01/01/2013 - 01:00

Cosa sono i sacchi della spesa di plastica con additivi?

"Cosa sono i sacchi della spesa di plastica con additivi?". Delle piccole quantità di additivi1 vengono aggiunte al polietilene, la normale plastica non biodegradabile e, a detta dei produttori, la rendono biodegradabile.
Grazie a questa operazione di additivazione i sacchi vengono etichettati "biodegradabili". Importante conseguenza di questa etichettatura è che i sacchi di plastica, altrimenti proibiti dalle leggi vigenti, tornano al mercato, godendo della esenzione dal divieto concessa ai sacchi "biodegradabili". Quindi l'uso degli additivi permette di rintrodurre i sacchi di plastica tradizionale nel mercato, "saltando" il divieto imposto dalla legge. Tutto chiaro? No, perché in questa operazione c'è un abuso del termine "biodegradabile". E' un dejà vu. La situazione ricorda la vicenda della tassazione di 100 lire per i sacchetti per l'asporto merci2 fatti con plastica non biodegradabile della fine degli anni '80. Per evitare la tassa, molti produttori di sacchetti si convertirono alle plastiche "biodegradabili" sfruttando la mancanza di metodi di misura standardizzati, di norme precise e di riferimenti. I sacchi di polietilene addizionato trovarono grande diffusione, ma ben presto questo mercato dei sacchetti biodegradabili finì, quando, chiarita la reale natura dei materiali in commercio, la tassazione fu estesa a tutti i sacchetti sanzionando la fine di un progetto troppo prematuro.

In questo caso il legislatore aveva anticipato i tempi del progresso tecnico e scientifico e della standardizzazione. Ma ora in Europa esiste un chiaro quadro normativo che regola gli imballaggi e quindi anche i sacchi della spesa, che come noto sono degli imballaggi. Gli imballaggi "biodegradabili" secondo la normativa europea sono quelli che possono essere recuperati mediante il riciclaggio organico, ossia mediante compostaggio e digestione anaerobica. Per discriminare tra gli imballaggi adatti ad essere recuperati mediante questa opzione e quelli che non lo sono, il Comitato Europeo di Normazione (CEN) ha preparato su richiesta della Commissione Europea uno standard denominato EN 13432. Usando questo standard europeo armonizzato si verifica la biodegradabilità e la compostabilità degli imballaggi. Ebbene, ad oggi, non risulta che esista un additivo capace di rendere una plastica tradizionale adatta al riciclo organico. Quindi ai sensi della direttiva europea e delle norme nazionali di recepimento, non sono imballaggi "biodegradabili".

Quindi l'appellativo biodegradabile applicato ai sacchi fatti con questi materiali è usato al di fuori delle regole, e conduce alla falsa idea che i sacchi fatti con plastica biodegradabile con additivi siano in effetti esenti dagli effetti del divieto. Fino a prova del contrario questi sacchi non sono biodegradabili ai fini dell'esenzione. Cade in capo al soggetto responsabile dell'immissione dell'imballaggio sul mercato l'obbligo di assicurarsi che il sacco "biodegradabile" che si appresta a commercializzare sia in effetti esente dal divieto, sulla base del quadro normativo vigente. Il discrimine che assicura la tranquillità è la conformità con la norme EN 13432 adottata in Italia nel 2002.
Tommaso Tautonico
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