01/01/2013 - 01:00

Gestione di sottoprodotti di origine animale

Gli scarti di origine animali sono sottratti all'applicazione della normativa in materia di rifiuti, ed esclusivamente soggetti al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se sono effettivamente qualificabili come sottoprodotti, ai sensi del d. lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), mentre in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento restano soggetti alla disciplina del Testo Unico in materia ambientale - Corte di Cassazione penale Sez. 3^, 23 gennaio 2012 (Cc. 15/12/2011), Sentenza n. 2710
Con una recente decisione [Sezione III n. 12844/2009, RV. 243114] la Corte di Cassazione ha chiarito l'ambito di operatività del Regolamento CE in tema di gestione di sottoprodotti di origine animale e della normativa di cui al d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in tema di gestione dei rifiuti, riaffermando che le disposizioni di settore riguardanti i sottoprodotti di origine animale regolano esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria, rimanendo escluse le attività di gestione degli scarti, in quanto rifiuti, per le quali permane l'operatività della disciplina generale in materia [Sezione III n.21095/2007, Guerrini RV.236744; Sezione III n. 21676/2007, Zanchin RV 236703].

Nel caso concreto posto in esame, con ordinanza 16.02.2011 il Tribunale di Caltanissetta rigettava la domanda di riesame proposta da L. A., indagato dei reati di cui all'art. 256 d. lgs. n. 152/2006 [per avere, quale amministratore unico della s.r.l. E., posto in essere, senza autorizzazione, un impianto per la gestione di rifiuti speciali non pericolosi e per avere svolto attività di smaltimento mediante incenerimento, di rifiuti di animali e di rifiuti costituiti da reflui industriali prodotti dalle operazioni di lavaggio del capannone e dell'impianto] e all'art. 137 stesso decreto [per avere, nella suddetta qualità, senza autorizzazione effettuato scarichi di acque reflue industriali prodotte dal dilavamento dei piazzale dell'impianto di smaltimento di rifiuti di animali].
La domanda di riesame sopra citata era stata proposta avverso il decreto di sequestro preventivo dell'area e degli impianti destinati all'attività di smaltimento rifiuti siti in Caltanissetta contrada C.

Nella specie, il tribunale ha ritenuto il fumus del reato di smaltimento mediante incenerimento per non avere provato l'indagato, AU che era subentrata nella gestione dell'attività, di avere ottenuto la relativa autorizzazione ambientale e tale circostanza non è stata contestata dal predetto che ha soltanto sostenuto, ma erroneamente, che l'attività di smaltimento de qua sarebbe disciplinata dalla normativa comunitaria di cui al Regolamento CEE n.1774 del 2002 recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano.

Proponeva ricorso per cassazione l'indagato deducendo:
• "inesistenza della violazione...dell'art. 256 d. lgs. n. 152/2006 per avere posto in essere un impianto per la gestione di rifiuti speciali non pericolosi (stoccaggio con operazioni di messa in riserva)" essendo egli munito di autorizzazione;
• "inesistenza della violazione... di cui all'art. 256 del d. lgs. n. 152/2006 per aver posto in essere attività di smaltimento, mediante incenerimento, di rifiuti animali e di rifiuti costituiti da acque reflue industriali prodotte dalle operazioni di lavaggio e disinfezione del capannone e dell'impianto" perché l'attività di gestione sanitaria dei sottoprodotti di origine animale, compresa l'attività d'incenerimento, è disciplinata dal Regolamento CEE n. 1774/02, sicché non è applicabile il TU sulla tutela dell'ambiente.

La Corte ha osservato, in relazione alla legislazione attualmente vigente, che:

> con il Regolamento CE n. 1774/2002 è stato adottato il termine sottoprodotti di origine animale, abbandonando quello di rifiuti di origine animale utilizzata nel D.Lgs. n. 508 del 1992;

s'intendono per sottoprodotti, secondo la giurisprudenza comunitaria ed ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), i materiali risultanti dal processo produttivo, che pur non costituendo l'oggetto proprio del ciclo produttivo, scaturiscono da esso e sono destinati dal produttore ad ulteriore impiego o al consumo (il riutilizzo, però, deve essere certo, senza l'intervento di trasformazioni preliminari e senza pregiudizio per l'ambiente);

la nozione di rifiuto e le espressioni che la qualificano non possono essere interpretate in senso restrittivo, come peraltro reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. cit. sez. 3^, 200208520, Leuci, RV 221273), mentre devono formare oggetto di interpretazione restrittiva le esclusioni di determinate sostanze dall'ambito di applicazione della disciplina generale sui rifiuti.

Da ciò si desume che:

il Regolamento CE n. 1774/2002 assicura solo una tutela sanitaria per le carogne e per i sottoprodotti di origine animale;

resta ferma la disciplina sanitaria dettata dal Regolamento n. 1774/2002 in materia di sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano se e in quanto configurabili come sottoprodotti e non come rifiuti, dovendosi intendere questa disciplina come esaustiva e autonoma in ordine al profilo sanitario.

In conclusione, "gli scarti di origine animali sono sottratti all'applicazione della normativa in materia di rifiuti, ed esclusivamente soggetti al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se sono effettivamente qualificabili come sottoprodotti, ai sensi del d. lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), mentre in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento restano soggetti alla disciplina del Testo Unico in materia ambientale".

Secondo la Corte, alla luce degli enunciati principi di diritto, la sentenza impugnata ha correttamente ravvisato il reato ipotizzato, essendo emerso dalle risultanze ampiamente riportate nel provvedimento, che l'indagato, quale legale rappresentante della società che era subentrata a una ditta individuale, aveva operato senza la necessaria autorizzazione smaltendo, mediante incenerimento, rifiuti.

"Gli enunciati principi di diritto inoltre trovano applicazione sia con riferimento al testo originario del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 185 che alla nuova formulazione dell'articolo introdotta dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, art. 22 dovendo essere privilegiata quella interpretazione delle norme nazionali che sia conforme al diritto comunitario e trovando, peraltro, detta interpretazione, in relazione all'art. 185, comma 2 nella formulazione previgente, un puntuale riscontro testuale, stante il riferimento della norma all'ambito di applicazione ivi indicato" (dal Regolamento CE n. 1774/2002) e, quindi, al solo profilo sanitario e di polizia sanitaria disciplinato da detto Regolamento.

La recente Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19.11.2008 n. 2008/98/CE non risulta avere affatto modificato gli enunciati principi di diritto che regolano il concorso tra la disciplina sanitaria della gestione dei sottoprodotti di origine animale e la normativa in materia di rifiuti, in quanto la esclusione del principio di specialità trova puntuale riscontro proprio nelle disposizioni richiamate dal ricorrente.

L'art. 2, punto 2, della citata Direttiva, infatti, dispone: "Sono esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva nella misura in cui sono contemplati da altra normativa comunitaria": lett. b) "sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati contemplati dal Regolamento CE n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio"(Corte di Cassazione, sentenza n. 12844/2009).


E' agevole, quindi rilevare che la deroga in favore di altra normativa comunitaria è riferita alla materia disciplinata dalla stessa (nella specie profili salutari e di polizia veterinaria) e che la esclusione dall'ambito dei rifiuti, in ogni caso, non riguarda i sottoprodotti di origine animale destinati alle varie forme di smaltimento citate dalla norma (incenerimento, smaltimento in discarica, utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio) e, cioè, quegli scarti di origine animale che devono essere qualificati rifiuti in base alla nozione dettata in materia dalla corrispondente normativa.

Secondo la Corte, pertanto, l'ordinanza impugnata ha correttamente ravvisato la sussistenza di sufficienti elementi atti a configurare l'altro reato, essendo emerso che l'indagato non era autorizzato allo scarico sui piazzali dello stabilimento di acque reflue di dilavamento dei rifiuti animali.
Andrea Settembre
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