01/01/2013 - 01:00

Salvati 230.000 litri di acqua in due anni nelle Alpi Lombarde

Il secondo esperimento di protezione attiva realizzato da Levissima, in collaborazione con l'Università degli Studi di Milano, replica gli ottimi risultati del 2008 e misura la "febbre" del ghiacciaio. A un anno dagli ottimi risultati del primo esperimento, il telo geotessile, Ice Protector 500, anche quest'anno ha mostrato la sua efficacia creando una barriera fisica tra i raggi solari e la neve e il ghiaccio sottostanti.
A un anno dagli ottimi risultati del primo esperimento di "protezione glaciale attiva" intrapreso da Levissima, l'acqua che si prende cura dell'acqua e dell'ambiente, in collaborazione con l'Università degli Studi di Milano, il telo geotessile, Ice Protector 500, anche quest'anno ha mostrato la sua efficacia creando una barriera fisica tra i raggi solari e la neve e il ghiaccio sottostanti, limitandone così la fusione durante tutto il periodo estivo. Il progetto rientra nel percorso di sostenibilità di Levissima che, oltre a sostenere la ricerca scientifica per la salvaguardia dei ghiacciai, è da sempre impegnata e attenta all'ambiente con progetti come la riduzione costante dell'impiego di PET nelle bottiglie e investimenti per il trasporto su rotaia.
A metà ottobre, quando l'esperimento si è concluso, la protezione offerta dal telo ha permesso di conservare il 91% del ghiaccio glaciale e il 29% di neve e di ridurre il numero di ore durante le quali la "febbre" della neve e del ghiaccio non ha mai raggiunto temperature tali da promuoverne maggiormente la fusione. Inoltre, l'esperimento si è svolto ad impatto zero: il geotessile usato è una porzione dello stesso utilizzato l'anno scorso, è atossico e completamente abbattibile termicamente, in più le operazioni di rimozione sono avvenute senza l'ausilio di elicotteri e quindi a zero emissioni.
Nei primi giorni di giugno, quando la superficie del Ghiacciaio Dosdé Orientale era ammantata da oltre 2 metri di neve, si è dato avvio al secondo esperimento di protezione attiva del ghiacciaio: è stata stesa sulla superficie del ghiacciaio dal team di ricercatori dell'Università di Milano, guidati dal Prof. Claudio Smiraglia, una parcella sperimentale di geotessile. Lo scopo della nuova sperimentazione è stato non solo ridurre l'ablazione, cioè il processo di fusione, di neve e ghiaccio, ma soprattutto comprendere e quantificare le variazioni dei flussi energetici e di calore in condizioni di copertura rispetto a quanto avviene in condizioni naturali sul ghiacciaio. Sono stati, così, localizzati a contatto con il telo e a diverse profondità nella neve sottoposta a protezione alcuni termometri che hanno rilevato la temperatura durante tutta la stagione estiva.
La copertura ha interessato circa 100 m2 di superficie glaciale ed è stata posizionata a circa 2.800 metri di quota, nelle immediate vicinanze della stazione meteorologica Levissima, che raccoglie ormai da due anni, grazie al collegamento satellitare in diretta con i ricercatori, dati quotidiani relativi alle condizioni meteorologiche alla superficie del ghiacciaio, estremamente importanti per calcolare i flussi energetici solari e per misurare la temperatura dell'aria. La permanenza del telo - da giugno 2009 a ottobre 2009 - si è estesa all'intera stagione di ablazione del ghiacciaio e ha permesso la conservazione di 60 cm di spessore di neve (pari al 29% dello spessore iniziale della neve che era equivalente in acqua a 1,21 metri) e 1,55 metri di ghiaccio (pari al 91% del ghiaccio sottostante rilevato al momento della posa del geotessile). In totale, lo spessore di acqua preservata dal geotessile come ghiaccio non fuso e neve accumulata è pari a 1,76 metri di acqua ovvero circa 115 m3 pari a circa 115.000 litri di acqua.
"Il risultato molto positivo ottenuto in questi due anni di sperimentazione sul ghiacciaio Dosdè Orientale - Gruppo Piazzi Campo, Alta Valtellina, fonte della nostra acqua, ci invoglia sempre di più a sostenere la comunità scientifica del nostro paese nello studio di soluzioni volte a preservare una indispensabile risorsa come l'acqua. Infatti, sommando i 115.000 litri di acqua preservati con l'esperimento di quest'anno al volume di acqua conservato nel 2008, otteniamo un valore complessivo di acqua pari a circa 230.000 litri: un risultato record che ci rende consapevoli dell'importanza di contribuire e supportare la ricerca scientifica per la salvaguardia del nostro pianeta", dichiara Daniela Murelli, Direttore CSR Sanpellegrino.
L'esperimento rappresenta la prosecuzione ed il completamento di quanto effettuato nel 2008, e ha confermato, in condizioni meteorologiche lievemente diverse rispetto al 2008, che la copertura in geotessile protegge molto bene il ghiacciaio. Quest'anno, la novità che ha caratterizzato l'esperimento è stata l'utilizzo di strumenti capaci di calcolare la "febbre" del ghiacciaio durante il periodo estivo. "Sotto il telo, abbiamo posizionato a giugno tre termistori, speciali termometri dotati di data logger per la registrazione continua di dati - uno in superficie, quindi subito sotto il telo, uno a 100 cm e uno a 170 cm di profondità - con l'obiettivo di monitorare l'andamento della temperatura a differenti profondità e in condizioni di protezione da parte del telo per tutta la durata della stagione di ablazione" afferma il professor Claudio Smiraglia, dell'Università degli Studi di Milano.
Il confronto fra i dati rilevati dai tre speciali termometri con i dati termici dell'aria registrati dalla stazione meteorologica Levissima, ha evidenziato che la temperatura dell'aria risulta quasi sempre maggiore delle temperature rilevate dai termometri. Questo risultato è un'evidente conseguenza dell'azione protettiva ed isolante esercitata dal telo che smorza l'intensità del flusso termico capace di giungere alla neve.
Infatti, i dati termici raccolti dal termometro a contatto con il geotessile hanno evidenziato che la copertura in geotessuto è in grado di ridurre le ore di esposizione della neve a temperature superiori ai 2°C - temperatura alla quale si ha la fusione della neve - di oltre il 50% e le ore di esposizione a temperature superiori ai 4°C di oltre l'80%.
"Come ci dicono i dati raccolti, il sensore localizzato subito sotto la superficie del geotessile ha registrato temperature inferiori a quelle dell'aria perché il telo, che è un isolante, ha impedito la penetrazione dei raggi solari e, grazie al duplice strato che lo costituisce, agisce da barriera rispetto all'atmosfera sovrastante. Tutto ciò si traduce in una riduzione di intensità e durata del flusso di calore che giunge alla neve sottoposta a protezione e quindi in una riduzione della fusione nivoglaciale", conclude il Professor Smiraglia.
Riccardo Bandello
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