31/07/2024 - 13:05

Eolico offshore: la strada giusta per la decarbonizzazione del Paese?

Energie Rinnovabili

2050: l’anno in cui le energie rinnovabili del nostro Paese potrebbero fornire fino al 95% dell’elettricità. Ma ce la faremo?

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Sembra molto difficile, dato che per raggiungere l’obiettivo intermedio, fissato per il 2030, l’Italia dovrebbe installare ogni anno almeno 10 gigawatt di rinnovabili; al ritmo attuale, però, tra sei anni mancheranno all’appello ancora 28 gigawatt!

Ci provano il governo, il ministero competente e l’Unione Europea, anche attraverso lo strumento del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), che prevede cinque linee d’intervento per arrivare alla completa decarbonizzazione del nostro paese: efficienza e sicurezza energetica, sviluppo del mercato interno dell’energia, ricerca, innovazione e competitività sono gli strumenti da mettere in atto per raggiungere una piena sostenibilità ambientale su tutto il territorio italiano.

L’eolico offshore e gli obiettivi da raggiungere

Una delle strade che il PNIEC 2023 indica come prioritaria è quella dell’eolico offshore: i parchi eolici nel 2030 dovrebbero produrre il 30% del fabbisogno elettrico totale e il 55% di quello proveniente dal segmento delle rinnovabili. Le stime degli specialisti ci parlano di 300 MWh di eolico nel 2025 e 900 MWh nel 2030.

Ma a che punto siamo? Quanta energia eolica si produce nei parchi offshore dei mari italiani?

Il 2023 ha visto segnare un vero record, grazie alla generazione di 23,4 TWh , corrispondenti al 7,6% del fabbisogno nazionale. Se, da un lato, siamo ancora lontani dagli obiettivi a breve termine, dall’altro, è altrettanto vero che l’anno scorso, grazie a questi risultati, l’energia eolica è diventata la terza fonte rinnovabile (20,7% sul totale delle rinnovabili).

Insomma, bisogna impegnarsi ancora, ma la strada sembra quella giusta.

Nearshore e floating: le due tipologie di eolico offshore

Quella che tutti identifichiamo come “pala eolica” è, in realtà, un complesso insieme di tre elementi distinti, ma che operano in perfetta sintonia: la torre è la struttura (verticale) che funge da supporto alle altre due e che ha una misura variabile tra i 30 e i 170 metri; il rotore costituisce l’insieme delle lame (che, volgarmente, potremmo definire “pale”), le quali, sospinte dal vento, ruotano e trasmettono l’energia alla navicella; è quest’ultima che, grazie ad una serie di complessi meccanismi, trasforma l’energia cinetica in energia elettrica.

L’energia prodotta viene trasferita attraverso una rete di cavi elettrici verso degli accumulatori o direttamente nella rete di distribuzione. Nel caso dell’eolico in mare (offshore o nearshore), i cavi elettrici sono, ovviamente, sottomarini.

Si parla di parchi eolici quando la produzione di energia elettrica è quantificabile in una misura superiore ai 600 KW; quando, quindi, un gruppo di pale eoliche è posizionato in una stessa area, ben delimitata.

In Italia, esistono tre categorie differenti di parchi eolici. I parchi onshore sono collocati sulla terra ferma, ad almeno 3 km dalla costa e, generalmente, su un territorio collinare, dove l’intensità e la frequenza del vento sono maggiori e dove le barriere architettoniche al transitare del vento stesso sono per lo più inesistenti.

Vi sono, poi, i parchi eolici posizionati in mare o nei laghi. Tra questi, i parchi nearshore possono trovarsi sulla terra ferma entro 3 km dalla costa, in mare aperto entro 10 km dalla costa o nei laghi. Le pale eoliche sono fissate direttamente a terra o al fondale marino.

Infine, la versione più promettente è quella dei parchi eolici offshore, detti anche floating, dato che le pale, che si trovano sempre in mare aperto, sono posizionate su piattaforme galleggianti.

L’eolico offshore in Italia: Taranto e Ravenna

Il primo, e per ora unico, parco eolico offshore del nostro paese è stato realizzato nel 2022 al largo delle coste pugliesi. Si trova di fronte alla città di Taranto, ha una capacità di 30 MW e durante i prossimi 25 anni produrrà più di 58.000 MWh annui di elettricità. Il 10% di questa produzione sarà erogato direttamente al porto di Taranto, la cui attività è tra le più intense dei porti di tutto il bacino Mediterraneo.

Si tratta di dati importanti, ma ancora insufficienti: pur essendo di costruzione recente, questo parco eolico sviluppa una capacità di gran lunga inferiore rispetto agli impianti dello stesso tipo attivi da tempo nel nord dell’Europa.

La regione Emilia Romagna, dal canto suo, ha in progetto almeno due grandi parchi eolici offshore, entrambi posizionati di fronte alle coste della provincia di Ravenna.

Il parco Romagna 1 sorgerà a 12 miglia dalla costa, sarà composto da 25 turbine da 8 MW alte 170 metri e con un rotore di diametro di 260 metri. A pieno regime, sarà in grado di generare una potenza pari a 200 MW e potrà fornire energia elettrica sufficiente per 80.000 persone. Nella stessa area di questo parco, sarà installato un impianto fotovoltaico galleggiante: la sua potenza sarà pari a 100 MWp.

Il parco Romagna 2 sorgerà a 14 miglia dalla costa;: il progetto, in fase di autorizzazione, come quello gemello, prevede 50 turbine eoliche, del tutto uguali, nelle misure e nella potenza, a quelle del Romagna 1; stando alle stime, quindi, con i suoi 400 MW di potenza, potrà erogare ogni anno energia elettrica sufficiente per il fabbisogno di 160.000 persone.

Perché gli impianti offshore?

Scegliere di realizzare un impianto offshore, preferendolo ad un onshore, ha una serie di vantaggi innegabili, senza per questo sminuire l’impatto ecologico che un’installazione di una tale portata ha per l’ambiente marino.

Infatti, allo stesso modo in cui tanti casinò e bookmakers non italiani online si posizionano offshore per beneficiare di regimi fiscali più vantaggiosi e regolamenti più favorevoli, anche i parchi eolici offshore sfruttano le condizioni ideali in alto mare per massimizzare la produzione energetica e minimizzare l'impatto ambientale visivo e acustico.

Prima di tutto, la velocità del vento: in mare aperto non vi sono barriere che rallentino o fermino il vento e, a maggior velocità e forza del vento, corrisponde una maggiore potenza e, quindi, una produzione di energia maggiore in minor tempo.

Vi è, poi, la questione della stabilità: in mare aperto, il vento è grossomodo costante e non si incontrano, quindi, problemi dovuti ad una produzione di elettricità intermittente.

Se sulla terra ferma, le infrastrutture e il rispetto dell’ambiente rendono complesso installare dei veri e propri parchi (spesso capita di vedere solo una o due pale sulle colline e non interi parchi), in mare aperto questo problema non c’è.

Inoltre, l’eolico offshore consente, come nell’Europa settentrionale, di creare dei parchi in corrispondenza dei centri abitati a maggiore densità, quelli che necessitano quindi di una maggiore produzione di energia (abitazioni, uffici, industrie, …).

Vi è, poi, un ultimo punto a favore degli impianti offshore: collocare le pale oltre i 10 km dalla costa significa un impatto visivo e un impatto acustico pari a zero.

Questo, come già detto, non tiene conto dell’impatto del parco eolico per l’ambiente marino e ciò, assieme, alle difficoltà di effettuare la manutenzione degli impianti in mare aperto, rientra tra gli svantaggi dovuti all’adozione di questa tecnologia.

L’azione continua delle onde e il forte vento (soprattutto durante le tempeste, non rare in alto mare) rischiano di danneggiare le turbine eoliche. Gli interventi di manutenzione sono più complessi rispetto a quelli da effettuare in terra ferma; di conseguenza, il ripristino dell’erogazione dell’energia elettrica può richiedere spese maggiori e tempi maggiori.

Andrea Pietrarota
Direttore Responsabile
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