01/01/2013 - 01:00

Green economy: l'etichetta per il clima

Alla presenza del Ministro Corrado Clini. Legambiente presenta l'esperienza pioniera dell'etichetta PER IL CLIMA: centinaia di aziende indicano un percorso di innovazione e green economy. I consumatori hanno il potere reale di influenzare il mercato e le scelte produttive.
Questa consapevolezza è molto cresciuta anche in Italia negli ultimi anni e lo testimonia con evidenza il successo del convegno 'L'impronta ambientale dei prodotti', organizzato oggi a Milano da Legambiente in collaborazione con IEFE-Bocconi e Ambiente Italia e con il patrocinio del Ministero dell'Ambiente e della Rete Cartesio, che ha visto oltre 600 partecipanti e interessanti contenuti di livello internazionale. La giornata di lavoro ha messo a confronto alcune delle esperienze più significative di misurazione degli impatti ambientali attraverso le impronte di CO2, di acqua e di risorse dei prodotti. In un momento di stallo dei negoziati internazionali per il controllo delle emissioni inquinanti, il convegno ha posto al centro della discussione contenuti della strategia europea su un uso più efficiente delle risorse e in particolare le etichette ambientali di prodotto quali strumenti per fare in modo che la scelta del consumatore possa basarsi sia sul prezzo del prodotto che sul reale costo ambientale. L'informazione al consumatore insieme ai percorsi di sostenibilità e innovazione delle aziende sono, infatti, elementi essenziali delle politiche europee. Molte le esperienze maturate in Europa. Nel corso del convegno, Michele Galatola, Dg Ambiente della Commissione Europea, ha esposto le caratteristiche della nuova Pef (Product Environmental Footoprint) quale strumento strategico per le produzioni e il consumo sostenibile nell'UE; Sylvain Chevassus del Mistero per lo Sviluppo sostenibile francese ha riportato l'approccio d'Oltralpe all'etichettatura dei prodotti e Silvana Centty di Carbon Trust UK quello della Carbon Footprint del Regno Unito, Martina Hauser, Coordinatore della Task Force per la valutazione dell'impronta ambientale del Ministero dell'Ambiente, ha inquadrato il percorso italiano. Dalle footprint consolidatesi in alcuni Paesi UE, alla recentissima metodologia PEF della Commissione Europea, Fabio Iraldo, Iefe - Università Bocconi ha descritto i trend generali dell'impronta ambientale dei prodotti descrivendo strumenti ed opportunità del mercato.

L'evoluzione dello scenario italiano è stata approfondita attraverso le esperienze sperimentate con successo da Legambiente (Etichetta PER IL CLIMA www.viviconstile.org) relative ad etichette fondate sull'analisi delle emissioni dei gas climalteranti di prodotti e servizi, sulle EPD (Environmental Product Declaration) e, inoltre, su un progetto promosso dal Ministero dell'Ambiente per la valutazione dell'impronta ambientale dei sistemi e dei modelli di produzione e, infine, sul QUAM che definisce la qualità ambientale dei prodotti made in Italy su cluster del territorio italiano. Studi ed esperienze concrete oggi consentono di vedere l'impronta climatica di molti prodotti e servizi. "Scopriamo così - dichiara Andrea Poggio, presidente della Fondazione Legambiente Innovazione - che il menu vegetariano proposto dall'Agriturismo Il Campagnino costa all'ambiente 1.060 grammi di CO2, mentre il menu di carne ben 8.350 grammi, otto volte di più. Di fianco al prezzo, potrebbe dunque comparire su qualsiasi prodotto, anche il costo ambientale. E' quello che ha fatto Legambiente con l'istituto Ambiente Italia per una cinquantina di prodotti di 8 aziende, scoprendo così le emissioni di CO2 di diversi articoli, tra cui lampadine, passate di pomodoro, stampa di carta, meloni, adesivi per parquet, biscotti e imballaggi. Con queste aziende, inoltre, siamo stati pionieri della prima comunicazione ambientale sul prodotto rivolta al consumatore finale".

Dal convegno è emerso che la responsabilità ambientale dell'impresa non può essere confinata ai processi di produzione. Si consolida così un approccio imperniato sulla necessità di trasmettere l'impegno ambientale a tutta la "catena del valore" relativa al prodotto o al servizio che viene offerto sul mercato da un'organizzazione: dai fornitori ai clienti, alla logistica, al consumatore finale. Infatti gli impatti ambientali considerati maggiormente significativi non sono tanto quelli diretti, limitati alla produzione, bensì quelli indiretti, generati a partire dalla produzione/estrazione delle materie prime utilizzate, alla logistica e distribuzione, al consumo e al fine vita di un prodotto o alla possibilità di rigenerarne le funzioni, per avviare un nuovo ciclo di vita dei materiali di cui è composto. Per un'impresa produttrice, tenere conto di questi impatti ed operare nella logica del "ciclo di vita" del prodotto significa prendersi concretamente cura anche di comunità di cui non si fa parte, nonché delle future generazioni. "Sono sempre più numerosi i cittadini che presterebbero attenzione ad un indicatore sintetico, un voto, un giudizio sulle conseguenze ambientali delle proprie scelte di consumo e della fruizione di servizi - ha ribadito Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente -. Le aziende si assumano quindi la responsabilità di misurare l'impatto dei propri prodotti e di dichiararlo in un modo verificabile, così i cittadini che scelgono sulla base di tali dichiarazioni saranno consapevoli delle conseguenze ambientali che li coinvolgono. In questo modo, le aziende sono stimolate ad innovare le produzioni per renderle più sostenibili e i cittadini a cambiare consumi e stili di vita. E' questa la green economy in cui crediamo".

L'esperienza dell'etichetta PER IL CLIMA di Legambiente è solo una esperienza pioniera tra le altre sostenute dal governo nazionale, dalle Regioni, dall'Unione Europea. Aziende e distretti industriali che hanno valutato o stanno valutando il proprio impatto ambientale sulla base del ciclo di vita dei prodotti oramai costituiscono una massa critica: una dozzina di distretti industriali italiani (calzaturiero, mobile, conciario, vitivinicolo...), un centinaio le aziende che hanno individuato nelle etichette di prodotto uno strumento di garanzia nel dialogo con il consumatore o con i clienti, siano pubblici o privati. E' un pezzo significativo, innovativo della vera green economy italiana. Le "impronte ambientali" dei prodotti (e le etichette che ne certificano l'attendibilità), rappresentano oggi un'efficace opportunità che molte imprese stanno decidendo di cogliere per poter comunicare al mercato il proprio impegno e l'eccellenza delle proprie prestazioni, evitando i rischi del cosiddetto greenwashing (l'ingiustificata appropriazione di virtù ambientaliste da parte di aziende, industrie e realtà produttive). A tal proposito Carlsberg, a margine del convegno, ha sottoscritto un accordo con il Ministero dell'Ambiente.
Tommaso Tautonico
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