21/01/2013 - 20:16

Risparmio energetico, Italia bocciata dall'Europa

Secondo l’analisi della Corte dei Conti europea, il nostro Paese non avrebbe fatto buon uso dei 417 milioni erogati in sede comunitaria. Ecco il perché
Con il progresso tecnologico è sempre più facile ottenere gli strumenti per aderire ad uno sviluppo energetico sostenibile che oltre a vantaggi per l’ambiente (minori emissioni di CO2) avrebbe vantaggi economici soprattutto per i singoli consumatori.
Questi dal canto loro possono comunque dare un contributo, impegnandosi a confrontare le tariffe di energia più convenienti per scegliere un operatore che prediliga una produzione derivante da fonti rinnovabili, ma anche attuando dei comportamenti virtuosi atti a ridurre gli sprechi. 
 
Nel contesto europeo in cui si trova ad operare l’Italia,infatti, sono sempre di più gli standard dettati e i finanziamenti che la Commissione eroga per progetti che mirino alla riduzione degli sprechi energetici e all’ottimizzazione delle risorse e ai quali, inevitabilmente, gli operatori e organi istituzionali italiani, cercano di tenere fede.
Come si legge nella relazione speciale della Corte dei Conti (RS 21/2012), intitolata “Efficacia in termini di costi/benefici degli investimenti della politica di coesione nel campo dell'efficienza energetica”, l’Italia non avrebbe raggiunto gli obiettivi sperati in termini di costi e benefici (ottimizzazione delle risorse di energia elettrica e conseguente riduzione degli sprechi).
 
La Corte dei Conti ha espresso questo giudizio, dopo aver valutato attentamente la congruenza fra stanziamenti di bilancio e obiettivi attesi (kWh risparmiati) nei tre Stati membri, che hanno attinto maggiormente ai fondi comunitari – fra cui anche l’Italia, cui sono andati 417 milioni di euro.
 
Con riguardo specifico all’Italia, uno dei responsabili della relazione, Harald Wögerbauer, ha spiegato che “nessuno dei progetti è stato oggetto di una valutazione del fabbisogno e neppure di un’analisi delle potenzialità di risparmio energetico in relazione agli investimenti”.
 
Secondo Wögerbauer, i fondi UE sono stati impiegati soprattutto “per rinnovare edifici pubblici già esistenti, mentre il risparmio energetico era, nel migliore dei casi, una finalità secondaria”.
 
La Corte dei Conti ha, infine, concluso la sua analisi, ricordando che la concessione di finanziamenti per misure di efficienza energetica deve essere necessariamente subordinata “a un’adeguata valutazione del fabbisogno, a un regolare monitoraggio, all’impiego di indicatori di performance confrontabili, nonché all’uso di criteri trasparenti per la selezione dei progetti e a costi di investimento standard per unità di energia da risparmiare, con un periodo massimo accettabile di rimborso non attualizzato dell’investimento”.
Quello che l’Italia avrebbe dovuto fare, infatti, è spendere i soldi dei fondi, ma con cognizione e consapevolezza, in modo ottimale da non subire sprechi di alcun tipo.
La dimostrazione che giustifica questo tacito ammonimento sta nelle realizzazioni finali dei progetti che, anche se controllati e comunque avendo prodotto fisicamente dei risultati, hanno comunque mantenuto dei costi troppo alti in relazione al risparmio energetico che era stato prefissato.
Infatti, in media, per recuperare l’investimento ci vorranno circa 50 anni, alcuni arrivando pure a 150: la Corte dei Conti ha infatti dichiarato che secondo i suoi calcoli, la causa di tutto è stata la distribuzione inefficiente degli investimenti che gli stati membri hanno programmato, creando di fatto, una falla del sistema.
SuperMoney
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