04/03/2015 - 07:44

Rinnovabili, De Vincenti su sviluppo fotovoltaico. A cominciare da rendita catastale impianti

Il nostro Paese ha raggiunto l'obiettivo di penetrazione delle rinnovabili nel settore elettrico con largo anticipo rispetto alla data prevista dallo scenario europeo, grazie al forte sviluppo degli impianti fotovoltaici.
 
Anche dopo l'esaurimento della stagione degli incentivi del Conto energia, il settore continua a svilupparsi grazie al forte calo del costo dei moduli, da un lato, e al mantenimento di altri incentivi pubblici, dall'altro, come la detrazione fiscale e il meccanismo dello «scambio sul posto», proprio recentemente esteso dal Parlamento e dal hoverno da una potenza di 200 kilowatt a quella di 500 kilowatt.
 
A farlo presente è stato il viceministro allo Sviluppo economico, Claudio de Vincenti, rispondendo nell'Aula della Camera a un'interrogazione con cui il deputato del Movimento 5 Stelle, Walter Rizzetto, chiedeva conto al governo degli orientamenti generali e delle intenzioni del governo sullo sviluppo delle fonti rinnovabili,
 
Il governo è inoltre al lavoro con la società Terna per gli investimenti sulle cosiddette reti intelligenti, che consentano di gestire al meglio la non programmabilità del fotovoltaico e di altre fonti rinnovabili, in modo da poterle integrare pienamente all'interno del sistema elettrico e del mercato elettrico, ha continuato il viceministro. Non solo. L'esecutivo sta lavorando con l'Autorità per l'energia a definire indirizzi di regolazione che sostengano lo sviluppo delle rinnovabili e del fotovoltaico, anche in questa fase in cui, per il fotovoltaico, gli incentivi si sono esauriti. Per le altre fonti rinnovabili invece sono ancora a disposizione incentivi e il governo sta per varare il decreto ministeriale per il biennio 2015-2016.   
 
Il rappresentante del governo si è poi soffermato, così come chiesto da Rizzetto, sull'esenzione dalla rivalutazione della rendita catastale per i piccoli impianti con potenza inferiore ai 20 kilowatt picco e non solo per quelli fino a 3 kilowatt picco, 
 
Il requisito della potenza a 3 kilowatt picco non determina automaticamente l'obbligo di aggiornamento catastale. Cioè, se un impianto è sopra i 3 kilowatt picco, questo non determina automaticamente l'obbligo di aggiornamento catastale, dal momento che la disciplina fiscale lo impone solo se il valore dell'impianto supera il 15 per cento del valore capitale, o la relativa redditività ordinaria dell'edificio, a cui accede, ha precisato De Vincenti. Questo limite (del 15 %) consente di salvaguardare gli interventi più mirati all'autoconsumo e quindi più virtuosi, escludendoli dall'obbligo di aggiornamento catastale, che viceversa opera soltanto con riferimento a quelle installazioni realizzate a fini più direttamente commerciali e che quindi superano il 15 per cento del valore capitale. Questo meccanismo può perciò comportare l'esclusione dall'aggiornamento catastale degli impianti fino a 20 kilowatt, ha spiegato De Vincenti.
 
Per questo motivo il governo non condivide la tesi sull'opportunità di escludere tout court dall'aggiornamento catastale tutti gli impianti di potenza inferiore a 20 kilowatt, a prescindere dal valore catastale dell'immobile sui quali sono installati, dal momento che ciò finirebbe per accordare lo stesso trattamento di favore anche ad interventi la cui realizzazione risponde a finalità più chiaramente commerciali. In ogni caso, se si andasse su questa strada, bisognerebbe escludere da questa esenzione gli impianti che già beneficiano delle tariffe incentivanti del Conto energia, ha continuato il viceministro.   
 
Cìò che invece è condivisibile, ha aggiunto De Vincenti, è l'esigenza che l'amministrazione fiscale fornisca dei chiarimenti maggiori sui criteri da utilizzare per verificare il superamento del limite del 15 per cento, rendendo quindi semplice il calcolo per chi voglia installare impianti di potenza maggiore della fascia esentata. 
 
Il viceministro si è poi soffermato sulla normativa relativa all'accatestamento degli impianti. Non esiste alcun obbligo di dichiarazione in catasto, né come unità immobiliare autonoma, né come variazione dell'unità immobiliare cui l'impianto fotovoltaico è architettonicamente o parzialmente ente integrato, qualora sia soddisfatto almeno uno dei seguenti requisiti. Primo requisito: la potenza nominale dell'impianto fotovoltaico non sia superiore a 3 kilowatt per ogni unità immobiliare servita dall'impianto stesso, ha detto. 
 
Il secondo requisito - non devono essere soddisfatti tutti quanti, ma almeno uno dei tre - è che la potenza nominale complessiva, espressa in kilowatt, non sia superiore a tre volte il numero delle unita immobiliari le cui parti comuni siano servite dall'impianto, indipendentemente dalla circostanza che sia installato al suolo, oppure sia architettonicamente o parzialmente integrato ad immobili già censiti al catasto edilizio urbano. Terzo requisito: per le installazioni che si trovano al suolo, il volume individuato dall'intera area destinata all'intervento e dall'altezza relativa all'asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, sia inferiore a 150 metri cubi, in coerenza con il limite volumetrico stabilito dalla legge. 
 
Riguardo agli impianti fotovoltaici posti su edifici (cioè architettonicamente o parzialmente integrati), qualora l'impianto stesso non rientri in alcuna delle tre ipotesi sopra indicate, non è necessario procedere alla presentazione della dichiarazione di variazione catastale con rideterminazione della rendita dell'unità immobiliare cui l'impianto fotovoltaico risulta integrato, quando l'impianto stesso ne incrementa il valore capitale, come abbiamo detto, di una percentuale inferiore al 15 per cento, ha detto De Vincenti.  
 
In sede di replica il deputato Rizzetto si è non soddisfatto della risposta del viceministro e ha ricordato come in realtà l'Italia stia tornando indietro "dopo i fasti vissuti - più o meno buoni - dal mercato nei confronti degli impianti solari fotovoltaici" non soltanto per quanto riguarda le installazioni di civili abitazioni ma anche su campi fotovoltaici e su grandi installazioni.
 
I governi che si sono succeduti negli ultimi anni infatti hanno adottato di frequente provvedimenti che, invece di incentivare questo tipo di investimenti, li hanno scoraggiati se non addirittura danneggiati. Il mercato delle energie rinnovabili avrebbe potuto portare in Italia circa 100 mila nuovi posti di lavoro all'anno, ma così non è stato. Ed è qui che bisogna agire, ha detto Rizzetto, partendo prima di tutto dal rispetto delle regole, a partire da quelle che di fatto sono state firmate attraverso un accordo tra il privato e coloro che istallavano impianti, tra il privato e Gse,, tra il privato e l'Agenzia delle entrate. 
Rosamaria Freda
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