25/03/2024 - 11:53

Italy for Climate: l’Italia è il Paese europeo con il più alto livello di stress idrico

L’Italia rischia di diventare la prossima Catalogna. Servono misure strutturali urgenti per ridurre lo stress idrico del Paese, già molto elevato. Come emerso dal dossier “Troppa o troppo poca? L’acqua in Italia, in un clima che cambia” il consumo medio della risorsa disponibile è del 30% in Italia e alcune regioni raggiungono addirittura l’80%.

acqua

“La drammatica siccità che sta colpendo la Catalogna, dove in alcune aree non piove da tre anni e oggi per sei milioni di persone si prevede il razionamento dell’acqua, dovrebbe ancora una volta ricordarci che dobbiamo uscire da un approccio emergenziale alla crisi climatica. Che si tratti di siccità o alluvioni è lo stesso: dobbiamo quanto prima mettere in campo misure strutturali in grado di aumentare la resilienza dei nostri territori in un clima che è già irreparabilmente cambiato. L’Italia deve farlo prima e meglio di altri, perché ciò che sta accadendo in Spagna potrebbe presto accadere in qualche regione del Paese, soprattutto del meridione”, ha dichiarato Andrea Barbabella, Coordinatore di Italy for Climate.

Come emerso dal Dossier “Troppa o troppo poca? L’acqua in Italia, in un clima che cambia”, l’Italia infatti è il Paese europeo con il più alto livello di stress idrico, il Paese consuma in media il 30% della risorsa disponibile (un valore sopra il 20% è considerato indice di stress idrico elevato). Ma questo valore già oggi in alcune aree d’Italia durante il periodo estivo può arrivare a raggiungere anche l’80%. Il nuovo database CIRO, lanciato alla fine di febbraio in collaborazione con Ispra ha, inoltre, sottolineato che spesso le stesse regioni che presentano i valori più alti di perdite della rete idrica sono quelle che hanno meno disponibilità di questa risorsa.

L’Italia gode storicamente di una buona disponibilità di acque: è ancora terza in Europa per disponibilità della risorsa idrica (dietro solo a Francia e Svezia), con circa 130 miliardi di m3 disponibili ogni anno. Tuttavia, questo valore si è ridotto del 20% negli ultimi decenni: se non arresteremo il riscaldamento globale, la causa principale della riduzione di acqua, la disponibilità potrebbe arrivare a ridursi in breve tempo del 40%, con punte del 90% in alcune aree del Meridione. Noncuranti del fatto che siamo il Paese europeo con i più alti livelli di stress idrico, manteniamo i livelli record di prelievo di acqua in Europa: con quasi 40 miliardi di m3 all’anno l’Italia è prima e preleva più del 30% della disponibilità idrica annua: stiamo quindi intaccando il nostro patrimonio idrico e mettendo in pericolo gli ecosistemi.

L’acqua prelevata in Italia viene destinata per il 41% all’agricoltura, il 24% ad usi civili, il 20% all‘industria e il 15% alla produzione di energia elettrica. Siamo il secondo paese europeo per prelievi destinati all’agricoltura (dopo la Spagna) ma non sono state attivate procedure avanzate di contabilizzazione degli usi agricoli e non stiamo migliorando la nostra performance. L’Italia vanta anche il triste record europeo di acqua prelevata per usi civili: con 9 miliardi di m2 ogni anno (e +70% rispetto al 2000). Ciò è dovuto sicuramente all’alto livello di perdite della rete idrica nazionale (che sono in continua crescita e hanno superato il 40%), ma anche ad una scarsa abitudine alla riduzione degli sprechi: un italiano consuma 220 litri di acqua, il doppio dell’acqua consumata da un cittadino medio europeo. L’Italia è anche il primo paese Europeo per utilizzo di acqua in industria: 4 volte più della Germania e 8 volte più della Francia.

A livello globale siamo entrati in una fase di «anormalità climatica permanente» che ha già modificato il ciclo dell’acqua aumentando la frequenza e l’intensità di eventi meteoclimatici estremi. L’incidenza della crisi climatica e del riscaldamento globale sta portando effetti devastanti: in vent’anni i ghiacciai alpini in Italia hanno perso in media 25 metri di spessore, oltre 50 miliardi di m3 di ghiaccio. Secondo il Piano nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico, se le temperature continueranno ad aumentare nessuna delle stazioni sciistiche del Friuli Venezia-Giulia avrebbe a breve una copertura nevosa naturale sufficiente a garantire la stagione e lo stesso accadrebbe ad un terzo delle stazioni in Lombardia, Trentino-Alto Adige e Piemonte.

La crisi climatica, oltre ai danni provocati dal riscaldamento e dall’aumento medio delle temperature,  provoca anche l’aumento dell’intensità e della frequenza di precipitazioni eccezionali, come quello dell’Emilia Romagna:  in Italia i fenomeni a carattere eccezionale sono aumentati esponenzialmente negli ultimi anni, fino a superare nel 2022 per la prima volta il valore record di 2.000 episodi all’anno: un italiano su cinque risiede in aree potenzialmente allagabili, mentre sono minacciate da pericolosità idraulica medio-alta 6,9 milioni di persone, 1,1 milioni di imprese e 4,9 milioni di edifici.  Le Regioni a maggior rischio di alluvione in Italia sono l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto e Calabria e da Friuli-Venezia-Giulia, Toscana e Lombardia. In quasi tutte queste Regioni il livello di cementificazione del territorio è molto alto.

Dieci proposte 
Il Dossier presentato raccoglie anche proposte e linee di azione per affrontare questa crisi:

1. Aggiornare e rendere più incisive le misure di mitigazione e di adattamento
2. Aumentare l’impegno climatico: tagliare le emissioni nette del 58% al 2030 (rispetto al 1990) e raggiungere la neutralità climatica al 2045. Per far questo, tra le altre cose, si deve spingere sulle rinnovabili e, tra queste, sfruttare a pieno il potenziale dell’idroelettrico
3. Adottare una Legge per il Clima 
4. Migliorare il livello di conoscenza delle risorse idriche in Italia, con un quadro aggiornato di tutti i settori
5. Rinnovare le infrastrutture e tagliare le perdite di rete, oggi pari al 42% del prelievo per uso civile
6. Promuovere un uso più efficiente e circolare dell’acqua in agricoltura
7. Promuovere l’uso efficiente e circolare dell’acqua nelle industrie, agevolando gli investimenti 
8. Verificare gli aggiornamenti dei Piani di gestione del rischio alluvioni
9. Valorizzare soluzioni basate sulla natura: è necessario che vi siano aree o casse di espansione controllata delle piene e che i fiumi possano espandersi maggiormente nei loro corsi naturali
10. Valorizzare il ruolo delle città: possono contrastare le ondate e le isole di calore aumentando le infrastrutture verdi; possono contribuire a ridurre i rischi di alluvione, riducendo le impermeabilizzazioni di aree urbane e di parcheggi.

Tommaso Tautonico
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