01/01/2013 - 01:00

Il Carbon Capture and Sequestraction, la scelta giusta?

Un pò di tempo fa vi abbiamo parlato, grazie al contributo di Luigi Antonio Pezone, della depurazione gobale. Quest'oggi, su segnalazione dello stesso riprendiamo l'argomento vista la scarsa attenzione che gira attorno all'argomento.
Il sistema C.C.S. (Carbon Capture and Sequestraction), che si sta portando avanti a livello mondiale, tra cui l' Italia, è criticato autorevolmente in tutto il mondo per i costi che si prevedono: i vari prototipi sono costati una trentina di miliardi di dollari; si prevede un costo di 70-80 dollari per tonnellata catturata, escluse le spese di trasporto e interramento; la soluzione più accreditata, che è la postcombustione, comporta un maggiore consumo di combustibile del 11% nel caso del metano e addirittura del 30% nel caso del carbone per avere la stessa potenza erogata; un'eventuale fuoriuscita di nuvole velenose di CO2, potrebbe creare il cosiddetto effetto Nyos, ossia la morte di tutti gli esseri viventi per asfissia.

In questo breve articolo, Luigi Pezone, vuole sottolineare "l'inutilità" di questo progetto internazionale patrocinato ad altissimi livelli internazionali quali l'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change ) e addirittura l' ONU. Si riporta il processo pubblicato dall'Enel, applicato all'impianto prototipo di Brindisi:
• Dopo il trattamento nel denitrificatore, desolforatore e nell'elettrofiltro, realizzati nella centrale a carbone, i fumi, puliti da ossidi di azoto e zolfo e con bassissima concentrazione di ceneri, passano nell'unità di cattura di anidride carbonica. L'unità è composta dall'assorbitore, dallo stripper, da un reboiler per la rigenerazione del solvente e dal condensatore.
• Assorbitore. All'interno della colonna di assorbimento, i fumi vengono in contatto controcorrente con la soluzione assorbente di monoetanolammina (MEA) e cedono la CO2. Vanno così alla ciminiera privi di anidride carbonica ed escono in atmosfera.
• Stripper e reboiler. La soluzione ricca di CO2 esce dall'assorbitore ed entra nello stripper dall'alto. Scendendo, sfrutta il calore fornito dal reboiler e si scalda favorendo il rilascio della CO2. Si forma pertanto una fase gassosa di CO2 e vapore che procede verso la testa dello stripper. La soluzione liquida rigenerata, invece, scende verso il basso e può essere inviata nuovamente all'assorbitore.
• Condensatore. Il mix di anidride carbonica e vapore acqueo in uscita dallo stripper passa al condensatore, dove il vapore torna allo stato liquido. La condensa rimossa della CO2 viene rimandata in testa allo stripper, mentre la CO2 pura continua il percorso di trasporto e successivo stoccaggio.

Da quanto sopra riportato questo processo sembra troppo complesso per essere applicato al CO2 emesso nelle città dalle caldaie di riscaldamento, dal traffico cittadino e dalle piccole attività industriali, dove bisognerebbe intervenire. Può essere applicato soltanto per le grandissime emissioni delle centrali termiche e successivamente per inceneritori e via di seguito. Ma che senso ha catturare il CO2 con questo processo complesso e indubbiamente costoso dopo che i fumi sono stati denitrificati, desolforati, deossidati, filtrati elettrostaticamente e possono uscire dal camino a 100 m di altezza? Questo CO2 pulito, al massimo può aumentare la concentrazione nell'atmosfera. Non è meglio sottrarre all'ambiente una corrispondente quantità di CO2 (l'operazione costa di meno ed è più utile all'ambiente) senza andare a catturare specificamente il CO2 nella centrale, sempre che i fumi vengano effettivamente depurati dagli altri gas? In allegato trovate l'articolo inviato dal nostro lettore che molto volentieri diffondiamo.
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Tommaso Tautonico
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