01/01/2013 - 01:00

Cave: quasi 6mila quelle attive e 15mila quelle abbandonate

Nel rapporto 2011 di Legambiente la mappa e i numeri dell'attività estrattiva in Italia: 9 Regioni senza piani cava; in Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata si estrae gratis! Legambiente: "Subito regole per fermare la svendita del territorio e canoni adeguati. Come in Europa, si può ridurre le cave puntando sul riciclo degli inerti"
Mentre si discute di una durissima manovra economica è incredibile che nessuno s'interessi dell'attività estrattiva, un settore dove i guadagni sono miliardari a fronte di pochi euro lasciati al territorio. Perfino in un periodo di crisi dell'edilizia, l'Italia, con oltre 34 milioni di tonnellate e una media di 565 chili per ogni cittadino, continua a detenere un vero e proprio primato europeo nel consumo di cemento. Solo nel 2010 dalle 5.736 mila cave attive nel Bel Paese sono stati estratti quasi 90 milioni di metri cubi di inerti di cui circa la metà (43 milioni di metri cubi) in Lombardia, Lazio e Piemonte. Una ferita rilevantissima al paesaggio che riguarda 2.240 Comuni, a cui vanno aggiunte più di 13mila cave dismesse nelle regioni in cui esiste un monitoraggio, che arrivano facilmente a 15mila sommando quelle abbandonate di Calabria, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia. A richiamare l'attenzione sulle conseguenze di un'attività a cui viene prestata troppo poca attenzione sia a livello nazionale che regionale è il Rapporto Cave 2011 di Legambiente, presentato oggi a Roma da Edoardo Zanchini, responsabile Urbanistica di Legambiente, Gabriele Nanni, Ufficio Urbanistica Legambiente, Alessio Velo, di Eco.Men., impresa che si occupa di riciclo di inerti provenienti dall'edilizia e Marcello Cruciani dell'ANCE.

L'associazione ambientalista ricorda che in Italia a dettare le regole per l'attività estrattiva è ancora un Regio Decreto del 1927, mentre le Regioni, alle quali sono stati trasferiti i poteri in materia nel 1977, non prestano la dovuta attenzione alla materia, mentre le entrate degli enti pubblici dovute all'applicazione dei canoni sono ridicole in confronto al volume d'affari del settore. Infatti, solo dalla vendita di sabbia e ghiaia (i materiali di minor pregio) i cavatori ricavano circa 1 miliardo e 115 milioni di euro l'anno che però fruttano alle Regioni neanche 36 milioni di euro di canoni di concessione. In media, infatti, nelle Regioni italiane si paga il 4% del prezzo di vendita degli inerti, e in alcune come Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna si cava addirittura gratis.

Legambiente segnala come particolarmente preoccupanti le situazioni di Veneto, Abruzzo, Molise, Sardegna, Calabria, Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia e Piemonte, tutte Regioni che non hanno un Piano Cave in vigore. L'assenza dei piani è grave perché, in pratica, si lascia tutto il potere su dove, come e quanto cavare, in mano a chi concede l'autorizzazione. Per uscire da questa situazione, accanto a nuove regole, occorre puntare sull'innovazione perché l'attività estrattiva può diventare, come negli altri Paesi europei, un settore di punta della green economy che può fare a meno di cave puntando sul recupero degli inerti provenienti dall'edilizia. "L'innovazione è fondamentale - aggiunge Zanchini - a maggior ragione quando può avvenire in modo sostenibile come in questo settore dove il recupero degli inerti provenienti dalle demolizioni in edilizia può sostituire quelli di cava, come sta avvenendo in molti Paesi europei e che consente di avere molti più occupati e di risparmiare il paesaggio". Per una cava da 100mila metri cubi l'anno infatti gli addetti in media sono 9 mentre per un impianto di riciclaggio di inerti della stessa dimensione gli occupati sono più di 12. 

Per Legambiente l'Italia in poco tempo può recuperare questo ritardo, che fa arricchire solo la lobby del cemento, scegliendo di seguire la strada intrapresa dai Paesi europei che intorno a una moderna gestione delle attività estrattive hanno creato un settore economico capace di legare ricerca e innovazione nel recupero dei materiali. Legambiente chiede quindi di adeguare, in tutte le Regioni, il canone al prezzo medio che si paga oggi nel Regno Unito per l'attività di cava, ossia il 20%. In questo modo, solo considerando sabbia e ghiaia, secondo un semplice calcolo si potrebbero ottenere risorse pari a quasi 268milioni di Euro, rispetto agli attuali 36 milioni di Euro. In Lombardia si passerebbe da 7milioni di Euro a 48, nel Lazio da 4,7 a 47, in Piemonte da 5 a 33, mentre in Puglia si avrebbero nuove entrate per 22milioni di Euro, in Sardegna per quasi 17milioni.

Marilisa Romagno
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