01/01/2013 - 01:00

I Parchi del terzo millennio: L'Economia della Natura

Nei periodi di grave crisi economica, quale è certamente quello che stiamo attraversando, una politica di tutela e conservazione di beni fondamentali può apparire un lusso che un Paese non può permettersi. Ma la crisi, non è solo economica, è anche e gravemente ambientale ed i due aspetti sono strettamente connessi ed indipendenti, molto più di quanto appare.
Alla crescita debole delle principali economie dei paesi industrializzati, ai rischi di recessione, all'enorme rosso dei debiti sovrani, a partire da quest'anno si aggiunge il rosso, ben più allarmante, del budget di risorse naturali a disposizione : l'organizzazione Global Footprint Network, ha qualificato il 27 settembre 2011 come l'Earth Overshoot Day, ovverosia il giorno in cui fabbisogno di risorse naturali dell'umanità ha superato la produzione di risorse naturali che il Pianeta è in grado di fornire e rigenerare. Ed infatti, la centralità dell'emergenza ambientale e dei cambiamenti globali, con le conseguenze negative su ambiente, economia, salute, distribuzione della ricchezza tra le varie regioni del mondo, esodi ed emigrazioni, sicurezza e guerre, permea ormai tutti i principali documenti di sviluppo e persino i rapporti interni, riservati degli apparati di sicurezza.: dall'United Nations Millenium Development Goals, all'United Nations Development Programme, ai principali documenti di settore di FAO ed UNEP. La Banca Mondiale ha stimato in oltre 45 miliardi di dollari/anno, la perdita di PIL causata dai processi di desertificazione in corso, mentre la distruzione degli ambienti naturali provoca perdite di reddito stimate in 250 miliardi di dollari/anno. L'inquinamento dell'aria, da solo, è responsabile, per l'Organizzazione Mondiale della Sanità, della morte di 3.000.000 di persone/anno nel mondo. Nella sola Italia ogni anno a causa di malattie provocate dall'inquinamento dell'aria, si perdono ben 37.000.000 di giornate lavorative, con un costo sociale di 18.500.000.000 di euro e 8.220 morti/anno nelle sole città. Diversi premi Nobel, nel Potsdam Memorandum dell'11 ottobre 2007, hanno affermato senza incertezze " Siamo sulla soglia di un momento della storia in cui è necessaria una grande trasformazione per rispondere all'immensa minaccia del nostro pianeta: questa trasformazione deve cominciare immediatamente';

La rete mondiale di aree protette e la rete Europea Natura 2000 sono nate proprio dalla duplice necessità di arrestare i vasti processi di degradazione in atto e di pianificare, a scala europea e mondiale, l'uso sostenibile del territorio, a partire dalle risorse più preziose quali biodiversità, acqua, suolo . Beni fondamentali, da sempre considerati inesauribili e privi di valore economico, quali acqua ed aria, noti da sempre al diritto come res communes omnium ed in quanto tali sottratti al commercio, o il suolo, diventano sempre più preziosi ed influiscono, con sempre maggiore incidenza, nella formazione dei prezzi e delle economie - o diseconomie - . Ed i territori in cui tali beni si producono, quasi sempre aree protette - in modo particolare nella realtà italiana - finiscono per acquistare sempre maggiore importanza nelle politiche degli Stati. Le aree protette, fondamentalmente, rappresentano la grande banca in cui tali beni, indispensabili alla vita come all'economia, si generano e rigenerano. Finiscono per acquistare, quindi e sempre di più, anche un formidabile valore macroeconomico. E' anche, o soprattutto per questo, che una politica di realizzazione di Sistemi di aree protette sempre più vasti ed interconnessi non rappresenta un optional ma un imperativo doveroso. Ciò si otterrà facilmente, e con il consenso sociale dei territorio interessati, solo quando si sarà compreso a fondo il valore economico delle produzioni della natura e l'importanza fondamentale che tali produzioni hanno per la vita stessa dell'uomo oltre che per l'economia. Senza acqua pulita, aria pulita, terra e clima stabile non c'è vita decente, sviluppo durevole, economia competitiva.
Le risposte in tal senso sono già iniziate. Da tempo è nato l'approccio definito "Natural CapitaI': cioè di valutazione economica del capitale naturale e, come visto, in tal senso nel 2007 si è mosso il G8 con la Potsdam Iniziative a cui ha fatto seguito, per iniziativa della Commissione Europea, lo studio TEEB, ovverosia, " The Economics of Ecosystems & Biodiversity: MAINSTREAMING THE ECONOMICS OF NATURE".
Diversi e qualificati studi e ricerche internazionali hanno determinato, con approcci diversi, i valori economici delle produzioni naturali di Stati, parti di Stato e persino dell'intero Pianeta.

L'importanza del valore economico della natura, non è sfuggita nemmeno alla finanza che con la specifica branca del "Green Business" ha confezionato prodotti finanziari ad hoc: sull'acqua, sulle energie rinnovabili, sull'abbattimento di C02 ecc. In Italia, il Parco Nazionale della Majella ha prodotto una accurata ricerca che ha quantificato in circa 1 miliardo di euro il valore annuo delle produzioni naturali rinnovabili del Parco. Produzioni, per semplificare, come acqua, aria, stabilizzazione climatica ed idrogeologica, che trascendono di molto i confini del parco interessando intere regioni, ma che ai territori che le producono non apportano che ritorni marginali, se non addirittura, per le complessità del sistema organizzativo dei servizi, costi maggiori di chi ne beneficia senza produrle, come nel caso dell'acqua. E' anche per questo che i parchi spesso sono sofferti da alcune popolazioni locali che li vedono come un vincolo allo sviluppo e lo stesso stato centrale, a lungo, li ha spesso considerati solo sotto l'aspetto negativo di Enti da finanziare, quasi parassitari. Eppure, è dimostrato, al di là dei dati internazionali, che per ogni euro che lo Stato Italiano spende annualmente per il sistema Parchi, beneficia di un ritorno di cento euro in tasse per il maggior reddito generato. Senza considerare i benefici occupazionali che sono stati quantificati anni fa da Federparchi in oltre 80.000. Non è certamente poco in un momento di crisi economica generale.
La politica dei Parchi del terzo millennio, indirizzata sempre di più al potenziamento delle produzioni naturali, alla ottimale utilizzazione delle risorse, a partire dal riuso integrale dei rifiuti prodotti, alla riqualificazione naturalistica e produttiva degli ambienti degradati, non può prescindere da una drastica spinta innovativa che ristori i territori produttivi dei parchi delle risorse che generano attuando politiche conservative e migliorative, facendo pagare i costi direttamente a chi ne beneficia ed alleggerendo al contempo gli oneri a carico dello Stato. Integrando la mission degli gli Enti Parco, da Enti di solo servizio, come oggi sono qualificati, ad Enti di produzione di beni primari, innovandone la legislazione in senso privatistico. E' ovvio che occorrono risorse maggiori e che queste non possono e non devono gravare, come nella situazione attuale, unicamente sul bilancio pubblico. La realtà Italiana ha escluso da tempo, salvo alcuni casi nelle isole, per disparate motivazioni, la possibilità di introdurre un biglietto di ingresso come avviene invece negli Stati Uniti d'America ed in altri paesi del mondo, dove la proprietà dei suoli e però pubblica al 95%.

In quei modelli, non è lo Stato, ma i fruitori dei parchi, a finanziare quasi per intero, il servizio di cui fruiscono. Recentemente in alcune grandi città europee ed italiane è stato introdotto, per limitare l'inquinamento, un ticket d'ingresso per le auto ai centri storici delle città. Forse può essere fatto altrettanto per alcune limitate aree dei parchi, almeno per pareggiare i costi dei servizi offerti, come la manutenzione della sentieristica. Si tratterebbe in ogni caso di interventi minimali. Per i territori dei parchi appaiono realistiche , auspicabili e facilmente realizzabili con semplici provvedimenti legislativi le seguenti misure, di più ampia portata, attuabili già nel breve periodo :
1) Un prelievo del 10% (3 centesimi di euro/mc.) sul valore di produzione dell'acqua, prelevata dai bacini di produzione dei parchi;
2) Una imposta del 3%, da applicare sui servizi turistici ricettivi, di ristorazione e di svago. Questa misura costituirebbe, tra l'altro, un riequilibrio dei benefici economici apportati dai parchi, che oggi sono appannaggio quasi esclusivo del settore commerciale, mentre sono a carico di tutta la collettività i maggiori oneri per servizi.
3) Un trasferimento di risorse dalle regioni ai comuni, agli Enti pubblici, in ragione di 30 euro per ogni ettaro (pari al costo previsto al 2020 di una tonnellata di CO2 abbattuta) di territorio forestale destinato alla conservazione ed al miglioramento- al pari delle iniziative che si stanno attuando per salvare almeno parte della foresta equatoriale-. ;
4) L'abbattimento dell'IVA sulle spese di produzione e commercializzazione delle produzioni agricole, zootecniche e pastorali di qualità garantite dal marchio del Parco e dalla certificazione europea, a partire dalle produzioni non geneticamente modificate;
5) Defiscalizzazione e decontribuzione quinquennale per gli apprendisti che intendano proseguire la tradizione degli antichi mestieri;
6) Defiscalizzazione sulle accise dei carburanti da riscaldamento, per i territori dei parchi montani , per i maggiori costi sostenuti in tutti i settori, a causa del clima rigido;
7) Adeguamento della legislazione degli Enti Parco, avvicinandola a quella degli Enti Pubblici Economici, almeno per il settore commerciale, eventualmente separando il settore di fornitura di servizi da quello promozionale e commerciale o mediante la previsione normativa di costituzione di società ad hoc. Non è assolutamente possibile attuare, infatti, alcuna seria attività commerciale, soprattutto in un ambiente completamente globalizzato quale quello attuale, dovendo osservare i Regolamenti di Contabilità dello Stato. Queste facili innovazioni legislative ed organizzative, consentirebbero a pieno ai parchi del terzo millennio di adempiere a fondo alle nuove funzioni strategiche che sono chiamati ad attuare per gli anni a venire: "Parchi non più solo isole di biodiversità pregevole, o di valori scenici e panoramici, ma anche banche di valori, di vita e di prodotti e servizi indispensabilialla vita ed all'economia".
Marilisa Romagno
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