01/01/2013 - 01:00

Nuovi orizzonti energetici in Sardegna

Negli ultimi mesi la Sardegna ha dimostrato la necessità di cambiare. Migliaia di ettari di aree industriali ospitano cimiteri di cemento, fabbriche finanziate con i soldi di tutti gli abitanti ed ora abbandonate.
Due risorse possono salvare la Sardegna e il suo tessuto produttivo: il vento ed il sole. La ventosità media e l'irraggiamento particolarmente favorevole rendono molte aree della Sardegna idonee all'installazione di impianti per la produzione di energia con tecnologie consolidate: solare termico, solare termodinamico, eolico, solare fotovoltaico, in ordine di costo e d'importanza per lo sviluppo.
La condizione di isolatezza impone alla Sardegna la necessità di organizzare le proprie risorse territoriali in modo sensato, pensando anche ad un mondo sempre più globalizzato che ambisce conquistare spazi sempre maggiori per il turismo e per i servizi. Questa isolatezza geografica e la lontananza dal "Continente" obbliga a programmare la produzione interna degli alimenti, dell'energia, dei materiali da costruzioni, di ogni altra cosa che sia oneroso trasportare dalla terraferma.
L'isola importa ogni anno il 68% del suo fabbisogno ortofrutticolo e il 70% del suo fabbisogno di carni. Importa legname da costruzione e per il fabbisogno domestico dalla Corsica e dalla Toscana, centinaia di migliaia di tonnellate di tronchi che attraversano il mare da una terra di boschi ad una terra di boschi che opportunamente sfruttati potrebbero dare calore ed energia e garantire lo sviluppo delle zone interne, territori spesso inesplorati per la mancanza di infrastrutture e di manutenzione.
In questi mesi si sono accesi in Sardegna insensati dibattiti sulla serricoltura fotovoltaica che rappresenta forse il solo sfruttamento logico della risorsa solare:non soltanto rappresenta una sfida ed un'opportunità per il territorio ma un'occasione di riqualificazione dell'agricoltura, di rilancio del mercato agroalimentare ormai vittima delle multinazionali del cibo.
Si tratta di una soluzione semplice, non diversa da una serra qualsiasi, fatto salvo l'ombraio che raggiunge il 50% della sua superficie. La serra fotovoltaica è però una vera e propria centrale di produzione dell'energia, il tetto a falda "cattura" i raggi solari e li converte in energia elettrica che viene immessa nella rete oppure consumata localmente per riscaldare e raffreddare la serra, per alimentare i processi produttivi e di trasformazione delle aziende agricole e rispondere al fabbisogno delle famiglie che le conducono.
Tommaso Tautonico
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