01/01/2013 - 01:00

Materiali di riporto nell'edilizia.

La legge 28 del 24 marzo 2012, con le disposizioni del proprio articolo 3, contiene l'interpretazione autentica della categoria di materiale di riporto rispetto alla disciplina dei rifiuti; tale disposizione è il punto di partenza di un percorso normativo che si prospetta molto interessante e che noi seguiremo con attenzione.
Il tema dei materiali da riporto conserva la sua attualità stringente, suscitando ancora dubbi interpretativi e problemi applicativi; soprattutto in un settore economico come quello dell'edilizia.

Costituisce l'oggetto di importanti provvedimenti normativi, che, solo per citare gli ultimi in ordine di tempo, partono dal d.lgs 205/2010 nato per il recepimento della direttiva CE/98/2008 al decreto ambiente DL 2/2012 i cui contenuti sono stati convertiti nella legge 28 del 24 marzo 2012.

In particolare il problema principale in questa materia è costituito dalla qualificazione giuridica del materiale di riporto cercando di comprendere se questo rientra o meno tra il novero dei rifiuti; ciò con specifico riferimento al materiale impiegato per i riempimenti o terrapieni.

La risposta a questo quesito ricco di ricadute pratiche di particolare rilevanza è dato dall'articolo 3 della legge di conversione, il quale fornendo un'interpretazione autentica dell'articolo 185 del testo unico ambientale, statuisce che le matrici di materiali di riporto adoperati per terrapieni e riempimenti rientra nella categoria di suolo; per effetto di questa classificazione, il materiale inerte adoperato per terrapieno non è un rifiuto.

Allo stato attuale, inoltre, i materiali di riporto devono essere considerati come sottoprodotti nel caso in cui soddisfino i requisiti previsti dall'articolo 184 bis del dlgs 152/2005, in attesa di uno specifico regolamento ministeriale sulla materia in esame.

Per chiarezza si ricorda che l'articolo 184 bis del testo unico in materia ambientale afferma che una sostanza o un oggetto sia qualificato come sottoprodotto e non come rifiuto qualora si verifichino le seguenti condizioni: sia originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; sia certo che sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; possa essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; un suo eventuale ulteriore utilizzo sia legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.

La medesima norma ammette poi la possibilità che con decreti ministeriali di attuazione possano essere previsti ulteriori misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti.
 
Alessio Elia
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