03/12/2024 - 13:09

Moda e sostenibilità: 50 aziende della filiera italiana in prima linea contro il cambiamento climatico

50 aziende italiane della filiera moda hanno intrapreso un percorso concreto per ridurre le proprie emissioni di CO2, aderendo al programma 4S PLANET che monitora l'impatto su materie prime, energia e logistica. 

 

Moda e sostenibilità, cambiamento climatico

Cinquanta aziende italiane della filiera moda hanno intrapreso un percorso concreto per ridurre le proprie emissioni di CO2, aderendo al programma 4S PLANET che monitora l'impatto su materie prime, energia e logistica. Dal ritorno della produzione in Italia alla scelta del trasporto navale invece che aereo, dall'installazione di pannelli solari all'elettrificazione dei processi: le iniziative messe in campo dimostrano come il settore stia passando dalle parole ai fatti nella lotta al cambiamento climatico.
La notizia arriva mentre si è appena conclusa la COP29 di Baku, confermando quanto i negoziati sul clima possano essere lunghi e faticosi. Il programma europeo Copernicus annuncia che il 2024 sarà il primo anno in cui la temperatura media globale supererà stabilmente di 1,5 gradi centigradi i livelli preindustriali, la soglia che l'Accordo di Parigi auspicava di non oltrepassare prima della fine del secolo.
 
Le azioni concrete delle aziende
"I progetti di decarbonizzazione sono al centro delle strategie virtuose di molti brand e, di conseguenza, delle aziende di produzione che fanno parte della loro filiera", spiega Francesca Rulli, ideatrice di 4sustainability® e co-founder di YHub insieme a Massimo Brandellero. "Il primo passo è misurare i consumi totali della fabbrica, dettagliandoli per processo fino alla singola fase o macchinario. Così facendo, è possibile individuare il potenziale di riduzione. Non si tratta solo di installare pannelli fotovoltaici o passare all'energia verde: la vera sfida è ripensare i processi produttivi".
 
Quattro aree di intervento prioritarie
Le 50 aziende che hanno aderito a 4S PLANET stanno implementando azioni in quattro aree strategiche:
1. Ripensare l'approvvigionamento: "Alcune zone possono garantire costi più bassi nel breve termine, ma essere più vulnerabili all'impatto della crisi climatica, a causa di scarsità d’acqua, eventi meteo estremi, temperature estreme che rendono più difficile la produzione ecc. L’azienda è chiamata a valutare questi trend negli anni a venire, salvaguardando la propria business continuity”, sottolinea Francesca Rulli. 
2. Innovare macchinari e impianti: Qui la capacità di innovazione, investimento e gestione manageriale fa la differenza. La sostenibilità talvolta viene ancora descritta come un costo ma in realtà è un investimento, anche perché porta a ottimizzare le risorse generando quindi un vantaggio competitivo”, continua Rulli.
3. Convertire le fonti energetiche: "Da un lato bisogna agire sull'elettrificazione, sostituendo ove possibile il gas metano, dall'altro assicurarsi che questa energia arrivi da fonti rinnovabili, attraverso l’installazione di pannelli fotovoltaici e la scelta di fornitori di energia verde".
4. Trasformare la logistica: "Il reshoring delle produzioni in Italia è positivo perché l'UE vanta normative evolute in termini ambientali e sociali. Per il trasporto merci, la nave è preferibile all'aereo, mentre per la mobilità aziendale si punta su modelli elettrici e ibridi".
 
L'impatto del settore moda

Il settore della moda è responsabile di una quota significativa delle emissioni globali, stimata tra il 2% e l'8% del totale. La produzione di fibre tessili è più che raddoppiata, passando da 58 milioni di tonnellate nel 2000 a 124 milioni nel 2023 (fonte: Textile Exchange), con il poliestere che rappresenta il 57% del totale. Ogni cittadino europeo consuma quasi 26 kg di prodotti tessili all'anno e ne smaltisce circa 11, perlopiù inceneriti o portati in discarica (87%).
 
Il ruolo dei brand
L'impatto di tutte queste azioni viene monitorato costantemente attraverso il framework 4sustainability e tradotto in un punteggio che va da Basic ad Advanced fino a Excellent. Con l'adozione del passaporto digitale di prodotto (DPP), anche i consumatori potranno accedere - attraverso QR Code - alle informazioni sugli aspetti ambientali del prodotto, incluse le emissioni di gas serra.
"Oggi i brand richiedono informazioni molto dettagliate sugli aspetti ambientali, ma sono pochissimi quelli che valorizzano - anche in termini di prezzo - i materiali prodotti con un minore impatto sul clima", conclude Francesca Rulli. "Ci sono comunque segnali positivi. Alcuni brand hanno iniziato a misurare il contributo delle loro filiere alla riduzione delle emissioni, per stringere partnership più importanti con le imprese virtuose. Si parla tanto di giustizia climatica, cioè il concetto per cui ciascuno è tenuto a contribuire all’azione per il clima sulla base delle proprie responsabilità, evitando che siano gli attori più vulnerabili a pagarne il prezzo. Ecco, nel settore della moda questo è un esempio di giustizia climatica, perché il brand si assume il ruolo di apripista e contribuisce, anche economicamente, a un cambiamento di sistema”.

 

Marilisa Romagno
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