un'iniziativa nobilissima e lungimirante ma che rischia di creare importanti conseguenze economiche e sociali se non improntata a una visione unitaria di tutto il sistema economico. 
 
Un momento fondamentale di questo cammino verso il green saranno ovviamente le prossime elezioni europee del 25 maggio. Dai risultati di questa consultazione elettorale capiremo, ha concluso Giordani, se nei prossimi anni saranno tenuti in maggiore conto gli interessi dell'ambiente oppure del sistema produttivo industriale. Oppure - come sarebbe auspicabile - di entrambi. 
 
Nel corso dell'incontro anche Paolo Soprano, della direzione generale per lo sviluppo sostenibile del ministero dell'Ambiente, è tornato sul concetto di economia verde. La green economy, ha detto Soprano, si sostanzia proprio nel passaggio dal vecchio modello industriale (inteso in senso lato) in uno finalizzato alla produzione attraverso la riduzione dell'uso delle risorse interne. Si tratta dunque di rovesciare il paradigma della produzione individuando il valore aggiunto che viene creato adottando un nuovo e virtuoso meccanismo che porta sì alla creazione di profitti ed investimenti ma anche alla riduzione di CO2 nell'atmosfera e del consumo delle materie prime interne. 
 
Ciò che manca dunque all'Ue è proprio una visione unitaria dell'efficienza nell'uso delle risorse. Solo così, ha proseguito Soprano, ci potrà essere un vero e reale sviluppo sostenibile. Su questa linea si sta muovendo anche il ministero dell'Ambiente che nella strategia finalizzata al raggiungimento degli obiettivi comunitari per il 2020 ha inserito anche la creazione di un indicatore sull'uso efficiente delle risorse che porti quindi a un miglioramento complessivo delle perfomance del sistema Paese. 
 
Rosamaria Freda
 
Rosamaria Freda
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