01/06/2015 - 17:05

Energia, Report: anche i Paesi Arabi investono nelle rinnovabili. E noi? Rimaniamo indietro

Presto dai Paesi Arabi potremmo importare non solo il petrolio, ma anche le rinnovabili visto che sembrano aver preso la questione del riscaldamento globale molto più seriamente di noi.
Delle nuove sfide energetiche raccolte dagli Emirati Arabi si è occupato un servizio andato ieri in onda a Report, la trasmissione di inchiesta giornalistica condotta da Milena Gabanelli. 
 
Di recente nel Golfo è stata infatti avviata una seria politica di finanziamento delle energie rinnovabili: per esempio ad Abu Dhabi è stata progettata e in parte già costruita un'intera città a impatto zero. Quando il petrolio sarà finito, potremmo ritrovarci ad acquistare da loro anche l'energia solare. In Italia, spiega il servizio di Report, dopo il boom degli scorsi anni, la spinta alla costruzioni di nuovi parchi eolici e impianti fotovoltaici si è esaurita, Enel tiene ancora in piedi centrali termoelettriche e, anche nell'ultimo piano industriale, ha confermato la scelta del carbone.
 
A distanza di 18 anni dal protocollo di Kyoto, la maggior parte delle misure introdotte per bloccare il riscaldamento globale si sono rivelate inefficaci. Il sistema dei carbon credit, i certificati che è necessario acquistare per inquinare, non solo non ha bloccato le emissioni di Co2, ma ha dato vita la possibilità, nel nostro Paese, a organizzazioni che in alcuni casi sono risultate addirittura vicine al terrorismo internazionale, di intascare miliardi di euro, continua Report. 
 
Dall'inchiesta emerge chiaramente come la crisi dell'economia verde nel nostro Paese sia dovuta anche alla legislazione nazionale che, di fatto, continua a bloccare quella che dal punto di vista energetico potrebbe essere una vera e propria rivoluzione: la generazione energetica diffusa, che - secondo l'inchiesta di Report - metterebbe in crisi lo status quo delle grandi centrali elettriche. 
 
Ma nei Paesi Arabi le cose stanno molto diversamente. Ai confini del deserto, in pochi anni, si sono sviluppate grandi città che attirano gente da tutto il mondo e che contribuiscono alla crescita economica di tutta la zona. Per sostenere questo sistema, che divora un'enorme quantità di energia, gli Emirati hanno messo in atto una strategia molto lungimirante. "Nel Golfo Persico si sono registrati degli impegni da parte delle società che hanno costruito o stanno costruendo centrali elettriche fotovoltaiche a garantire un prezzo 3 finale del kilowatt/ora o del megawatt/ora inferiore al prezzo di vendita all'ingrosso del gas naturale in Europa nello stesso periodo"  ha spiegato a Report Leonardo Maugeri dell'Università di Harvard. 
 
Ma gli investimenti degli Emirati nelle energie alternative non si fermano qui. Nei pressi di Abu Dhabi, per esempio, è stata costruita la Torre di ventilazione di Masdar, un esperimento che dimostra come il vento, vaporizzando dell'acqua, riesca a rinfrescare un'intera piazza abbassando di molto la temperatura percepita esternamente. E così eccoci al paradosso: mentre i Paesi che fondano la propria economia sul petrolio diventano sempre più consapevoli dell'importanza di investire anche in forme di energia alternativa, in Italia avviene proprio il contrario e, dagli investimenti alle rinnovabili, che hanno caratterizzato gli scorsi anni, si passa ad incentivare trivellazioni e centrali termiche. Ma se non cambiamo la nostra legislazione nazionale e non ricominciamo seriamente ad investire nelle energie alternative, rivedendo completamente i nostri meccanismi di incentivazione, a partire dai certificati bianchi, non andremo lontano, sottolinea la Gabanelli, e dovremmo guardare davvero ai maggiori produttori di petrolio come fonte di ispirazione nel cammino verso la sostenibilità energetica ed ambientale. 
Rosamaria Freda
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