12/10/2016 - 13:51

Biologico, come funziona davvero e quanto è sicuro. Ce lo spiega Report

"È bastato cambiare un numero su un certificato per far passare undicimila tonnellate di grano duro convenzionale come biologico. La truffa è partita da San Paolo Di Civitate, provincia di Foggia. Gli enti che dovevano e potevano controllare sulla vendita se ne sono accorti sei mesi dopo, quando il grano è diventato semola e poi pasta spedita in tutto il mondo. Che cosa succede se poi si scopre che il grano non era biologico? Bisogna ritiralo dal mercato, ma dopo mesi è già cotto e mangiato".
 
E' quanto è emerso nella scorsa puntata di Report, il programma di inchiesta condotto da Milena Gabanelli che è entrato nel mondo dei certificatori del biologico ed ha analizzato soprattutto ciò che accade in Romania dove alcuni enti di certificazione italiani sono stati sospesi perché certificavano come biologici prodotti trattati con fitosanitari e pesticidi. Il problema per noi italiani nasce proprio dal fatto che gran parte del grano biologico che consumiamo arriva dai paesi dell'Est. Come è possibile che negli ultimi cinque anni siano transitate 350 mila tonnellate di falso biologico in Italia visto che abbiamo un sistema piramidale di controlli al cui vertice c'è il ministero delle Politiche agricole? 
 
E' questo l'interrogativo a cui ha cercato di rispondere il servizio di Report sul "falso bio" che arriva nel nostro Paese dove il biologico è un comparto che conta 60mila le aziende con un consumo aumentato del 21% nei primi 6 mesi di quest'anno. Numeri che parlano chiaro: gli italiani hanno capito quanto è importante nutrirsi con prodotti che non sono cresciuti con pesticidi e per questo sono disposti a pagare di più. Ma come riconosciamo un prodotto biologico? Prima di tutto dall'etichetta, ma soprattutto dal fatto che è certificato con il marchio europeo, e quello dell'ente che è andato proprio a verificare che la materia prima sia quella dichiarata. Ce ne sono 14 di questi enti nel nostro Paese, controllati a loro volta da un ente unico, Accredia, su cui vigila il Mipaaf. Ma non è tutto così semplice. Report ha fatto i conti: visto che una tonnellata di grano tenero costa 154 euro, se è bio 390, il grano duro 200, se è bio 300, la tentazione è dunque grande e bisognerebbe stare molto attenti. Ma non è così, il sistema dei controlli fa acqua da qualche parte con danni enormi per l'intero settore.
 
In Romania gli imprenditori italiani agricoli coltivano 300.000 ettari, molti con il metodo biologico e poi esportano in tutta Europa e soprattutto anche in Italia. Si tratta di un vero e proprio centro di "stoccaggio italiano" ma in realtà noi non sappiamo quali alimenti biologico importiamo da quel Paese e nemmeno quanto ne importiamo qua, perché trattasi di Nazione appartenente all'Unone europea. "Eppure il ministero sa chi sono gli importatori, basterebbe attribuire un codice doganale che distingue grano, mais, soia o altri cereali normali da quelli bio. Non lo fa l'Italia, non lo vuole l'Europa. E allora come fai a bloccare le partite farlocche? " dice la Gabannelli a Report. Una questione che potrebbe essere semplice diventa quindi molto complessa. 
 
"Per supplire agli incomprensibili ritardi del ministero delle Politiche agricole, FederBio, quale organizzazione interprofessionale di riferimento per le imprese del settore biologico italiano, e ACCREDIA, l'ente nazionale di accreditamento per laboratori e organismi di certificazione, si sono dotati di strumenti informatici che consentono la verifica in tempo reale della regolarità degli acquisti e delle vendite con la tracciabilità fino al campo di produzione. Il progetto è al momento unico in Europa, a conferma del primato italiano in materia di controlli nell'agroalimentare" ha spiegato FederBio, la Federazione italiana agricoltura biologica e biodinamica. 
 
"Nella puntata di Report sono emerse le situazioni critiche che FederBio segnala da anni. In particolare l'assenza di coordinamento del sistema di certificazione da parte del ministero, come contestato anche dalla UE, come di una vigilanza efficace non meramente burocratica. Gli organismi di certificazione devono essere sgravati da inutili adempimenti formali per concentrare sempre più la loro attività sui controlli in azienda" ha dichiarato Paolo Carnemolla, presidente di FederBio. "Quanto emerso dalla trasmissione televisiva indica la necessità di prevedere nel Piano strategico nazionale il riconoscimento di un organismo interprofessionale chiamato a elaborare regole per mantenere l'integrità del settore e per delineare strategie per il suo sviluppo" ha continuato Carnemolla chiedendo un incontro con il ministro delle Poltiche agricole, Maurizio Martina, per mettere a punto una iforma del sistema di certificazione nel nostro Paese che sia da modello in Europa. "E' necessario ripartire dalla tracciabilità e dal coordinamento efficace fra gli attori del sistema" ha concluso il presidente di FederBio. 
Rosamaria Freda
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