01/01/2013 - 01:00

Energie rinnovabili: impianti, è illegittima la legge regionale del Molise

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 308/2011, dichiara la illegittimità costituzionale della L.R. Molise 23/2010. La Corte Costituzionale torna a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle leggi regionali in materia di autorizzazione unica per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Questa volta è toccato alla legge regionale molisana ricevere le censure di illegittimità costituzionale. Il Molise è, in ordine di tempo, l'ultima delle Regioni censurate (tra le altre a luglio era toccato alla legge regionale Piemonte). Nello specifico la Consulta ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettere a) e b), della legge della Regione Molise 23 dicembre 2010, n. 23, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 agosto 2009, n. 22 (Nuova disciplina degli insediamenti degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nel territorio della Regione Molise.

Con l'art. 1, comma 1 lett. a) il Molise aveva individuato nella Valle del Tammaro e nei rilievi che la delimitano come "aree non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili".

Con l'art. 1, comma 1 lett. b) "ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui all'allegato 3, lettera f), del decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010, contenente le linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, costituiscono aree e siti non idonei alla installazione degli impianti eolici, le aree e i beni di notevole interesse culturale, così dichiarati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), nonché gli immobili e le aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi del medesimo decreto legislativo".

La Corte ha ravvisato che le norme sottoposte al suo esame, per il fatto di contenere "un divieto arbitrario, generalizzato e indiscriminato di localizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili", si pongono in contrasto con le Linee Guida nazionali (D.M. 10 settembre 2010). Le regioni, infatti, nella individuazione dei siti non idonei hanno il compito di valutare, a seguito di adeguata e preventiva istruttoria, i diversi interessi coinvolti. Ponderazione degli interessi che per essere tale deve valutare l'idoneità del sito anche in relazione alla tipologia e potenza del tipo di impianto alimentato da fonte alternativa.

La normativa regionale, inoltre, ad avviso della Corte è in grado di violare il principio di leale collaborazione Stato-Regioni. Le Linee Guida, infatti, anche in considerazione del particolare iter a seguito del quale sono venute alla luce, rappresentano il necessario punto di equilibrio e coesistenza delle diverse competenze costituzionali: quella dello Stato in materia di ambiente e paesaggio e quella concorrente regionale in materia di energia.

In definitiva, conclude la Corte, "la Regione non ha osservato le modalità di svolgimento del procedimento prefigurate dalla normativa statale che, nella specie, costituisce corretta proiezione, sul piano normativo, delle competenze costituzionali rilevanti nel settore. Deve, pertanto, essere dichiarata l'illegittimità costituzionale delle norme regionali impugnate".

(autore: avv. Vincenzo Tabone)
Riccardo Bandello
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