01/01/2013 - 01:00

L'Italia verso la crisi agricola

L'allarme è legato alla fenomeno della desertificazione, che mette a grave rischio l'agricoltura del paese. L'Italia è sensibile ai cambiamenti climatici ma che tali cambiamenti potessero recare danni gravi all'agricoltura non l'avevamo previsto.
Il risultato emerge da un nuovo studio sviluppato da 65 centri di ricerca di venti paesi europei e coordinato dal britannico Met office (l'ufficio meteorologico nazionale del Regno Unito). Dall'Italia a questo rapporto, denominato "Ensambles", ha contributo l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), il Centro euro mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc), il Cnr e l'università di Firenze, sviluppando in particolare il capitolo di un lungo rapporto dedicato all'impatto dei mutamenti climatici sull'agricoltura che si affaccia sul mediterraneo.
Secondo Silvio Gualdi, climatologo e ricercatore della sede bolognese dell'Ingv, "l'Italia, stando alle proiezioni fornite da vari scenari e modelli, sarà caratterizzata da un clima generalmente più caldo e secco, soprattutto nella stagione estiva. Fenomeno questo che, su scala più ampia, interesserà anche la parte meridionale dell'Europa e del Mediterraneo". Secondo gli esperti di produzioni agricole questo cambiamento potrebbe rendere difficile la coltivazione del grano duro i cui rendimenti rischiano di diminuire già a partire dal 2020. Nel caso dovesse realizzarsi uno scenario con aumento delle temperature di oltre due gradi centigradi, la coltivazione di questo cereale sarebbe del tutto impossibile nel nostro paese.
Al previsto aumento delle temperature medie e della siccità estiva, entro la fine di questo secolo si accompagnerà una marcata diminuzione delle precipitazioni invernali sia sull'Italia che sul Mediterraneo meridionale, causata dallo spostamento verso settentrione delle aree di bassa pressione prevalenti su tutta l'area. Sempre secondo Gualdi, questi scenari potrebbero essere mitigati nel caso che si realizzassero sostanziali riduzioni delle emissioni di gas serra sia da parte dei paesi industrializzati che da quelli in rapido sviluppo. Alla definizione di questi possibili scenari hanno contribuito i supercomputer dell'Ingv che usano un modello atmosfera-oceano-ghiaccio marino sviluppato dal gruppo di climatologia dinamica dell'istituto.

 
Tommaso Tautonico
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