01/01/2013 - 01:00

Natura: rapaci minacciati dai pesticidi per i topi

La lotta quotidiana ai roditori può presentare un conto molto salato alla natura: le esche con anticoagulanti possono entrare nella catena alimentare e contaminare in modo grave i rapaci diurni e notturni. Studio ARP Lazio, Istituto Zooprofilattico e LIPU: contaminato il fegato di allocchi, barbagianni, civette, gheppi.
Lo studio, il primo del genere effettuato in Italia, è stato realizzato nel Lazio da un team di ricercatori composto da Dario Capizzi dell'Agenzia regionale parchi del Lazio (Arp), da Rosario Fico dell'Istituto Zooprofilattico del Lazio e Toscana e da Jacopo Cecere della LIPU-BirdLife Italia.
Le indagini, durate due anni, hanno preso in esame 39 animali tra allocchi, barbagianni, civette e gheppi rinvenuti morti e raccolti dal personale delle aree protette, e inoltre alcuni esemplari forniti dal Centro recupero fauna selvatica della LIPU di Roma.
Le esche utilizzate nei centri abitati, aree industriali o agricole, per contenere le popolazioni di roditori, sono costituite da rodenticidi, prodotti appartenenti alla categoria degli anticoagulanti, che provocano emorragie letali nei topi. Morti, o moribondi, questi ultimi costituiscono una facile preda per gli inconsapevoli rapaci, che rimangono a loro volta intossicati dal pesticida.

Le analisi sugli animali sono state eseguite con la tecnica della HPLC Fluorescenza, che in tutto ha cercato nel fegato degli uccelli sette diversi anticoagulanti. Il livello di contaminazione è risultato del 41,2%, pari a quasi la metà dei campioni esaminati. La specie che ha subito la maggiore contaminazione è la civetta (70%), ma anche il livello relativo a gheppio e allocco è risultato elevato (35%).
"Le quattro specie di rapaci indagate - spiega Dario Capizzi, esperto presso il settore Biodiversità, reti ecologiche e geodiversità dell'Arp - essendo predatrici di roditori, possono essere utilizzate per monitorare il fenomeno noto come 'tossicità secondaria', che si verifica in natura quando un animale, cibandosi di una preda contaminata, rimane a sua volta intossicato".
I campioni trovati positivi provenivano in gran parte dalle aree urbane o periurbane di Roma, ma anche da zone prossime ad aree protette, come la Riserva del Lamone o il Parco dei Monti Simbruini. Per i rapaci primavera ed estate si sono rivelate le stagioni più a rischio di contaminazione da rodenticidi.

"L'utilizzo di rodenticidi dovrebbe essere limitato al massimo - dichiara Claudio Celada, Direttore Conservazione Natura LIPU - Mentre, al contrario, vi è una tendenza a utilizzare prodotti nocivi, sia in campagna, sia nelle nostre città, con troppa disinvoltura. Chiediamo dunque più controlli e campagne di informazione utili per far conoscere i rischi che tali pratiche comportano per la fauna selvatica ma anche per l'uomo"
"Siamo preoccupati da quanto emerge da questa importante ricerca - aggiunge Fulvio Mamone Capria, presidente LIPU - Si tratta di una nuova minaccia per i rapaci, uccelli al vertice della catena alimentare, che si aggiunge a quelle pesanti e già conosciute come l'alterazione dell'habitat, l'inquinamento, la caccia illegale e il bracconaggio".
 
Marilisa Romagno
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