01/01/2013 - 01:00

Nucleare?inutile e costoso

Legambiente ha presentato a Roma, in occasione dei 23 anni intercorsi dal referendum che mise fine al nucleare nel nostro Paese, il dossier ‘A chi tocca il bidone del nucleare?. Il ritorno al nucleare è inutile e costoso e in campo occupazionale nessun paragone con le possibilità offerte dalle rinnovabili.
In Italia, sostiene Legambiente, quella del ritorno al nucleare è infatti “una vera e propria lotteria”: a cominciare dai “100.000 metri cubi di scorie radioattive” ancora presenti sul territorio e da smaltire, fino alla localizzazione delle centrali, la cui scelta dovrebbe ricadere tra “50 aree potenzialmente idonee”. Secondo il rapporto il nucleare è “inutile e costoso“, e anche in campo occupazionale è lontano dall’offrire le stesse possibilità delle rinnovabili che sarebbero in grado di impiegare “circa 200.000″ addetti. Il dossier si snoda principalmente lungo quattro direttrici: la localizzazione delle centrali, lo smaltimento delle scorie, la tecnologia per la costruzione dei reattori, e lo smantellamento dei vecchi impianti.

Per quanto riguarda le centrali, secondo Legambiente i 4 reattori Epr (oggetto dell’accordo Italia-Francia) dovrebbero essere realizzati “due a Montalto di Castro, nel viterbese, uno lungo l’asta del fiume Po, e uno nel centro-sud d’Italia“. Le aree potenzialmente idonee – sulla base di un’elaborazione di Legambiente – “sono 50 e sono distribuite in 15 regioni”. In Puglia il maggior numero di aree idonee (ben 7), seguita dalla Toscana (6), da Sardegna e Sicilia (5), e da Calabria, Lombardia e Veneto (4).

Il deposito nucleare – afferma Legambiente – dovrebbe ricadere in una delle “52 aree, ognuna da 300 ettari di estensione”. Per la localizzazione del deposito si pensa, comunque, a un’area compresa “tra Puglia, Molise e Basilicata (in particolare in provincia di Matera)”, oppure “tra il Lazio e la Toscana (maremma e provincia di Viterbo)”, o “tra l’Emilia Romagna e il Piemonte (soprattutto nel piacentino e nel monferrato)”.
La quantità di spazzatura radioattiva da “smaltire in sicurezza” risulta essere pari a circa “100.000 metri cubi”: 27.000 metri cubi del programma nucleare, 20.000 per ricerca, industria e attività ospedaliere e oltre 50.000 metri cubi per le 4 centrali dismesse dell’ex filiera nucleare).

Il rapporto definisce inoltre i reattori Epr come “insicuri, inquinanti a causa di scorie più radioattive (da un ordinario 3,5% al 5%), e troppo costosi“. Si tratta di una tecnologia francese di terza generazione avanzata che si ritiene abbia dato “problemi in fase di costruzione, accumulando ritardi e incrementi della spesa”, oltre a “falle nella sicurezza” e all’aumento dei “rischi di grave incidente”.
Il processo di smantellamento dei vecchi impianti – la centrale nucleare Enrico Fermi di Trino (Vc); l’impianto di riprocessamento Eurex di Saluggia (Vc); il deposito Avogadro di Saluggia (Vc); l’impianto di fabbricazione del combustibile Fn di Bosco Marengo (Al); la centrale nucleare di Caorso (Pc); la centrale nucleare di Latina (a Borgo Sabotino); la centrale nucleare di Garigliano-Sessa Aurunca (Ce); l’impianto Itrec nel centro Enea Trisaia di Rotondella (Mt) – osserva infine Legambiente, costa “ogni anno 400 milioni di euro alla collettività, prelevati sulla bolletta elettrica“.
Marilisa Romagno
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