01/01/2013 - 01:00

Agroalimentare: business da record per i falsi

La Cia denuncia una situazione sempre più difficile per le nostre produzioni tipiche e di qualità. La contraffazione provoca all'agricoltura del nostro Paese un danno da 3 miliardi di euro l'anno. Il più "copiato" tra i prodotti Dop e Igp è il Parmigiano Reggiano.
Ormai siamo di fronte ad un vero e proprio accerchiamento e a cifre da capogiro: un affare da 60 miliardi di euro. A tanto, infatti, ammonta il business dell'agropirateria internazionale nei confronti dell'agroalimentare "made in Italy", il più clonato nel mondo. Dai prosciutti all'olio di oliva, dai formaggi ai vini, dai salumi agli ortofrutticoli è un continuo di "falsi" e di "tarocchi" che rischiano di provocare danni rilevanti non solo alle nostre Dop, Igp e Stg, che rappresentano la punta di diamante del "made in Italy" nel mondo, ma all'intero sistema agroalimentare. E' quanto rileva la Cia-Confederazione italiana agricoltori sulla base dei dati preliminari di un'indagine che sarà presentata entro fine anno.

Il fenomeno dell'agropirateria, che genera un volume d'affari pari a poco meno della metà dell'intero valore della produzione agroalimentare "made in Italy" e provoca un danno da circa 3 miliardi l'anno alla nostra produzione agricola, sta assumendo -evidenzia la Cia- dimensioni sempre più preoccupanti. Ormai non c'è più da stupirsi nel ritrovare, anche attraverso Internet, il Prosciutto di Parma, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano prodotti in Argentina, in Australia o, addirittura, in Cina.

E gli "agropirati" si camuffano dietro le sigle più strane e singolari. Si va dal Parmesao (Brasile) al Regianito (Argentina), al Parma Ham (Usa), al Daniele Prosciutto & company (Usa), dall'Asiago del Wisconsin (Usa) alla Mozzarella Company di Dallas (Usa), dalla Tinboonzola (Australia), alla Cambozola (Germania, Austria e Belgio), al Danish Grana (Usa). Basti pensare che solo negli Stati Uniti il giro d'affari relativo alle imitazioni dei formaggi italiani supera abbondantemente i 2,5 miliardi di dollari. E il danno, purtroppo, è destinato a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera difesa delle nostre Dop, Igp e Stg, che comprendono formaggi, oli d'oliva, salumi, prosciutti e ortofrutticoli.

Una difesa che non significa soltanto la tutela di un patrimonio culturale, dell'immagine stessa dell'Italia, ma anche la valorizzazione di un settore economico che ha un fatturato al consumo di 8,851 miliardi di euro ed un export di 1,844 miliardi di euro. Prodotti che, inoltre, danno lavoro, tra attività dirette ed indotto, a più di 300 mila persone e che rappresentano una risorsa insostituibile per l'economia locale. Insomma, l'Italia è la più colpita dalla contraffazione, dall'agropirateria, dai "falsi d'autore" dell'alimentazione. Nel nostro Paese -sostiene la Cia- si realizza più del 21 per cento dei prodotti a denominazione d'origine registrati a livello comunitario.
Tommaso Tautonico
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