01/01/2013 - 01:00

Nucleare: secondo l'AIIC: "incomprensibile la retromarcia di Veronesi"

La "retromarcia" compiuta sul nucleare dal prof. Umberto Veronesi, responsabile della neonata Agenzia per la Sicurezza Nucleare, dopo il rilevante incidente giapponese, non è piaciuta a Sandro Bologna, ricercatore e presidente dell'AIIC, l'associazione che riunisce gli esperti italiani in infrastrutture critiche, il quale critica le alternative proposte dal noto oncologo.
In una nota, Bologna pone in evidenza come «in un Primo Piano pubblicato dal quotidiano "La Stampa" del 3 marzo 2011, intitolato "Senza nucleare l'Italia è un Paese morto", Veronesi si era schierato apertamente a sostegno del nucleare affermando che "come oncologo conosco molto bene le radiazioni e i modi per proteggere i pazienti. Voglio dedicare i prossimi anni ad assicurare i cittadini che non corrono rischi". Salvo poi», ha aggiunto il presidente dell'AIIC, «rimangiarsi la sua impegnativa promessa di dedizione subito dopo l'incidente di Fukushima. Veronesi, intervistato da Fabio Fazio a "Che tempo che fa" di sabato scorso, si è infatti schermito dicendo che non fa parte del progetto nucleare italiano e che l'Italia è in una posizione di vantaggio in quanto, non avendo impianti nucleari funzionanti sul proprio territorio, può lavorare liberamente sui progetti di nuovo nucleare di Quarta Generazione, puntando ad essere i primi nella progettazione di reattori autofertilizzanti, senza scorie, a neutroni veloci con raffreddamento a piombo».

In realtà, ha sottolineato Bologna, «è evidente che questa indicazione è la tipica utopia dei professori italiani che si palleggiano nel limbo equivoco creato artatamente tra illusioni e aspettative, inseguendo l'araba fenice di una ipotetica Quarta Generazione e perdendo, invece, di vista la concretezza ed i problemi pratici dello scenario energetico, compresi quelli ambientali e geopolitici, con la speranza di assicurarsi così una patente di compiacente simpatia da parte di quanti, a prescindere da logica e buonsenso, dicono un 'no' assoluto e preliminare al nucleare, senza proporre alternative valide e limitandosi a rilanciare le fonti rinnovabili, accreditandole surrettiziamente come uniche bastevoli a rispondere alla domanda nazionale di energia».

Secondo il presidente dell'AIIC «è certamente più realistica e degna di rispetto la posizione di Giovanni Sartori che, in un editoriale sul 'Corriere della Sera' di domenica, intitolato "In Giappone disastro sismico, non atomico", riconosce che "la lezione non è che le centrali nucleari siano di per sé pericolose, ma che non debbono essere costruite in zone sismiche", ponendo così in evidenza che trattandosi di infrastrutture tecnologiche tra le più complicate e complesse mai realizzate dall'uomo, va posta grande attenzione all'analisi dei rischi».

Infatti, ha concluso Bologna, «le ipotesi fatte in fase di analisi dei rischi per le centrali giapponesi erano di un terremoto di magnitudo massima di 7.2 gradi, a fronte di una magnitudo di 9° registrata, e di un maremoto di altezza massima di circa 6 metri, rispetto ai circa 14 registrati a Fukushima, come diligentemente ribadito anche dall'editoriale del 'New York Times' di ieri (27 marzo) su "Regole nucleari in Giappone basate su vecchie ipotesi", riferendosi anche alla citazione di Tsuneo Futami: "noi possiamo solo lavorare su precedenti storici e all'epoca non c'era nessun precedente" ».
Tommaso Tautonico
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