18/01/2018 - 17:07

Quanto sono biodegradabili i sacchetti ecologici? Lo dice uno studio dell'Univeristà di Pisa

Da uno studio dell'Università di Pisa pubblicato sulla rivista scientifica 'Science of the Total Environment' emerge che i sacchetti ecologici impiegano in ambiente marino più di sei mesi per essere smaltiti, alterando lo sviluppo delle piante. Assobioplastiche ribatte.

sacchetti ecologici

Uno studio condotto da un team di biologi dell'Università di Pisa pubblicato sulla rivista scientifica 'Science of the Total Environment' ha rivelato che i bioshopper ecologici impiegano  in ambiente marino più di sei mesi per essere smaltiti. I sacchetti biodegradabili possono alterare lo sviluppo delle piante e modificare alcune importanti variabili del sedimento marino ossigeno, temperatura e ph. Nei prossimi anni è previsto che la diffusione dei sacchetti biologici possa aumentare fino a raggiungere livelli simili a quelli delle buste tradizionali. Il gruppo di ricercatori ha analizzato i potenziali effetti dell'immissione nell'ambiente marino delle nuove buste in bioplastica, ricreando un ecosistema marino in miniatura.

Il ricercatore Claudio Lardicci spiega: "La nostra ricerca si inserisce nel dibattito sul 'marine plastic debris', cioè sui detriti di plastica in mare, tema globale e purtroppo molto attuale: abbiamo potuto verificare che anche le buste biodegradabili di nuova generazione attualmente in commercio hanno comunque tempi di degradazione lunghi, superiori ai sei mesi".

Selezionando due piante acquatiche tipiche del Mediterraneo, i ricercatori hanno valutato la loro risposta rispetto alla presenza nel sedimento di bioplastica compostabile. Lo studio ha quindi esaminato il tasso degradazione delle buste e alcune variabili chimico/fisiche del sedimento che influenzano lo sviluppo delle piante. "La nostra ricerca - conclude il biologo pisano - è l'unica ad aver valutato i possibili effetti della presenza di bioplastiche sui fondali marini e sulla crescita di organismi vegetali superiori: i rischi di una possibile massiccia immissione di plastiche cosiddette biodegradabili nei sedimenti marini e gli effetti diretti e indiretti del processo di degradazione sull'intero habitat sono in gran parte ignorati dall'opinione pubblica e non ancora adeguatamente indagati dalla letteratura scientifica".  

Assobioplastiche, Associazione Italiana delle Bioplastiche e dei Materiali Biodegradabili e Compostabili ritiene che lo tudio dell'università di Pisa sui bioshopper non riguarda la biodegrabilità di questi sacchetti, quindi "conclusioni sulla biodegradabilità non possono essere dedotte". La ricerca dell'ateneo pisano, aggiunge, "tratta invece della disintegrazione fisica di sacchi che, sulla base di uno schema sperimentale adottato dai ricercatori pisani, sono stati interrati manualmente nel sedimento. Sono state così create condizioni artificiose di cui deve essere tenuto debito conto nella valutazione dei risultati, sia di degradazione che di interazione con le alghe studiate".

Secondo Assobioplastiche "saranno necessari ulteriori studi per giungere a conclusioni scientificamente più robuste. Questo non significa che le plastiche biodegradabili "spariscano" magicamente a contatto con il mare. La posizione dell'industria delle bioplastiche a tal punto è chiara: tutti i rifiuti devono essere raccolti mediante la raccolta differenziata e recuperati. Il rilascio incontrollato in ambienti naturali non è una opzione, neppure per i rifiuti biodegradabili. Le plastiche biodegradabili, in particolare devono essere recuperate mediante riciclo organico."

 

Marilisa Romagno
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