01/01/2013 - 01:00

Legambiente interviene sulla legge 394/91 dedicata ai parchi

"Agricoltori ed enti locali non sono il lupo cattivo. Non bisogna avere paura di modificare la legge 394/91 sui parchi per rilanciarne la funzione e renderli più efficienti". Con queste parole Legambiente risponde all'appello lanciato da Wwf, Lipu, Italia Nostra, Fai e Mountain Wilderness attraverso pagine a pagamento sui principali quotidiani, per mettere in guardia dai rischi di modifica della normativa sulle aree protette.
"E' incredibile che mentre il Paese sta cercando di fronteggiare il più grave disastro ambientale su un parco nazionale senza presidente, mentre si sta cercando di respingere l'assedio delle trivelle alle aree protette e la cancellazione di parchi storici come quello dello Stelvio, ci si trovi costretti a dibattere di vicende come quelle contenute nell'appello - ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. La legge sui parchi ha vent'anni, un tempo congruo per mettere mano a un lavoro di manutenzione che ne modifichi le evidenti incrostazioni che rischiano altrimenti di bloccare le politiche di tutela dell'ambiente nel nostro Paese". Il percorso parlamentare di modifica della norma, lungi dall'essere concluso, secondo Legambiente va nella giusta direzione prevedendo provvedimenti che velocizzano le nomine, semplificano la governance degli enti parco, liberano dalle pastoie della cattiva politica e sburocratizzano organismi che rischiano, così restando, di apparire inutili carrozzoni.

"Fa sorridere - ha aggiunto Cogliati Dezza - il timore manifestato dalle cinque associazioni per la presenza di agricoltori e il maggior peso che avrebbero gli enti locali nei nuovi assetti. Il mondo dell'agricoltura (e della pesca) è stato un valido alleato in questi venti anni, il soggetto che forse più di tanti altri ha permesso di realizzare parchi in territori vivi e di coniugare la tutela dell'ambiente con l'agricoltura di qualità e le produzioni tipiche, un settore di spinta di quella green economy sulla quale il Paese dovrebbe puntare". Se si facesse un bilancio ambientale di ogni parco, infatti, scopriremmo come proprio questi mondi sono divenuti essenziali alla conservazione della biodiversità. D'altro canto puntare sul ruolo degli enti locali si è dimostrata la carta vincente che ha permesso di arrivare all'11% del territorio protetto, un risultato che non è figlio dell'ambientalismo salottiero, ma di una testarda pratica di alleanze sul territorio che ha fatto della conoscenza dei luoghi e del confronto con il reale il suo punto di forza.

Un sistema di alleanze che sarà ancora più utile per raggiungere gli obiettivi sanciti a livello internazionale per avere entro il 2020 più territorio protetto (17% a terra, 10% mare e coste) per frenare la perdita di biodiversità. Non dobbiamo aver paure di dire, invece, che è proprio il ruolo delle associazioni ambientaliste che si deve modificare e che forse è arrivato il momento per riconoscere che il nostro contributo non passa necessariamente attraverso i consigli direttivi "Considerare agricoltori ed enti locali nemici da combattere - ha concluso Cogliati Dezza - è un atteggiamento conservatore, di chi non vuole confrontarsi con il territorio, di chi non vuole fare un bilancio costruttivo di questi venti anni e mettere in campo le correzioni utili, figlio di una stagione fortunatamente passata che non rimpiange più nessuno se non chi sente minacciata una rendita di posizione che nulla ha a che vedere con la protezione dell'ambiente".
Tommaso Tautonico
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