02/06/2013 - 19:49

La cattura dell'anidride carbonica: gli USA ci credono

Il nuovo segretario per l'energia statunitense, Ernest Moniz, si è impegnato a potenziare le soluzioni per la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica (Carbon Capture and Storage, CCS), una tecnologia che potrebbe rivelarsi fondamentale per la lotta contro il cambiamento climatico.
Nonostante i tempi di budget limitati, la CCS è considerata così importante per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra che i tecnologi continuano le ricerche per individuare modi meno costosi per svilupparla. Alcuni ricercatori hanno dimostrato, per ora solo teoricamente, l'esistenza di tecnologie su larga scala a costi più bassi rispetto a quelli inizialmente proposti. E' stato inoltre consigliato di coprire i costi produttivi con la vendita ai produttori di petrolio del biossido di carbonio catturato, che lo useranno per recuperare dai pozzi l'olio recalcitrante. A più lungo termine, si stanno sviluppando nuove tecnologie che usano delle fuel cell a sali carbonati fusi, con il doppio fine di sottrarre CO2 e produrre energia elettrica. 
 
Negli USA la tecnologia CCS non riceve gli stessi finanziamenti dell'energia solare ed eolica. Questa sproporzione economica non riflette il suo ruolo cruciale nella riduzione dei gas a effetto serra. Se i governi non imporrano mai severi limiti sulle emissioni, con la CCS si potrebbe raggiungere lo stesso risultato in modo indiretto ma efficace. Alcune stime parlano di una produzione di energia elettrica da carbone destinata a crescere, entro il 2020, più di quella da fonti rinnovabili.

Senza CCS, molte centrali a carbone dovrebbero essere fermate per soddisfare le eventuali rigide normative. Invece, con la cattura della CO2 si continuerebbe ad utilizzare combustibili fossili relativamente a buon mercato, abbassando le emissioni dannose per l'ambiente. Il problema è che nessuno sa quanto costerà la CCS su larga scala, anzi, molti credono che le sole dimostrazioni su larga scala avranno un costo proibitivo.

Una soluzione potrebbe essere quella di catturare il carbonio non da centrali elettriche, ma da fonti che ne producono un flusso più concentrato, quali impianti di gas naturale (già fatto per anni in Norvegia). Per esempio negli Stati Uniti sono già operativi due impianti industriali, uno che cattura l'anidride carbonica da fermentazione per produrre etanolo, un altro da un impianto di produzione di idrogeno. Tali progetti rappresentano con successo le grandi potenzialità di questa tecnologia, anche in proiezione futura; in effetti, la CCS potrebbe essere l'unico modo per combattere le emissioni provenienti da impianti di biocombustibili o da acciaierie.
 
 Vendere il biossido di carbonio per il recupero di petrolio potrebbe contribuire a migliorare le tecnologie di cattura. I produttori di petrolio possono permettersi di pagare la CO2 sottoprodotto di alcune industrie, tappando a fine produzione il pozzo per intrappolare l'anidride carbonica nel sottosuolo. Naturalmente questo processo ha un chiaro effetto collaterale: aumentare la produzione di petrolio, aumentarne i consumi e quindi incrementare le emissioni di gas serra. Pertanto si tratta solo di un passaggio intermedio, fino a raggiungere modalità di immagazzinamento a basso impatto ambientale.
 
In conclusione, gli sforzi che intende perseguire il Nord America, ma che le altre grandi potenze dovrebbero emulare, porteranno a reali benefici ed a soluzioni CCS vincenti solo se i governi si decideranno a tassare in modo serio e regolamentato le emissioni dannose, rendendo più conveniente la sottrazione della CO2 rispetto ai balzelli per la sua dispersione nell'atmosfera.

(autore: Giacomo Matera Capicciuti)
Redazione
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