01/01/2013 - 01:00

In Trentino l'idrogeno viene prodotto a quota 3000 m

Ultime prove tecniche per il rifugio "Ai caduti dell'Adamello" che, grazie al progetto "Idrogeno dal sole e dall'acqua in Adamello", presto sarà in grado di produrre idrogeno direttamente dal sole e dall'acqua, sfruttando così le capacità del proprio impianto fotovoltaico.
Il rifugio "Ai caduti dell'Adamello" affacciata sul ghiacciaio della Lobbia Alta, a oltre 3.000 metri di altezza, una condizione ottimale per lo sfruttamento dell'energia solare e dispone già oggi di un impianto fotovoltaico sul tetto, dopo un recente lavoro di recupero.
L'innovazione del progetto sviluppato dal laboratorio Idea, costituito dal professor Antonio Miotello, consiste proprio nello sfruttamento dell'energia del sole per la produzione di idrogeno, che viene poi immagazzinato allo stato gassoso e opportunamente impiegato per soddisfare i bisogni energetici del rifugio.

Il progetto, iniziato nel 2008 e ormai arrivato alle battute finali, è stato presentato oggi al Consiglio di amministrazione della Fondazione "Ai caduti dell'Adamello" - presenti i presidenti delle province di Trento e Brescia Lorenzo Dellai e Daniele Molgora - dal professor Miotello, che ha coordinato l'apposito gruppo di lavoro costituitosi presso il Dipartimento di Fisica dell'Università di Trento.
"Il sole è una fonte straordinaria di energia, basti pensare che l'energia irradiata in un'ora alla terra equivale a quella consumata dal pianeta in un anno. Ma pochi sanno che è tanto più vantaggioso sfruttare la radiazione solare quanto più alta è la quota alla quale viene catturata; a 3.000 metri la sua potenza è infatti superiore del 30% rispetto al livello del mare. Inoltre ad altezze elevate le temperature sono mediamente più basse e il clima più ventilato; questo comporta una maggiore efficienza dei pannelli solari con celle al silicio" ha spiegato il professore".

"Quando produciamo corrente elettrica con i pannelli fotovoltaici - ha precisato Miotello - essa viene accumulata in batterie al piombo, presenti anche in questo rifugio. Sono pesantissime - oltre 40 quintali - e immagazzinano circa 130 chilowattora. Bisogna portarle su, e poi una volta terminato il loro utilizzo smaltirle. L'idea del progetto invece è: con il surplus di energia dell'impianto produco idrogeno, che è facile da immagazzinare e la cui produzione non è inquinante. Il tutto avviene utilizzando, oltre all'energia solare, l'acqua: con un elettrolizzatore collegato all'impianto fotovoltaico si separa l'idrogeno dall'ossigeno; quindi l'idrogeno viene immagazzinato in bombole; per utilizzarlo usiamo la cella a combustibile, una tecnologia sviluppata al tempo delle missioni Apollo per l'esplorazione dello spazio. L'acqua che utilizziamo, alla fine del ciclo, viene restituita, calda. Con questo sistema, nell'arco di soli sei mesi, possiamo produrre e immagazzinare fino a 2.000 chilowattora di energia; usando il gasolio, dovrei bruciarne 1.000 litri, senza contare quanto inquinerei. Il rifugio, peraltro, consuma dai 40 ai 60 chilowattora al giorno."

Al gruppo di lavoro del Dipartimento di Fisica dell'Università di Trento collaborano, oltre al professor Miotello, Nicola Bazzanella, Sandro Pedrotti, Leonardo Ricci, Claudio Salomon.
Il progetto è finanziato dalla Provincia autonoma di Trento e dall'Agenzia provinciale per l'energia.
La parte impiantistica è a cura della El.Ma Electronic di Riva.
Lisa Zillio
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