05/08/2024 - 13:02

Plastica monouso: l’UE ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia

Già nel 2021 Greenpeace aveva segnalato diversi errori nella proposta di recepimento della direttiva europea sulla plastica monouso, ma, nonostante gli appelli e i suggerimenti dell'associazione, la direttiva fu recepita con ritardo e con alcune incomprensibili esenzioni. A distanza di tre anni, lo scorso maggio è arrivata al governo la lettera di costituzione in mora che apre la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia.

plastica monouso

Alla fine di maggio del 2021, quando l’allora governo stava gestendo il recepimento della direttiva europea sulla plastica monouso, Greenpeace aveva segnalato che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Ricevuti nelle varie commissioni parlamentari, l'associazione segnalò (invano) diversi errori nella proposta di recepimento. Il risultato fu che il recepimento avvenne non solo con colpevole ritardo, ma anche con incomprensibili esenzioni nei confronti di prodotti rivestiti in plastica e deroghe ingiustificate per gli articoli monouso in plastica biodegradabile e compostabile in alternativa ai prodotti vietati dalle nuove regole europee.

Il 23 maggio scorso è arrivata al nostro governo la lettera di costituzione in mora che apre la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto della direttiva 2019/904 sulla plastica monouso (Direttiva SUP) e le norme procedurali dell’UE sulla trasparenza nel mercato interno.

Le infrazioni dell’Italia sulla plastica
Bruxelles ha contestato all’Italia ben 13 punti della legge di recepimento DL 196/2021, oltre alla mancata notifica preventiva del provvedimento alla Commissione. In particolare si tratta della quasi totalità delle questioni che avevamo già segnalato anni fa, come:

- L’Italia ha escluso in modo ingiustificato dalla definizione di “plastica” i prodotti rivestiti in plastica in cui il  rivestimento aveva un peso inferiore al 10% rispetto al peso totale del prodotto. Si tratta di un’eccezione non contemplata dal testo della direttiva UE.

- Per i prodotti in plastica destinati a entrare in contatto con gli alimenti (ad esempio piatti e posate) la legge italiana consente di aggirare il divieto europeo ricorrendo ad alternative in plastica biodegradabile e compostabile. In base alla norma comunitaria queste alternative dovrebbero essere vietate al pari delle stoviglie realizzate con plastiche derivate da petrolio e gas fossile.

- Per lo stesso motivo l’UE contesta anche all’Italia gli incentivi per l’acquisto e l’uso di prodotti realizzati con materiali biodegradabili e compostabili, che rientrano nella definizione di plastica monouso e quindi vanno vietati.

La legge europea era un’importante vittoria per l’ambiente e un primo passo importante per contrastare l’abuso di plastica usa e getta. L’Italia conferma, sottolinea l'associazione, di avere un approccio miope volto a favorire gli interessi di pochi e una finta transizione ecologica.

Altre nazioni, a differenza dell’Italia, stanno già riducendo la plastica monouso
Molte nazioni europee col recepimento della direttiva europea si sono dotate di ulteriori leggi per contrastare l’impiego eccessivo di plastica usa e getta. La Francia ha varato misure per ridurre il consumo di prodotti in plastica monouso e promuovere la diffusione di prodotti e imballaggi riutilizzabili, inclusi bicchieri e tazze per bevande, contenitori alimentari per il consumo sul posto e da asporto, oltre al divieto di vendere frutta e verdura confezionata in plastica nei supermercati. Anche la Spagna è andata nella stessa direzione, mentre la Germania ha introdotto una legge che obbliga gli esercenti a mettere a disposizione dei consumatori alimenti e bevande anche in contenitori riutilizzabili, sia per il consumo sul posto che da asporto. In Austria invece è stata approvata una legge che obbliga la vendita di una quota di bevande in contenitori riutilizzabili.

Come hanno fatto tante nazioni europee, la direttiva offriva l’opportunità di andare oltre il monouso e la semplice sostituzione di un materiale con un altro, promuovendo soluzioni basate sul riutilizzo: un obiettivo volutamente ignorato dal nostro Paese. In Italia, nonostante le nuove leggi e la sensibilizzazione pubblica, molto poco è cambiato. A pagarne le spese, continua Greenpeace, sarà l’ambiente, ma anche le casse pubbliche qualora la procedura d’infrazione diventerà definitiva.

Tommaso Tautonico
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